N° 25341 - 12/07/2014 8:09 - Stampa - -
DISCUSSIONE DELLA SETTIMANA
Incentivo 2% alla progettazione, vittoria dei tecnici della P.A. o mortificazione della PROFESSIONE?
A cura di Ilenia Cicirello
La pubblicazione del D.L. n. 90/2014 ha alzato un polverone per ciò che riguarda l’incentivo del 2% alla progettazione per i tecnici della Pubblica Amministrazione. Nella versione originale del D.L., infatti, sulla scorta di quanto promesso dal Ministro dell Infrastrutture Maurizio Lupi, era stata prevista l’abrogazione dei commi 5 e 6 dell’articolo 92 del Codice dei contratti (D.Lgs. n. 163/2006), non confermata poi nella versione pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale.
Il D.L. n. 90/2014 si è, infatti, limitato ad aggiungere il comma 6-bis all’art. 92 del D.Lgs. n. 163/2006 prevedendo che l’incentivo non possa essere corrisposto al personale con qualifica dirigenziale. Troppo poco, forse, considerate le premesse e le promesse del Ministro Lupi alla Rete delle Professioni Tecniche, a cui recentemente aveva espresso la propria contrarietà alle progettazioni interne alla P.A.
Sull’argomento abbiamo chiesto un commento al Presidente del Consiglio Nazionale dei Geologi Gian Vito Graziano che riportiamo di seguito integralmente.
“In questo periodo – ha commentato il leader dei Geologi italiani – si è molto parlato delle funzioni del personale tecnico della Pubblica Amministrazione nelle attività di progettazione e del trattamento economico che ne deriva. Nella fattispecie è nota la posizione della Rete PAT, e quindi anche del Consiglio Nazionale dei Geologi, che, nell’ambito delle iniziative per valorizzare le professioni e per garantire la qualità della progettazione, ha proposto al Ministero delle Infrastrutture ed alla ormai ex AVCP l’abrogazione del comma 6 dell’art. 90 del Codice dei Contratti, che consente alle amministrazioni aggiudicatrici di affidare la redazione dei progetti preliminare, definitivo ed esecutivo ai pubblici dipendenti, potendosi avvalere dei liberi professionisti, sempre più chiusi da un’allarmante crisi del mercato dei servizi, solo in caso di carenza in organico di personale tecnico o in caso di lavori di speciale complessità o di rilevanza architettonica o ambientale”.
“Con la richiesta di abrogazione di questo comma – ha proseguito Graziano – non si intende certo assumere una posizione favorevole agli uni e contraria agli altri, ma piuttosto si vuole conferire dignità ad entrambi e ad un mercato, quello dei servizi tecnici, in profondo declino etico e qualitativo da quando furono abolite le tariffe minime. Ma andiamo per ordine.
Sappiamo tutti che i liberi professionisti sono sempre più chiusi da un’avvilente e quanto mai grave crisi del mercato dei servizi tecnici, come si riscontra dai dati pubblicati dall’osservatorio mensile dei bandi di gara per servizi d’ingegneria dell’OICE o dai dati di qualunque studio di settore, dai cui non si evidenzia peraltro alcun segno di ripresa del mercato. Questo dicono i dati statistici, ma non abbiamo certo bisogno di questi dati per percepire la gravità della situazione: basta infatti osservare la situazione degli studi professionali con i quali quotidianamente ciascuno di noi si rapporta nell’esercizio delle proprie attività, siano essi geologi, ingegneri, architetti o geometri: studi che chiudono, studi che licenziano personale, studi che non danno alcuno spazio ai giovani laureati che chiedono solo di far pratica, studi che non sono più in grado di pagare tasse e contributi previdenziali e di partecipare a gare sempre più selettive”.
“L’abrogazione del comma 6 dell’art. 90 – ha incalzato il Presidente dei Geologi – consentirebbe alle stazioni appaltanti di affidare liberamente i servizi di progettazione a tutti i soggetti di cui all’art. 90 comma 1 (quelli dalla lettera a alla lettera h), consentendo di promuovere un più facile affidamento dei servizi tecnici ai liberi professionisti. Tra le richiesta avanzate dalla Rete PAT c’è anche quella di rilanciare il fondo di rotazione per attingere alle risorse economiche e creare un meccanismo virtuoso che non faccia tornare indietro i finanziamenti per mancanza di progetti.
Dopo le rassicuranti parole del Ministro Lupi alla convention delle professioni tecniche al Teatro Quirino alla presenza di oltre 800 professionisti, era sembrato che questa richiesta di abrogazione, presentata insieme ad un pacchetto di altre misure atte a favorire soprattutto una maggiore concorrenza nel mercato, potesse essere accolta dal Governo, che nella bozza di decreto legge aveva persino abolito il trattamento economico per i tecnici pubblici dipendenti, ovvero il famoso 2% per le spese di progettazione”.
“Una percentuale a dir poco mortificante per i professionisti della pubblica amministrazione, che a fronte di responsabilità civili e penali non indifferenti nel progettare un’opera, di fronte a enormi difficoltà nel progettare all’interno di uffici tecnici quasi sempre privi di qualunque strumentazione tecnica e non di rado persino della carta per fotocopie, si vedono attribuire poco più di una mancia per le loro prestazioni. In quel 2%, è bene ricordarlo, non sono compresi i soli i servizi di progettazione, ma anche la direzione dei lavori, l’incentivo al RUP, l’alta sorveglianza, ecc.”.
“Si pensi ad esempio a certe progettazioni complesse e particolarmente delicate, come la bonifica di una discarica o la verifica sismica di un edificio strategico, dove, a fronte di grandi responsabilità, spetta un compenso di qualche migliaio di euro, da condividere con i tecnici dell’ufficio in funzione del regolamento vigente in quella stazione appaltante.
Per non parlare poi dell’aberrazione, ormai diventata troppo spesso consuetudine, di vedere progetti redatti da professionisti esterni e fatti propri e firmati dai professionisti interni, che dunque se ne assumono seppure impropriamente la piena responsabilità.
Insomma quella della Rete PAT di abolire del comma 6 dell’art. 90 del Codice dei Contratti, non rappresenta né una posizione a favore dei liberi professionisti, né una posizione contro i professionisti della pubblica amministrazione, ma soltanto il tentativo di conferire ai servizi tecnici quella dignità che da troppo tempo manca”.
“Il Governo, che ha fatto un evidente passo indietro rispetto alle suadenti promesse del Ministro Lupi, ha tuttavia escluso, introducendo comma 6 bis in aggiunta all’art. 13 del decreto legge 24 giugno 2014 n. 90, che al personale con qualifica dirigenziale possono essere corrisposte somme in base alle disposizioni di cui ai commi 5 e 6 dell’art. 92 del Codice dei Contratti.
Una soluzione di compromesso, come spesso accade in questo nostro strano Paese.
Ma questa, come altre situazioni, mi spingono da qualche tempo a farmi altre domande: perché mai l’ex AVCP, al di la delle dichiarazioni di condivisione, non ha mai espresso un parere ufficiale, né ha mai portato all’attenzione dei Governi le criticità evidenziate dai Consigli Nazionali, dai Sindacati di categoria, da associazioni varie? Perché si continua a modificare il Codice dei Contratti, ormai divenuto un guazzabuglio in cui non si capisce quale è la norma primaria e quale quella regolamentare, e non si adottano invece senza se e senza ma le nuove direttive europee? Perché l’Antitrust non interviene quando gli si segnala che nella maggioranza dei bandi pubblicati viene richiesto come requisito un numero di addetti superiore a 5, anche per lavori di importo medio-basso, e che non possedendo questo requisito il 97,3% delle strutture professionali è palesemente in atto una chiusura del mercato? Perché le professioni in genere, e quelle tecniche in particolare, non riescono ad incidere, se non marginalmente, nelle scelte politiche?”
“Le risposte possono essere tante, alcune sin troppo semplici. Si pensi alla questione del POS obbligatorio per avere un quadro più chiaro di come stanno le cose e di chi decide. E’ facile e un po’ demagogico far ricadere alcune colpe sul sistema degli Ordini professionali, che certo non sono esenti da errori, ma va dato atto che in questi anni i Consigli Nazionali delle professioni tecniche stiano lavorando insieme ed alacremente per obiettivi comuni, quasi sempre condivisi anche da quella classe politica che poi però se ne dimentica. Allo stesso tempo d’altronde non mi pare che altri organismi, sindacati, federazioni e associazioni, nonostante l’impegno profuso, siano stati più capaci di incidere”.
“Penso allora che sia giunto il momento di fare una riflessione tutti insieme, che parta dai numeri, che sono la nostra forza (non certo quella di noi geologi, ma di tutti insieme), ma che non siamo capaci di far valere. Anche perché in Italia se dici queste cose vieni tacciato per lobbista!”