N° 25581 - 10/08/2014 18:40 - Stampa - -

DISCUSSIONE DELLA SETTIMANA

La pianificazione urbanistica nel recupero degli spazi collettivi

Nel comune significato odierno, i termini metropoli e/o area metropolitana derivano dall’unione dei vocaboli greci metera (madre) e polis (città) e sono oramai comunemente utilizzati per indicare aree che rappresentano il nucleo economico-culturale di un territorio, al quale si collegano altre zone urbanizzate; tale concetto ha modificato radicalmente l’abituale idea di “città” utilizzata per molto tempo, variandone infatti gli aspetti fondamentali sia in ambito più squisitamente economico che – soprattutto – in quelli riferiti alla struttura sociale ed alle condizioni di “vita vissuta” da parte dei suoi abitanti.

Senza riferirci a realtà completamente diverse – come quelle delle aree urbane e delle metropoli presenti in altri continenti – se invece ricordiamo specificamente l’Europa e, dunque, anche i territori nazionali, bisogna sottolineare come molte delle iniziative in tale ambito successive all’immediato dopoguerra, siano state distinte da interventi espressi da una sorta di vero e proprio moderno “monumentalismo” dalle forti caratterizzazioni scenografiche.

Solo con gli anni ottanta (da parte delle istituzioni e dei progettisti) si è rilevata maggiore attenzione per il patrimonio storico-architettonico preesistente ed un approccio certamente più misurato, con l’obiettivo di non incidere in maniera incontrollata soprattutto sugli aspetti di vivibilità e sui rapporti interpersonali, alla base di una migliore convivenza per quanti già risiedevano in tali aree.

Tale concetto (almeno per quello che riguarda alcune aree metropolitane estremamente importanti ed altrettanto congestionate), ha trovato migliore riscontro nelle politiche di pianificazione urbanistica degli ultimi anni, in particolare con interventi come quello del Concorso per la Grand Paris, che ha visto una decina di architetti ed urbanisti impegnati nella progettazione della capitale francese dell’immediato futuro.

Proprio a Parigi inoltre, nel 2003 l’Unesco approvò la Convenzione per la salvaguardia del patrimonio culturale, inserendo nel documento il concetto che…“il patrimonio culturale, trasmesso di generazione in generazione, è costantemente ricreato dalle comunità e dai gruppi interessati in conformità al loro ambiente, alla loro interazione con la natura e alla loro storia, e fornisce loro un senso di identità e continuità, promuovendo così il rispetto per la diversità culturale e la creatività umana”; appunto in tale ambito, nel 2004 il Codice Italiano dei Beni Culturali e del Paesaggio riprese gli stessi concetti, confermando che la salvaguardia e la valorizzazione del patrimonio culturale sono indispensabili per conservare la memoria della nostra struttura sociale e – in particolare – anche per riuscire a promuovere realmente una efficace e continua “crescita” culturale.

Di conseguenza, tale consapevolezza ha prodotto indicazioni progettuali che hanno consentito l’introduzione di nuove formule nella pianificazione urbanistica, con le quali percorrere una via di crescita culturale in grado di accogliere proprio i fattori indispensabili alla personalità di ciascun territorio, focalizzando l’attenzione anche sulla valenza e sulle relazioni tra il tessuto urbano e le possibili “potenzialità/opportunità” in ambito culturale, soprattutto come strumenti per una concreta “riappropriazione” degli spazi collettivi. In effetti allora, gli spazi comuni nelle città dei nostri giorni hanno finito per mostrare una serie di trasformazioni che hanno radicalmente modificato la struttura urbanistica di tanti luoghi e, pertanto, le aree pubbliche e quelle più squisitamente definite come “centrali”, hanno assunto sempre più un’importanza ed un’influenza determinante per le persone e per le loro “richieste” in chiave individuale.

Ma allora, la situazione Italiana si è evoluta con le stesse dinamiche?

Crediamo che la risposta sia molto eterogenea e “rallentata” rispetto a molte altre realtà Europee, forse perchè siamo stati in grado di manifestare una inequivocabile “vivacità” sul fronte architettonico, ma siamo tuttora in grande ritardo nell’area della pianificazione urbanistica: a tale riguardo infatti, sono molti gli esempi possibili in città di medie dimensioni, mentre siamo di fronte a vari casi di aree metropolitane che mostrano una mancanza assoluta di quella libertà individuale che – al contrario – rappresenta la domanda più importante da parte di tutti i cittadini.

Proprio in tale ottica pensiamo si possa (anzi, si dovrebbe!) esprimere il potenziale talento degli urbanisti, ai quali spetta verosimilmente l’onere di leggere, comprendere (e concretamente interpretare) tutte le possibili “esigenze” delle diverse aree urbanizzate del Paese.