N° 23629 - 31/01/2014 23:42 - Stampa - -
DISCUSSIONE DELLA SETTIMANA
Gli appalti pubblici dallo spreco alla ‘gestione': cinque domande ad Alberto Pavan
La Commissione Europea nei giorni scorsi ha dato una forte spinta innovativa al mercato dell’ingegneria, costruzioni e architettura. Con l’adozione della European Union Public Procurement Directive (direttiva Euppd), Bruxelles punta a modernizzare il processo di gestione del settore degli appalti pubblici, aprendo maggior prospettive agli attori che fino ad ora hanno fatto fatica a competere con i grandi gruppi e stimolando gli Stati membri a un investimento superiore su qualità delle offerte e delle gare. Per incentivare l’innovazione nei processi, la direttiva invita gli Stati a considerare l’uso di strumenti informatici: tra questi, anche il Bim, il Building Information Modeling, che permette a ingegneri, architetti e imprenditori edili di gestire e supportare i progetti in tutto il ciclo di vita attraverso l’uso di modelli in 3D digitali.
La rivoluzione che sarà apportata al settore dalla direttiva europea, Ingegneri.info comincia un ‘percorso a puntate’ guidato da esperti del settore, progettisti, architetti e altre figure di riferimento nel panorama del building. Si parte con l’architetto Alberto Pavan, Ricercatore in produzione edilizia presso il Politecnico di Milano, dove insegna Project Management alla VI Facoltà di ingegneria.
Qual è il quadro critico in materia di appalti pubblici in cui va a inserirsi la recente adozione della direttiva Euppd da parte dell’Europarlamento?
Passato il periodo di emergenza post Tangentopoli, con un assetto normativo rivolto più ai trascorsi problemi giudiziari, appunto, che a quelli edilizi e costruttivi (il quadro “merloniano” non è poi così difforme e innovativo rispetto a quello ottocentesco, solo che nessuno aveva mai realmente applicato il precedente), si è sperato in un superamento della fase di emergenza con l’adozione delle direttive europee del 2004 ed i successivi Codice e Regolamento. In vero, duole invece rilevare che nulla è cambiato sotto questi cieli: se siamo ancora all’87% di aggiudicazioni al massimo ribasso; se i 2/3 del tempo di produzione di un’opera pubblica sono ancora assorbiti da burocrazia e progetto, e solo 1/3 dalla realizzazione, ma le stazioni appaltanti soccombono negli arbitrati per il 99% delle volte contro le imprese; se mediamente si vince con ribassi intorno al 20, ma non si grida a sufficienza alla scandalo per gare aggiudicate anche al 40, per poi verificare che, infine, tra ritardi, danni, vertenze, ecc. le opere ci costano il 130% con buona pace del ribasso; se tutto questo è la triste realtà deve ancora passarne di acqua sotto questi ponti (aspettando quello sullo stretto, ovviamente).
Qualità, tempi e costi; efficienza ed efficacia del processo e del prodotto. Le parole d’ordine non sono mai cambiate. La nuova direttiva comunitaria fa un ulteriore passo verso la meta. Resta sempre da vedere come noi, e se, riusciremo mai ad applicarla. Guardiamo come è stato tradotto, nella nostra lingua, il comma sul Bim e ci rendiamo conto subito che la partenza non è forse delle migliori. Sembra che il passaggio dalla “Lettera 22” al Pc sia già Bim. Occorrerà vigilare.
Perché la direttiva cerca di dare maggior risalto al criterio della qualità nell’offerta e aggiudicazione? Quali i limiti che essa cerca di contrastare in termini, in particolare, di costi?
Trattandosi di prodotti immobili, da produrre dove si necessitano, non serializzabili – fondamentalmente dei prototipi seppur fatti da componenti seriali – con ciclo di vita a lungo o lunghissimo termine per i prodotti, mentre i loro componenti restano a breve o medio termine, come e più che negli altri settori, nelle costruzioni la fase di ideazione e pre-produzione assume un ruolo cruciale troppo spesso sottovalutato. In cui per lo più non si invita nemmeno la produzione a partecipare. I costi, soprattutto quelli a venire (7 o 10 volte la costruzione), stanno tutti lì e non sono più modificabili. Se non con ulteriori costi ed in rincorsa, però, anziché in prevenzione.
In questo quadro è ovvio che il passaggio dalla ideazione alla produzione non può continuare ad essere visto come la ricerca di uno sconto sul prezzo od il rapporto malato tra una parte “buona” (la P.A.) ed una “cattiva” a prescindere (l’impresa). Le regole, che è fondamentale permangano, devono andare sempre più verso la definizione prioritaria di un interesse comune a tutti i soggetti coinvolti (committenti, progettisti, utenti, gestori e manutentori), altrimenti non saranno mai sufficienti e soprattutto mai efficaci. Al legislatore è richiesto sempre più di non pensare a sistemi di penalizzazione, ex-post, ma di introdurre modelli di collaborazione, ex-ante. E la nuova direttiva, con i focus apportati rispetto alla precedente, potrebbe aver aggiunto un nuovo tassello su di un cammino che resta – sempre meglio non farsi prendere troppo dalle illusioni – ancora lungo.
Perché e in che modo l’incentivazione ad adottare il Bim nella progettazione e gestione completa del ciclo di vita rappresenta una svolta verso la qualità nel settore degli appalti pubblici?
La vera collaborazione verso un obiettivo comune, seppure nel rispetto dell’interesse specifico di ciascuno (motore dell’economia), anziché il mero antagonismo di ruoli e rendite acquisite (committenza, progettisti, imprese, ma ancora: credito, assicurazioni, utenza, gestori, ecc.), è l’unica strada seriamente percorribile per migliorare il prodotto edilizio e rendere più efficiente il processo costruttivo. Come sempre, farlo non è come dirlo, e, perché le cose accadano, se da un lato è necessario attendere che siano disponibili ai più gli strumenti necessari, dall’altro è poi altresì necessario impegnarsi per incentivarne l’utilizzo.
Ora gli strumenti, seppure non completi e sicuramente perfettibili, ci sono, la tecnologia c’è, a partire dal Bim. Bisogna vedere come il mercato li impiega e quali leve può efficacemente mettere in campo il suo regolatore (Comunità Europea e stati nazionali). Speriamo in modo più efficiente di quanto abbiano fatto per l’efficienza energetica, dove, ridotti gli incentivi, il barlume di indotto creatosi va già a riassorbirsi.
Non esiste la riduzione dei costi ma il mancato sperpero di risorse. E’ irrilevante il costo del Guggenheim di Bilbao se consideriamo che quell’edificio è stato il motore culturale che ha permesso a quella città di affacciarsi al mondo e poi modificare negli anni, e forse per sempre, la sua secolare storia mercantile, che stava vivendo dalla fine degli anni ‘70 un oramai inesorabile declino. Non è mai un vero problema di costo ma di spreco, o di corretta allocazione di risorse. Come per gli incentivi. E’ la gestione proattiva delle informazioni, a qualsiasi livello, il primo vero passo da compiere.
Lei ha parlato di passaggio dal Building Information “Modelling” al “Building Information Management”: può spiegare cosa intende?
Gestione delle informazioni. La parola magica non è modellazione ma “gestione” (management). E’ importante che il mercato esca dal concetto di visualizzazione tridimensionale per comprendere che la modellazione di cui si tratta (modelling) è parte, importante ma non globalizzante (anzi) del Bim o, per meglio dire, del Bim&M. Il Bim non è una immagine fotorealistica di un’utopia ma è la prototipazione e l’ingegnerizzazione della concretezza del processo edilizio e delle esigenze delle persone che vivranno il suo prodotto. E’ la galleria del vento virtuale della Formula 1. Bim è gestione a tutto tondo delle informazioni (management). E’ produzione e non disegno.
Il modello tridimensionale, il disegno, è certamente il miglior veicolo entro cui far viaggiare, tra gli attori e nel tempo, ogni informazione, ma resta il veicolo. E’ il mio driver di informazioni non è l’informazione (o per lo meno non l’unica). Relegare il Bim ad una problematica da e tra professionisti ne ha sino ad ora limitato l’inevitabile diffusione. Quando le case software dedicheranno gran parte delle loro risorse a risolvere concretamente i problemi del credito, dei committenti, delle imprese e dei produttori di componenti, come in parte ora stanno facendo, allora si vedrà il vero cambio di marcia.
Lei è responsabile del progetto INNOVance, il programma lanciato nel 2011 che punta a costituire una banca dati ‘aperta’ per la progettazione. Può illustrarne le potenzialità e il legame con il Bim? A che stato è il progetto?
INNOVance è al suo ultimo anno di sviluppo. E’ la prima banca dati nazionale uniformata del settore delle costruzioni, che vede collaborare la ricerca con il mondo della produzione edilizia e dei componenti per uno sforzo di messa a rete comune delle conoscenze. INNOVance usa come veicolo informativo il Bim e come focus la progettazione per estendersi a 360° sulla produzione e gestione/manutenzione al fine di comprendere l’intero ciclo di vita dei manufatti su di una piattaforma di lavoro comune aperta a ogni tipologia di software. E’ un luogo dove depositare e raccogliere le informazioni, interrogabile da ogni strumento proprietario per qualsiasi elaborazione necessaria: dal disegno, al computo, alle simulazioni energetiche, ecc.
INNOVance ospita in modo razionale e standardizzato le informazioni perché chiunque possa utilizzarle al meglio in qualsiasi momento del processo. Prima della piattaforma era già stata scritta la Norma di principio, Uni 11337:2009, e, attualmente, parallelamente allo sviluppo del progetto si stanno redigendo più Specifiche Tecniche (preludio alle future parti applicative della Norma) che riguardano i criteri di denominazione univoca e le Schede Tecniche informative dei prodotti da costruzione, delle opere, dei mezzi e delle lavorazioni coinvolti nel processo edilizio. Un ultimo capitolo sarà dedicato al recepimento della normazione internazionale sul Bim (Iso e En, in avvio) ed alla prima Norma nazionale Bim dedicata, in particolar modo, all’uso della metodologia nel panorama legislativo ed operativo italiano.