Categoria: edilbank

set 24 2015

Ingegneri: il CNI definirà standard prestazionali per certificare le competenze

E’ in partenza l’iniziativa del Consiglio Nazionale Ingegneri (CNI) per definire gli standard prestazionali oggettivi che gli ingegneri potranno certificare di possedere.

Nella circolare 586/2015 il CNI illustra gli obiettivi di tale processo e la direzione che intende prendere, chiedendo aiuto e suggerimenti agli ordini provinciali.

Il Consiglio Nazionale infatti ha messo a punto un sistema per certificare, in modo oggettivo, le competenze professionali degli ingegneri, nei diversi settori dell’ingegneria. Gli standard definiranno i contenuti dei preventivi di affidamento degli incarichi, obbligatori per legge, e consentiranno di poter svolgere quella verifica sugli obblighi e sulla qualità delle prestazioni, con lo scopo, secondo il CNI, di far emergere i professionisti che svolgono correttamente la loro attività. Tutto questo si baserà su riferimenti oggettivi ed indiscutibili assicurati da un organismo “terzo”, ovvero l’ente di normazione UNI.

Per il CNI tale iniziativa è d’interesse primario per tutti gli iscritti all’albo che potranno definire e pubblicizzare le proprie competenze con “strumenti idonei e oggettivi in grado di definire al meglio i contenuti minimi delle prestazioni oggetto di incarico per superare la distanza che c’è tra l’immaterialità della prestazione offerta, la concretezza dell’offerta economica e la realtà del ‘prodotto’ effettivamente eseguito dal progettista”.

Inoltre il CNI mette in evidenza che “dalla possibilità di verifica della qualità e completezza della prestazione alla possibilità di ipotizzare costi minimi per lo svolgimento delle prestazioni il passo è decisamente breve”; in questo modo sarà possibile individuare e pubblicizzare parametri tariffari riferiti almeno ai costi minimi necessari.

Il CNI in questo modo vuole coniugare “la tutela dell’attività professionale con la tutela del Cliente, e quindi, della società”. Infatti il progetto vuole valorizzare i professionisti che svolgono seriamente e secondo precise regole deontologiche il proprio lavoro, in un mercato senza regole e controlli.

Il Consiglio Nazionale Ingegneri, concludendo la circolare esorta gli ordini provinciali a partecipare all’iniziativa indicando 15 aree di specializzazione in campo ingegneristico, per le quali si ritiene prioritario svolgere l’attività di definizione degli standard prestazionali.

Certificazione competenze: le azioni nel tempo del CNI
Ricordiamo che il CNI e l’UNI, con l’Accordo stipulato nel mese di aprile 2014, hanno concordato di procedere allo sviluppo degli standard prestazionali, legati allo svolgimento della libera professione di ingegnere, che definiscono azioni, strumenti e comportamenti finalizzati a garantire prestazioni di qualità.

Successivamente, nel mese di maggio 2015, il CNI e UNI hanno dato avvio al programma delle attività stabilendo le funzioni ed il ruolo di ciascun organismo, la composizione dei gruppi di lavoro, il metodo ed i contenuti del lavoro per la definizione degli standard prestazionali.

Per prima cosa il CNI, nell’ambito dei tre settori dell’ingegneria (civile e ambientale; industriale; dell’informazione) individuerà un primo insieme di ambiti di attività per i quali verranno definiti gli standard prestazionali. Una volta identificato l’ambito di riferimento e la singola prestazione, il gruppo di lavoro procederà ad identificare: l’articolazione del singolo processo; le fasi che compongono il processo; il compito, ovvero la singola attività di una fase.

Inoltre i gruppi di lavoro dovranno identificare i tempi entro cui ciascuna prestazione deve essere ragionevolmente portata a termine (data la complessità e le caratteristiche della prestazione) e dovranno introdurre specifiche procedure di controllo del processo di svolgimento delle attività modulate anche sulle diverse forme (singola, associata, società; mono o multidisciplinare ) in cui viene svolta l’attività professionale.

Secondo il CNI l’elaborazione di schemi predefiniti “tutela non solo il committente (che avrà elementi di riferimento per verificare il processo di lavoro e la sua qualità), ma anche il libero professionista, il quale avendo standard di riferimento non potrà essere sottoposto ad un ampliamento o ad una riduzione eccessiva dei tempi di consegna del lavoro o a compensi talmente contenuti da determinare l’impossibilità di rispettare gli standard prestazionali di base”.

Inoltre gli standard “consentiranno di distinguere con più esattezza le differenze tra le prestazioni che possono essere erogate dagli ingegneri e dagli ingegneri iuniores, riconoscendo a ciascuna figura professionale il ruolo spettante a seconda dei contesti lavorativi”. Vai alla fonte

E’ in partenza l’iniziativa del Consiglio Nazionale Ingegneri (CNI) per definire gli standard prestazionali oggettivi che gli ingegneri potranno certificare di possedere.
 
Nella circolare 586/2015 il CNI illustra gli obiettivi di tale processo e la direzione che intende prendere, chiedendo aiuto e suggerimenti agli ordini provinciali.
 

Prestazioni professionali ingegneri

Il Consiglio Nazionale infatti ha messo a punto un sistema per certificare, in modo oggettivo, le competenze professionali degli ingegneri, nei diversi settori dell’ingegneria. Gli standard definiranno i contenuti dei preventivi di affidamento degli incarichi, obbligatori per legge, e consentiranno di poter svolgere quella verifica sugli obblighi e sulla qualità delle prestazioni, con lo scopo, secondo il CNI, di far emergere i professionisti che svolgono correttamente la loro attività. Tutto questo si baserà su riferimenti oggettivi ed indiscutibili assicurati da un organismo “terzo”, ovvero l’ente di normazione UNI.

Per il CNI tale iniziativa è d’interesse primario per tutti gli iscritti all’albo che potranno definire e pubblicizzare le proprie competenze con “strumenti idonei e oggettivi in grado di definire al meglio i contenuti minimi delle prestazioni oggetto di incarico per superare la distanza che c’è tra l’immaterialità della prestazione offerta, la concretezza dell’offerta economica e la realtà del ‘prodotto’ effettivamente eseguito dal progettista”.
 
Inoltre il CNI mette in evidenza che “dalla possibilità di verifica della qualità e completezza della prestazione alla possibilità di ipotizzare costi minimi per lo svolgimento delle prestazioni il passo è decisamente breve”; in questo modo sarà possibile individuare e pubblicizzare parametri tariffari riferiti almeno ai costi minimi necessari.
 
Il CNI in questo modo vuole coniugare “la tutela dell’attività professionale con la tutela del Cliente, e quindi, della società”. Infatti il progetto vuole valorizzare i professionisti che svolgono seriamente e secondo precise regole deontologiche il proprio lavoro, in un mercato senza regole e controlli.
 
Il Consiglio Nazionale Ingegneri, concludendo la circolare esorta gli ordini provinciali a partecipare all’iniziativa indicando 15 aree di specializzazione in campo ingegneristico, per le quali si ritiene prioritario svolgere l’attività di definizione degli standard prestazionali.
 

Certificazione competenze: le azioni nel tempo del CNI

Ricordiamo che il CNI e l’UNI, con l’Accordo stipulato nel mese di aprile 2014, hanno concordato di procedere allo sviluppo degli standard prestazionali, legati allo svolgimento della libera professione di ingegnere, che definiscono azioni, strumenti ecomportamenti finalizzati a garantire prestazioni di qualità.
 
Successivamente, nel mese di maggio 2015, il CNI e UNI hanno dato avvio alprogramma delle attività stabilendo le funzioni ed il ruolo di ciascun organismo, la composizione dei gruppi di lavoro, il metodo ed i contenuti del lavoro per la definizione degli standard prestazionali.
 
Per prima cosa il CNI, nell’ambito dei tre settori dell’ingegneria (civile e ambientale; industriale; dell’informazione) individuerà un primo insieme di ambiti di attivitàper i quali verranno definiti gli standard prestazionali. Una volta identificato l’ambito di riferimento e la singola prestazione, il gruppo di lavoro procederà ad identificare: l’articolazione del singolo processo; le fasi che compongono il processo; il compito, ovvero la singola attività di una fase.
 
Inoltre i gruppi di lavoro dovranno identificare i tempi entro cui ciascuna prestazione deve essere ragionevolmente portata a termine (data la complessità e le caratteristiche della prestazione) e  dovranno introdurre specifiche procedure di controllo del processo di svolgimento delle attività modulate anche sulle diverse forme (singola, associata, società; mono o multidisciplinare ) in cui viene svolta l’attività professionale.
 
Secondo il CNI l’elaborazione di schemi predefiniti “tutela non solo il committente (che avrà elementi di riferimento per verificare il processo di lavoro e la sua qualità), ma anche il libero professionista, il quale avendo standard di riferimento non potrà essere sottoposto ad un ampliamento o ad una riduzione eccessiva dei tempi di consegna del lavoro o a compensi talmente contenuti da determinare l’impossibilità di rispettare gli standard prestazionali di base”.
 
Inoltre gli standard “consentiranno di distinguere con più esattezza le differenze tra le prestazioni che possono essere erogate dagli ingegneri e dagli ingegneri iuniores, riconoscendo a ciascuna figura professionale il ruolo spettante a seconda dei contesti lavorativi”.

set 23 2015

Dissesto idrogeologico, dal CNI le Linee guida per valutazione preliminare qualità progetti

l 27 luglio scorso, nel corso della prima riunione della Cabina di Regia della Struttura di missione Italia sicura, coordinata dal dr. Mauro Grassi, sono state proposte le “Linee guida per la valutazione preliminare della qualità dei progetti per la difesa dalle alluvioni, per la prevenzione dei dissesti sulla rete idrografica e per la difesa delle coste”, elaborate dal gruppo di lavoro del Consiglio nazionale degli ingegneri (CNI),…..Continua

set 22 2015

Indennità per collaboratori disoccupati: la domanda INPS

La domanda per ottenere l’indennità per collaboratori disoccupati DIS-COLL va presentata esclusivamente in via telematica a partire dall’11 maggio, fino a questa data si può fare richiesta anche con modello cartaceo o via PEC: tutti i dettagli sulla DIS-COLL, introdotta dalla Riforma Ammortizzatori Sociali attuativa del Jobs Act (il decreto 22/2015), sono contenuti nella circolare applicativa INPS 83/2015. L’indennità spetta a collaboratori coordinati e continuativi, anche a progetto, che perdono involontariamente il lavoro, sono iscritti in via esclusiva alla gestione separata INPS, non pensionati e senza partita IVA. Sono esclusi i sindaci e gli amministratori di società. Continua

set 17 2015

Ddl Concorrenza: è scontro tra RPT e OICE

È ormai scontro totale tra Consigli Nazionali dell’area tecnica, rappresentati dalla Rete delle Professioni Tecniche (RPT), e OICE. Il nodo è sempre lo stesso: il Ddl Concorrenza all’esame della Commissione Finanze e Attività Produttive della Camera ed in particolare l’art. 31 che nell’ultimo anno ha subito diverse e spesso contrastanti modifiche.

L’ultima modifica approvata obbligherebbe le Società di Ingegneria che intendono operare nel settore privato a rispettare gli stessi requisiti richiesti alle Società tra Professionisti (StP) ed, in particolare, l’iscrizione all’ordine professionale che dall’OICE sarebbe stato definito un “illogico regalo agli ordini professionali” (leggi articolo).

Mentre, da una parte, sembrerebbe stata ormai chiarita la possibilità per le Società di Ingegneria di operare nel settore privato (la sentenza del Tribunale di Bologna n. 2481/2015 conferma che “il divieto di esercitare attività libero professionale in forma societaria è stato abrogato dalla legge 266/1997, e l’articolo 17 comma 6 della legge 109/94 detta una definizione delle società che possono effettuare attività di progettazione, direzione lavori ed accessori applicabile anche ai lavori privati”), dall’altra l’OICE ha criticato fortemente l’art. 31 del Ddl Concorrenza perché “introduce vincoli e balzelli per condizionare la – invece pacifica – legittimità dei contratti stipulati dalle società di ingegneria con committenti privati”.

Positiva è stata, naturalmente, la reazione della Rete delle Professioni Tecniche che, rappresentando i Consigli Nazionali delle Professioni Tecniche e quindi gli Ordini e Collegi professionali, non poteva essere che soddisfatta di quest’ultima modifica. “Ringraziamo il Governo e le Commissioni della Camera – ha commentato il Coordinatore Nazionale Armando Zambrano – per aver dato ascolto alle nostre istanze. Si blocca il tentativo di chi vorrebbe operare fuori dalle regole, violando evidenti principi Costituzionali ma anche della concorrenza.

In un comunicato dell’ultima ora la RPT ha affermato che “I professionisti tecnici italiani esprimono soddisfazione per la tanto auspicata modifica dell’articolo 31 del Ddl Concorrenza, in tema di società di ingegneria. Nel corso dell’esame, infatti, le Commissioni Finanze e Attività Produttive della Camera hanno approvato l’emendamento 31.7 Senaldi che consente alle Società di ingegneria di operare nel settore privato solo a patto di possedere gli stessi requisiti già richiesti alle Società tra Professionisti (STP) ed agli stessi professionisti che già operano in questo campo. Da quanto risulta,il provvedimento dovrebbe andare in aula entro il prossimo 23 settembre per l’approvazione definitiva alla Camera, per poi passare al Senato”.

In particolare, anche le Società di Ingegneria dovranno:
prevedere che l’esecuzione dell’incarico professionale sia eseguito solo dai soci in possesso dei requisiti per l’esercizio della prestazione professionale richiesta;
avere una copertura assicurativa;
essere iscritte all’Albo professionale;
rispettare le norme deontologiche.

Il comunicato della RPT è andato, però, oltre precisando che “In caso di assenza dei suddetti requisiti le Società di ingegneria continueranno a non poter operare nel mercato privato” e, quindi, ammettendo implicitamente che fin’ora non siano abilitate a operare nel mercato privato.

Pesantissime le parole del Coordinatore Zambrano che avrebbe affermato “come ha affermato la stessa Commissione Giustizia nel suo parere al provvedimento, la formulazione originaria dell’art.31 avrebbe creato una condizione anticoncorrenziale, attribuendo un enorme vantaggio competitivo alle Società di ingegneria che solo soggetti poco rispettosi dei principi della libera concorrenza e del mercato, su un campo così delicato come la tutela dei committenti privati, possono pretendere di difendere”, sottintendendo che l’OICE sarebbe il soggetto poco rispettoso dei principi di libera concorrenza (o sono io che penso male?).

“L’art. 31 – termina Zambrano – non nasce da una sollecitazione dell’Autorità per la Concorrenza, ma dalla protervia di chi mira ad ottenere attraverso la legge vantaggi e protezioni. Le migliaia di società di ingegneria che hanno operato correttamente negli anni nel settore dei lavori pubblici, astenendosi dall’intrattenere rapporti con la committenza privata, e che non si sentono oggi adeguatamente rappresentate, plaudono con noi professionisti all’equilibrata soluzione elaborata dal Governo e dalle Commissioni parlamentari”.

Pronta è arrivata la risposta del Presidente OICE Ing. Patrizia Lotti che ha inviato a noi una nota affermando: “Il presidente Zambrano sarebbe bene che si limitasse a parlare ai e per i suoi iscritti, evitando di menzionare le società di ingegneria e un settore imprenditoriale rispetto al quale non ha alcuna competenza e, men che meno, rappresentanza”.

“Le società di ingegneria – ha continuato il numero uno dell’OICE – tutto stanno facendo tranne che “plaudire” allo scempio giuridico che, con la disattenzione colpevole del Governo e dei parlamentari, è stato scelleratamente posto in essere, con ripercussioni e danni che potranno agevolmente essere fatti presenti in tutte le sedi, anche a livello comunitario. Al massimo potrà parlare per quelle 12 società tra professionisti che, grazie al flop della legge 183/2011, sono state costituite in quasi tre anni. Lezioni sul piano della concorrenza non le accettiamo da nessuno visto che da 20 anni e più contribuiamo a portare alto il nome dell’ingegneria italiana all’estero con le nostre società che si confrontano con realtà molto più robuste, strutturate e complesse”.

“Al di là delle provocazioni – ha terminato l’ing. Lotti – inviterei tutti, Governo, Parlamento e professionisti in buona fede, ivi compresi tutti i presidenti degli ordini provinciali proprietari di società di ingegneria, a leggere la sentenza del tribunale di Bologna del 7 agosto 2015 n. 2481 che legittima i contratti che le loro società hanno stipulato negli anni scorsi con committenti privati; capiranno anch’essi quanto sia inutile e dannoso il permanere della norma votata la scorsa settimana”.

Certo che la questione non si chiuderà facilmente, lascio a voi ogni commento.

A cura di Gianluca Oreto Vai alla fonte

set 05 2015

L’ambito dell’esclusiva degli architetti in materia di beni culturali. avv. Riccardo Rotigliano

L’ambito dell’esclusiva degli architetti sulle opere edilizie sottoposte a tutela dei beni culturali è stato oggetto di un vivace dibattito, tanto tra le corte amministrative, quanto tra i vari ordini professionali. Tra questi, quelli degli architetti propugnano un’interpretazione restrittiva della norma che fonderebbe tale esclusiva (art. 52 R.D. n. 2537/1925), mentre quelli degli ingegneri, come è ovvio, provano ad accreditarne un’applicazione meno rigorosa, denunciandone persino il preteso contrasto con l’ordinamento comunitario.

Il dibattito non si è sopito nemmeno dopo la sentenza della Corte di Giustizia (21 febbraio 2013, causa C-111-12) che è intervenuta ex professo sulla questione e la successiva sentenza del Consiglio di Stato (Sez. VI, 9 gennaio 2014, n. 21) che ha definito il giudizio in senso sfavorevole alle tesi sostenute dagli ingegneri.

In effetti, la norma, redatta 90 anni fa, lascia qualche dubbio interpretativo, soprattutto a motivo dell’utilizzo di termini ed espressioni – figlie del contesto ordinamentale in cui a suo tempo si inserivano – che, però, hanno col tempo perso pregnanza mano a mano che progrediva e si specializzava la legislazione ordinistica sui lavori pubblici.

Partiamo, dunque, dalla lettura delle norme di riferimento, ossia degli artt. 51 e 52 R.D. n. 2537/1925:

Art. 51: “Sono di spettanza della professione d’ingegnere, il progetto, la condotta e la stima dei lavori per estrarre, trasformare ed utilizzare i materiali direttamente od indirettamente occorrenti per le costruzioni e per le industrie, dei lavori relativi alle vie ed ai mezzi di trasporto, di deflusso e di comunicazione, alle costruzioni di ogni specie, alle macchine ed agli impianti industriali, nonché in generale alle applicazioni della fisica, i rilievi geometrici e le operazioni di estimo”.

Art. 52: “Formano oggetto tanto della professione di ingegnere quanto di quella di architetto le opere di edilizia civile, nonché i rilievi geometrici e le operazioni di estimo ad esse relative. Tuttavia le opere di edilizia civile che presentano rilevante carattere artistico ed il restauro e il ripristino degli edifici contemplati dalla L. 20 giugno 1909, n. 364, per l’antichità e le belle arti, sono di spettanza della professione di architetto; ma la parte tecnica ne può essere compiuta tanto dall’architetto quanto dall’ingegnere”.

Alcuni punti fermi.

Nessun dubbio sul fatto che sulle opere diverse dall’edilizia civile (es. condutture fognarie, reti stradali, etc.) l’ingegnere ha competenza esclusiva ai sensi dell’art. 51. In questo senso si è espressa costantemente la giurisprudenza amministrativa di primo e secondo grado. Tra i tanti, cfr. Cons. Stato, sez. VI, n. 1150/2013; Sez. IV, n. 2938/2000; Tar Sicilia, Palermo, n. 2274/2002; Tar Calabria, n. 354/2008; Tar Veneto, n. 1153/2011; Tar Puglia, Lecce, n. 1270/2013; TAR Lazio, Latina, n. 608/2013.

Nemmeno è dubbio che l’art. 52 ponga una regola (competenza promiscua per le opere di edilizia civile), un’eccezione (competenza esclusiva dell’architetto per le opere sottoposte a tutela ai sensi della legge fondamentale del 1939, oggi Codice Urbani, ovvero per le opere, anche di nuova realizzazione, comunque giudicate “di rilevante carattere artistico” pur non essendo sottoposte a tutela), ed un’eccezione all’eccezione (la “parte tecnica” è comunque sempre di competenza promiscua) che vale a ristabilire la regola generale (competenza promiscua).

E, ancora, è pacifico che la competenza esclusiva dell’architetto può essere predicata anche con riferimento d un’opera (ovvero: bene immobile) non sottoposto a tutela ma comunque “di rilevante carattere artistico”, cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 30 aprile 2002, n. 2303; Tar Lombardia, Milano, 24 luglio 2014, n. 2016).

Dove, invece, si avverte il bisogno di un intervento chiarificatore, anche, se del caso, in sede di interpretazione autentica, è in ordine agli esatti confini dell’eccezione all’eccezione. Che vuole dire, “tradotto” nel linguaggio dei lavori pubblici (ovvero: dei servizi attinenti l’architettura e l’ingegneria), “parte tecnica” di un’opera di edilizia civile sottoposta a tutela o comunque di rilevante interesse artistico? Alcune corti amministrative non hanno dubbi: progettazione esecutiva e direzione lavori costituiscono la “parte tecnica” e possono essere svolte anche dagli ingegneri, pur quando si tratti di beni sottoposti a tutela (Tar Lazio, 30 marzo 2015, n. 4713: “La stesura del progetto esecutivo, quindi, si presenta come la ingegnerizzazione del progetto definitivo, in modo tale che la relativa attività può essere demandata anche ad ingegneri, senza alcun contrasto con la previsione di cui all’articolo 52, comma 2, del richiamato R.D. n. 2537 del 1925”; Cons. Stato, Sez. VI, 9 gennaio 2014, n. 21, secondo cui l’ambito dell’esclusiva riguarda soltanto “le parti di intervento di edilizia civile che riguardino scelte culturali connesse alla maggiore preparazione accademica conseguita dagli architetti nell’ambito del restauro e risanamento degli immobili di interesse storico e artistico”, restando invece nella competenza dell’ingegnere civile la cd. parte tecnica, ossia “le attività progettuali e di direzione dei lavori che riguardano l’edilizia civile vera e propria (…)” (in tal senso: Cons. Stato, VI, 11 settembre 2006, n. 5239)”.

In particolare, non sembra agevole individuare in modo univoco, con un criterioex ante, “le parti di intervento di edilizia civile che riguardino scelte culturali connesse alla maggiore preparazione accademica conseguita dagli architetti”. Ed è perciò che è auspicabile un intervento chiarificatore del legislatore, in difetto del quale la soluzione del caso concreto sarà affidata, di volta in volta, alla “sensibilità” dell’interprete. Vai alla fonte

set 01 2015

Formazione professionale – Gli Ordini Non possono restringere la concorrenza

La Corte di giustizia europea chiarisce che l’Ordine professionale non può imporre un sistema di formazione obbligatoria stabilendo condizioni discriminatorie a danno dei suoi concorrenti.

L’Ordine professionale non può imporre ai propri iscritti un sistema formativo obbligatorio che lo avvantaggia rispetto agli altri enti di formazione. Lo ha stabilito la Corte di giustizia europea nella Causa C-1/12 del 28/02/2013.

L’obbligo per un Ordine professionale di porre in essere un sistema di formazione obbligatoria non sottrae le norme che esso emana dal campo di applicazione del diritto dell’Unione: «Secondo una costante giurisprudenza, nel contesto del diritto della concorrenza la nozione di impresa comprende qualsiasi ente che esercita un’attività economica, a prescindere dallo status giuridico di detta entità e dalle modalità del suo finanziamento».

La sentenza offre lo spunto per chiarire un dubbio al quale, in dottrina, sono spesso date risposte generiche vale a dire l’assimilazione tra professionisti e imprese. La Corte europea precisa che il regolamento adottato da un Ordine professionale deve essere considerato come una decisione presa da un’associazione di imprese ai sensi del diritto dell’Unione in materia di concorrenza; il fatto che un Ordine sia tenuto per legge a porre in essere un sistema di formazione obbligatoria destinato ai suoi membri non sottrae le norme da esso promulgate ed ad esso esclusivamente imputabili dall’ambito di applicazione del diritto europeo in materia di concorrenza.

Riservandosi l’esclusiva di erogare alcuni corsi e attribuendosi il compito di omologare quelli erogati da altri enti l’Ordine di fatto esercita un’attività economica nel mercato della formazione professionale imponendo condizioni discriminatorie a danno dei suoi concorrenti.

La sentenza in oggetto è particolarmente importante ed attuale in quanto i Consigli Nazionali stanno predisponendo i regolamenti per l’aggiornamento professionale, in attuazione dell’art. 7, comma 1, del D.P.R. 07/08/2012, n. 137 di riforma degli ordinamenti professionali che impone ai professionisti di «curare il continuo e costante aggiornamento della propria competenza professionale», pena una sanzione per violazione delle norme deontologiche.

Nel caso in esame l’Ordine degli esperti contabili (Otoc) del Portogallo, un ordine professionale di natura associativa ad iscrizione obbligatoria, aveva adottato un regolamento che obbligava i propri iscritti a conseguire 35 crediti formativi all’anno, attraverso corsi erogati o omologati dall’Otoc.

La Fonte

ago 12 2015

Condomino moroso: breve focus sulla possibilità di sospensione delle forniture Fonte: Condomino moroso: breve focus sulla possibilità di sospensione delle forniture (www.StudioCataldi.it)

a norma di riferimento in caso di morosità dei condòmini è l’art. 63 Disposizioni per l’Attuazione del Codice Civile, il quale stabilisce come:

“I. Per la riscossione dei contributi in base allo stato di ripartizione approvato dall’assemblea, l’amministratore, senza bisogno di autorizzazione di questa, può ottenere un decreto di ingiunzione immediatamente esecutivo, nonostante opposizione, ed è tenuto a comunicare ai creditori non ancora soddisfatti che lo interpellino i dati dei condomini morosi.

I. I creditori non possono agire nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti, se non dopo l’escussione degli altri condomini. Fonte: Condomino moroso: breve focus sulla possibilità di sospensione delle forniture 

(www.StudioCataldi.it)  

ago 08 2015

Opere pubbliche e controlli che non ci sono: servirà il nuovo codice appalti?

Nel disastro delle varie opere pubbliche, inutili, incompiute, esose o ancor peggio mal realizzate c’è da chiedersi chi (o addirittura se) abbia controllato. Esiste, dalla notte dei tempi, e cioè dal Regio Decreto 350 del 1895, un istituto, il collaudo, attraverso il quale dovrebbero essere effettuati tutti gli accertamenti, i saggi, le prove e le verifiche su un’opera pubblica.Ovviamente tale istituto è stato sempre confermato, pur con piccole modifiche, nei vari testi di legislazione sugli appalti, dalla Legge Merloni ad oggi. Occorre infatti ricordare quanto sia fondamentale questo istituto tenuto conto che: “Il collaudo ha lo scopo di verificare e certificare che l’opera o il lavoro siano stati eseguiti a regola d’arte, secondo il progetto approvato e le relative prescrizioni tecniche, nonché le eventuali perizie di variante, in conformità del contratto e degli eventuali atti di sottomissione o aggiuntivi debitamente approvati. Il collaudo comprende altresì tutte le verifiche tecniche previste dalle leggi di settore”.

Ancora più delicato ed incisivo il collaudo in corso d’opera e finale esperito, specie nei restauri, quando si tratta di compiere diverse visite in cantiere durante lo svolgimento dei lavori al fine di verificare il fisiologico o patologico loro andamento. Fondamentale questa fase perché si possono individuare criticità, problematiche e porre i provvedimenti atti ad evitare anomalie e ritardi, varianti onerose, vizi laddove progettista e direzione lavori non siano intervenuti sufficientemente. Il collaudatore può e anzi deve attenersi alla “verifica della buona esecuzione di un lavoro effettuata attraverso accertamenti, saggi e riscontri che l’organo di collaudo giudica necessariù”.

Appare evidente che più frequenti e minuziose saranno le visite, più saranno concrete le possibilità di prevenire e correggere in tempo difetti ed errori e va da sé che il collaudatore dev’essere un professionista rigoroso, preparato, indipendente e non coinvolto e non colluso con stazione appaltante, impresa e quindi ancor meglio se distante dal territorio.

Viceversa il collaudo si è via via trasformato in una pratica da sbrigare al più presto, sorvolando anche su macroscopici errori, al fine ultimo del rilascio di un certificato/patentino di corretto espletamento delle opere, una specie di condono tombale per lavori mal progettati, mal diretti e mal realizzati. Questo lo si può dedurre da vari Bandi di collaudo in corso d’opera al massimo ribasso anche in zone disagiate. Basta guardare i bandi pubblicati nell’ultimo biennio affidati con il 70% di sconto.

Questo è l’ennesimo risultato del famigerato Decreto Bersani che ha ancora più evidenziato non solo la poca serietà e dignità di alcuni professionisti, ma anche l’obiettivo di molte, troppe stazioni appaltanti, di garantirsi a buon prezzo l’immunità dei propri disastri con i risultati di scuole, chiese, viadotti fatiscenti crollati dopo pochi anni dal termine lavori e con costi lievitati durante l’esecuzione degli stessi.

Il collaudatore rigoroso così come il responsabile della sicurezza, anziché essere apprezzato viene allontanato in quanto non garantisce la connivenza malavitosa tra stazione appaltante, Dl, impresa ed è del tutto evidente che un collaudatore, o un responsabile della sicurezza, deve avere la garanzia di poter operare in serenità di pensiero ed anche economica. Tutto ciò premesso, al netto viceversa di collaudi (o Dl) milionari affidati ad un ristretto giro di professionisti collusi con cricche varie, come i recenti fatti di cronache giudiziarie hanno dimostrato (basti  ricordare i più noti e recenti riferiti al Sistema Mose e Tav a Firenze), i quali benché super retribuiti, ponevano lo stesso scarsa attenzione nel seguire il mandato loro affidato.

Ritorno sull’argomento in quanto in dirittura d’arrivo il Nuovo Codice Appalti dove si accenna all’esclusione del massimo di ribasso per i servizi tecnici ed un possibile Albo dei Collaudatori e Dl da tenersi presso il Ministero delle Infrastrutture. Il principio del non conflitto d’interessi (essere controllore e controllato), della rotazione degli incarichi, della assoluta rettitudine personale e professionale degli incaricati,come parrebbe dal Nuovo Codice (c’è da stabilire quali debbano essere i requisiti di moralità), dovrebbero essere il minimo sindacale per affidamenti atti a garantire la certificazione delle nostre, ahimè disastrate, opere pubbliche. Fonte:Il Fatto Quotidiano” aricolo di Donatella d’angelo 

ago 07 2015

Servizio SPP: serve la laurea in ingegneria e/o architettura? Fonte (InSic)

Un quesito pervenuto alla Banca Dati Sicuromnia pone la domanda: per l’espletamento del servizio di prevenzione o protezione presso gli uffici giudiziari gli addetti e i responsabili dei servizi di prevenzione e protezione interni devono necessariamente possedere la laurea in ingegneria o architettura?

Risponde la D.ssa Rocchina Staiano, Docente in Diritto della previdenza e delle assicurazioni sociali ed in Tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro all’Univ. Teramo.

Secondo l’Esperto
No. Va ricordato che l’art. 32 del D. Lgs. 81/2008 e successive modifiche, prevede, per quel che interessa nella presente sede:
“1. Le capacità ed i requisiti professionali dei responsabili e degli addetti ai servizi di prevenzione e protezione interni o esterni devono essere adeguati alla natura dei rischi presenti sul luogo di lavoro e relativi alle attività lavorative.
2. Per lo svolgimento delle funzioni da parte dei soggetti di cui al comma 1, è necessario essere in possesso di un titolo di studio non inferiore al diploma di istruzione secondaria superiore nonché di un attestato di frequenza, con verifica dell’apprendimento, a specifici corsi di formazione adeguati alla natura dei rischi presenti sul luogo di lavoro e relativi alle attività lavorative. Per lo svolgimento della funzione di responsabile del servizio prevenzione e protezione, oltre ai requisiti di cui al precedente periodo, è necessario possedere un attestato di frequenza, con verifica dell’apprendimento, a specifici corsi di formazione in materia di prevenzione e protezione dei rischi, anche di natura ergonomica e da stress lavorocorrelato di cui all’articolo 28, comma 1, di organizzazione e gestione delle attività tecnicoamministrative e di tecniche di comunicazione in azienda e di relazioni sindacali. I corsi di cui ai periodi precedenti devono rispettare in ogni caso quanto previsto dall’accordo sancito il 26 gennaio 2006 in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 37 del 14 febbraio 2006, e successive modificazioni.
3. Possono altresì svolgere le funzioni di responsabile o addetto coloro che, pur non essendo in possesso del titolo di studio di cui al comma 2, dimostrino di aver svolto una delle funzioni richiamate, professionalmente o alle dipendenze di un datore di lavoro, almeno da sei mesi alla data del 13 agosto 2003 previo svolgimento dei corsi secondo quanto previsto dall’accordo di cui al comma 2.
4. (…)
5. Coloro che sono in possesso di laurea in una delle seguenti classi: L7, L8, L9, L17, L23, e della laurea magistrale LM26 di cui al decreto del Ministro dell’università e della ricerca in data 16 marzo 2007, pubblicato nel S.O. alla Gazzetta Ufficiale n. 155 del 6 luglio 2007, o nelle classi 8, 9, 10, 4, di cui al decreto del Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica in data 4 agosto 2000, pubblicato nel S.O. alla Gazzetta Ufficiale n. 245 del 19 ottobre 2000, ovvero nella classe 4 di cui al decreto del Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica in data 2 aprile 2001, pubblicato nel S.O. alla Gazzetta Ufficiale n. 128 del 5 giugno 2001, ovvero di altre lauree e lauree magistrali riconosciute corrispondenti ai sensi della normativa vigente con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, su parere conforme del Consiglio universitario nazionale ai sensi della normativa vigente, sono esonerati dalla frequenza ai corsi di formazione di cui al comma 2, primo periodo. Ulteriori titoli di studio possono essere individuati in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano”
.

Come è dato osservare, la disposizione ora riportata non prevede, quale requisito per lo svolgimento dell’attività di responsabile e addetto ai servizi di prevenzione e protezione interni o esterni, il possesso della laurea in ingegneria o in architettura (lauree rientranti tra quelle di cui al comma 5); anzi l’ipotesi ordinariamente prevista, per ambedue le funzioni, è quella di un soggetto in possesso del titolo di istruzione secondaria superiore, che abbia anche l’attestato di frequenza di specifici corsi di formazione, variamente modulati a seconda che si tratti di addetto o di responsabile. Infatti, ciò che il successivo comma 5 prevede, dunque, non è l’individuazione di un titolo di laurea particolare, onde poter svolgere le funzioni in esame, ma solo l’esclusione dalla frequenza dei corsi di cui al comma 2 (e, dunque, del possesso delle previste attestazioni) per i laureati in determinate discipline (per quel che qui interessa, in ingegneria e in architettura).

ago 01 2015

INIZIATO A PS Giovanni Pg il corso abilitante per CERTIFICATORE ENERGETICO.

INIZIATO il 30 luglio 2015 A PS Giovanni Pg il corso

abilitante per CERTIFICATORE ENERGETICO.

Corso é gratuito per chi possiede il voucher di garanzia Giovani.

Ultimi 4 posti disponibili.

Le iscrizione si chiudono il 24 Agosto 2015

0742 35 42 43 x INFO

 

lug 29 2015

CORSO ABILITANTE PER CERTIFICATORI ENERGETICI!

INIZIA IL 30 LUGLIO 2015 A Ponte S. Giovanni (Pg)

0742 35 42 43 x INFO

lug 26 2015

Regione – Soprintendenza, guerra senza precedenti. Spunta un dossier contro Gizzi difeso da Italia Nostra e grillini

Veleno, tanto veleno che esce da palazzo a palazzo, con un dossier che accusa pesantemente il nuovo soprintendente per i Beni architettonici e paesaggistici dell’Umbria. Una vera e propria guerra tra istituzioni che non conosce precedenti, con il pericolo che anziché risolvere i problemi li aggravi fino al punto di creare una situazione di imbarazzante stallo.  Continua

lug 25 2015

Requiem per la E78

La società Centralia tra l’Anas e le Regioni Marche, Toscana e Umbria per la realizzazione della superstrada Fano – Grosseto non aiuta la realizzazione dell’opera: va sciolta.

Un’altra invenzione della politica, ingegneria istituzionale, è stata buttata a mare.

Nel 2014 fu costituita infatti la società Centralia è una Società per Azioni tra l’Anas e le Regioni Marche, Toscana e Umbria per la realizzazione della superstrada Fano – Grosseto

Ora il Presidente della Giunta regionale delle Marche prende la società e la immerge nel salato mare Adriatico: “ il contratto di disponibilità, come evoluzione del project financing per aggiungere fondi per la realizzazione della Fano–Grosseto e su cui si basa l’impostazione della società Centralia, non è praticabile per costruire strade. Continua

lug 25 2015

Umbria, quasi un milione di euro per diagnosi energetiche degli enti pubblici

Gli Enti pubblici umbri (Comuni, Province, Regione, Aziende sanitarie e ospedaliere, ADISU)  potranno usufruire di un contributo regionale che va da un minimo di 6.000 fino ad un massimo di 24.000 euro per la realizzazione di diagnosi e certificazioni energetiche su edifici pubblici finalizzate alla promozione di interventi di efficientamento energetico. Continua

lug 20 2015

Catasto: stop agli Agrotecnici

Agrotecnici non più abilitati alla operazioni relative a Catasto ed Estimo immobiliare, competenza loro concessa da una norma inserita nel Milleproroghe 2007 ma ora bocciata dalla Corte Costituzionale: l’illegittimità deriva dalla estraneità della misura all’oggetto del Milleproroghe. La decisione è contenuta nella sentenza 154/2015, con cui la Consulta richiama anche una precedente pronuncia sulle competenze degli agrotecnici, ritenute poco idonee ad occuparsi della materia catastale. La norma dichiarata illegittima è l’articolo 26, comma 7-ter, del decreto 248/2007, che includeva gli agrotecnici tra i professionisti abilitati agli atti di aggiornamento geometrico e alle denunce di variazione catastale.  Continua

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