Categoria: edilbank

lug 13 2013

Massa Martana-Pg: partono i lavori di consolidamento della rupe

Inizieranno la prossima settimana i lavori urgenti di consolidamento della rupe di Massa Martana. Ne dà notizia direttamente l’assessore regionale ai lavori pubblici, Stefano Vinti, che ha annunciato anche il superamento di tutti i problemi burocratici che fino a questo momento stavano ritardando l’avvio di questo importante intervento. VAI ALLA FONTE

lug 08 2013

La nuova direttiva europea sugli appalti pubblici: opportunità e criticità

“La nuova direttiva europea sugli appalti pubblici: opportunità e criticità” è il titolo del convegno promosso dall’Università di Roma ‘Tor Vergata’ e dal Dipartimento Politiche Europee in occasione della cerimonia di chiusura del Master in Procurement Management approvigionamenti e appalti.

L’iniziativa si terrà a Roma giovedì 11 luglio presso la Sala Convegni Dexia Crediop (Via XX Settembre, 30) VAI ALLA FONTE

lug 05 2013

COMUNICATO INAIL – Dal 1° luglio 2013 le denunce d’infortunio e di malattia professionale dovranno essere effettuate solo in via telematica. Non è ancora in vigore l’obbligo di comunicazione a fini statistici degli infortuni che comportino l’assenza dal lavoro per almeno un giorno.

lug 03 2013

Impianti termici: ecco le nuove regole in vigore dal 12 luglio

Al 12 luglio prossimo, data in cui saranno a tutti gli effetti operative le nuove regole attinenti all’esercizio, alla conduzione, al controllo, alla manutenzione e all’ispezione degli impianti termici.

Le principali novità, introdotte per sintesi, del nuovo decreto riguardano:

Sotto la prospettiva esecutiva, si riportano di seguito tutte le principali modifiche introdotte dalla nuova disciplina in merito agli impianti termici per la climatizzazione invernale e per la produzione di acqua calda sanitaria, definita dal recente d.p.R 74/2013, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.149 del 27 giugno 2013 in attuazione di quanto stabilito dal d.lgs. 192/2005.

Le principali novità, introdotte per sintesi, del nuovo decreto riguardano:

1) Temperature degli ambienti e limiti di esercizio degli impianti: non è prevista alcuna variazione dei valori massimi e minimi di temperatura ambiente da fissare, durante la stagione invernale, per il riscaldamento, e per quella estiva, per il raffrescamento. Nel primo caso il valore massimo è fissato a 20 °C +2 °C di tolleranza. Il valore cala poi a 18 °C +2 °C di tolleranza per gli ambienti adibiti ad attività industriali ed artigianali. I valori sono intesi come “media ponderata delle temperature misurate nei singoli ambienti”. In estate, all’opposto, il valore minimo stabilito per tutti gli ambienti è di 26 °C, anche in questo caso con una tolleranza di -2 °C. Sono invece stati riformati i periodi e i tempi di funzionamento per gli impianti termici durante i mesi invernali, diversificati in base alla zona climatica di appartenenza:

Zona A: ore 6 giornaliere dal 1° dicembre al 15 marzo;

Zona B: ore 8 giornaliere dal 1° dicembre al 31 marzo;

Zona C: ore 10 giornaliere dal 15 novembre al 31 marzo;

Zona D: ore 12 giornaliere dal 1° novembre al 15 aprile;

Zona E: ore 14 giornaliere dal 15 ottobre al 15 aprile;

Zona F: nessuna limitazione.

Sono valide deroghe speciali per determinate categorie di edifici, tra cui scuole materne, ospedali, piscine, eccetera. Per tutte le altre tipologie di fabbricato, invece, è resa obbligatoria l’esposizione su ciascun impianto termico di una tabella in grado di riportare i periodi di funzionamento e l’orario giornaliero selezionato.

2) Ispezioni sugli impianti termici: sono considerati soggetti responsabili delle ispezioni sugli impianti termici, in riferimento al contenimento dei consumi di combustibili, le Regioni e le Province autonome. L’oggetto delle ispezioni sono gli impianti di climatizzazione invernale che hanno potenza termica utile nominale non minore di 10 kW e quelli di climatizzazione estiva di potenza termica utile nominale non minore di 12 kW. Gli esiti delle ispezioni vengono direttamente allegati al libretto di impianto. Per gli impianti di climatizzazione invernale di potenza termica utile nominale compresa tra 10 kW e 100 kW, alimentati a gas, metano o GPL, e per gli impianti di climatizzazione estiva di potenza termica utile nominale compresa tra 12 e 100 kW, le ispezioni invece possono venire surrogate dall’accertamento del rapporto di controllo di efficienza energetica, inviato dal manutentore o dal terzo responsabile.

3) Soggetti responsabili degli impianti termici: tutti i criteri, i requisiti e i soggetti responsabili per l’esercizio, la conduzione, il controllo, la manutenzione e l’ispezione degli impianti termici per la climatizzazione invernale ed estiva sono individuati specificatamente dall’articolo 6 del d.p.R 74/2013. Tanto queste attività, quanto il rispetto delle disposizioni di legge in materia di efficienza energetica, sicurezza e tutela ambientale,vengono commissionate al responsabile dell’impianto, il quale, a sua volta, è legittimato a delegarle ad un terzo (il cosiddetto terzo responsabile). La delega non può essere rilasciata, invece, in caso di impianti non adeguati alle disposizioni di legge, fatta eccezione per la situazione in cui, nell’atto di delega, è espressamente conferito l’incarico di procedere alla loro messa a norma. Con riguardo agli impianti di potenza nominale al focolare superiore a 350 kW, il terzo responsabile deve essere in possesso di:

- certificazione UNI EN ISO 9001 relativa all’attività di gestione e manutenzione degli impianti termici, o

- attestazione nelle categorie OG 11, impianti tecnologici, oppure

- OS 28.

4) Controllo e manutenzione degli impianti: gli interventi di controllo ed eventuale manutenzione dell’impianto termico vanno realizzate da ditte abilitate ai sensi del d.m. 22 gennaio 2008, n. 37, conformemente alle prescrizioni e alle periodicità contenute nelle istruzioni tecniche per l’uso e la manutenzione, messe a disposizione dall’impresa installatrice dell’impianto ai sensi della normativa vigente, oppure, ove l’impresa installatrice non abbia fornito proprie istruzioni in quelle tecniche del fabbricante, oppure ancora, qualora dovessero mancare istruzioni, ai sensi delle norme UNI e CEI. Gli impianti termici devono inoltre essere muniti di libretto di impianto per la climatizzazione, che deve essere consegnato all’avente causa in caso di trasferimento a qualsiasi titolo dell’immobile.

L’aggiornamento dei modelli dei libretti avverrà tramite decreto del Ministero dello Sviluppo economico. Parallelamente agli interventi di controllo e manutenzione eseguiti su impianti termici di climatizzazione invernale di potenza termica utile nominale maggiore di 10 kW e sugli impianti di climatizzazione estiva di potenza termica utile nominale maggiore di 12 kW, si effettuano controlli di efficienza energetica secondo le periodicità e i modelli di rapporto individuati, in funzione della tipologia e della potenza dell’impianto, nell’allegato al decreto 74/2013. Le periodicità risultano variabili tra due e quattro anni, fatta salva la cadenza annuale per gli impianti con generatore a fiamma alimentato da combustibile liquido o solido di potenza superiore a 100 kW.

I controlli di efficienza energetica devono inoltre essere effettuati:

- all’atto della prima messa in esercizio dell’impianto, a cura dell’installatore;

- nel caso di sostituzione degli apparecchi del sottosistema di generazione, come per esempio il generatore di calore;

- nel caso di interventi che non rientrino tra quelli periodici, ma tali da poter modificare l’efficienza energetica.

Terminate le operazioni di controllo, l’operatore è chiamato a redigere e sottoscrive uno specifico Rapporto di controllo di efficienza energetica, di cui una copia viene rilasciata al responsabile dell’impianto mentre un’altra è trasmessa alla Regione o alla Provincia autonoma. E’ necessario poi riportare alla situazione iniziale, con una tolleranza pari al 5%, le macchine frigorifere e le pompe di calore per le quali le operazioni di controllo abbiano fatto emergere che i valori dei parametri che caratterizzano l’efficienza energetica siano inferiori del 15% rispetto a quelli calcolati in fase di collaudo o primo avviamento riportati sul libretto di impianto. Cosa analoga si richiede per le unità cogenerative per le quali, in fase di controllo, sia stato rilevato che i valori dei parametri che distinguono l’efficienza energetica non sono compresi nelle tolleranze definite dal fabbricante.

5) Sanzioni: nessuna modifica è intervenuta sul piano sanzionatorio in quanto risultano confermate, in caso d’inadempienza, le sanzioni già sancite dall’art. 15 del d.lgs. 192/2005. Per la mancata operazione di controllo e manutenzione sugli impianti termici, la sanzione oscilla dai 500 ai 3.000 euro a carico di proprietario, conduttore, amministratore di condominio o terzo responsabile. La sanzione è invece compresa tra 1.000 e 6.000 euro per l’operatore incaricato che manca di provvedere alla compilazione e alla sottoscrizione del rapporto di controllo tecnico.

giu 22 2013

AAAA DALLA REGIONE DELL’UMBRIA. IDEE PER LO SVILUPPO CERCANSI

Il team della regione dell’Umbria che si occupa di Programmazione strategica sta raccogliendo idee, suggerimenti, proposte per l’elaborazione della Strategia di ricerca ed innovazione per la specializzazione intelligente (RIS3) per l’Umbria. 

 Un tuo contributo é gradito. 

PERCHÉ ELABORARE QUESTA STRATEGIA:

Si tratta di una specifica richiesta dell’Unione Europea. Solo le regioni che avranno predisposto questa Strategia avranno accesso ai finanziamenti dei nuovi programmi comunitari, quelli che saranno operativi nel periodo 2014-2020.

Perché solo chi sa già quali sono i propri punti di forza, le proprie potenzialità, i settori su cui scommettere può programmare efficacemente e spendere bene le risorse comunitarie. 

L’Umbria, come tutti, ha bisogno di quelle risorse e vuole spenderle bene. Dunque non possiamo assolutamente fare a meno della RIS3!!!!!

CHE COSA SIGNIFICA, CONCRETAMENTE, SPECIALIZZAZIONE INTELLIGENTE:

Significa individuare le filiere, i domini tecnologici, i settori, gli strumenti sui quali l’Umbria ha effettivamente possibilità di crescita futura. Si tratta dunque di scegliere (cioè specializzarsi),tenendo conto di quello che in Umbria c’è già, magari ancora in embrione, o di ciò che è “connaturato” all’Umbria e ha possibilità di crescere e trainare nei prossimi anni lo sviluppo della regione (cioè scegliere in maniera intelligente).

CHE COSA CHIEDIAMO:

Chiediamo idee, suggerimenti, contributi.

Chi meglio di voi conosce la realtà? Chi meglio di voi sa cosa si sta muovendo sul mercato, tra le imprese, sul territorio?

Avete in mente progetti, settori, sfide, opportunità? Fatecelo sapere.

Con le idee di tutti costruiremo la RIS3 e le priorità che individueremo saranno al centro della prossima programmazione comunitaria e su queste si concentreranno in maniera particolare le risorse finanziarie disponibili.

PAROLE CHIAVE DELLA SPECIALIZZAZIONE INTELLIGENTE:

Innovazione, ricerca, green economy, digitale, banda larga, eccellenza, creatività, servizi, innovazione sociale, energia, sostenibilità, cambiamenti climatici, internazionalizzazione, rete, cluster, leader, sfida, cooperazione, città, mobilità, ICT, riuso, qualità…..

COME POTETE PARTECIPARE:

Nel sito della Regione è attivo uno spazio di e-democracy nel quale ogni cittadino può “partecipare” ai lavori per la definizione dei principali piani e programmi elaborati dai diversi uffici regionali e concertati con le parti sociali.

Per la RIS3:

-se volete approfondire e leggere tutti i documenti disponibili, collegatevi al link: http://www.alleanzaperlosviluppo.regione.umbria.it/750

-per partecipare ed inviare le vostre proposte o le vostre osservazioni:  http://www.alleanzaperlosviluppo.regione.umbria.it/web/11891/751

-per leggere le proposte che riceveremo collegatevi al link: http://www.alleanzaperlosviluppo.regione.umbria.it/web/11891/753

Per conoscere meglio le attività di programmazione a cui la Regione sta lavorando ed eventualmente partecipare, navigate nel sito www.alleanzaperlosviluppo.regione.umbria.it.

Eventuali suggerimenti e proposte, anche relativi alla struttura del sito e alle modalità di partecipazione, li leggeremo con grande interesse.

Per la Segreteria Tecnica dell’Alleanza per lo sviluppo

 

Carlo Cipiciani

giu 21 2013

Coordinatori della sicurezza, dagli architetti di Roma precisazioni sull’aggiornamento obbligatorio

Cosa accade se il coordinatore per la sicurezza non è riuscito ad effettuare il corso di aggiornamento entro la data del 15 maggio 2013? È possibile riprendere l’attività dopo un aggiornamento tardivo?

Il quesito, presentato dal CNA in un interpello al Ministero del Lavoro, finora non ha avuto risposta. L’interpretazione del CNI

Secondo l’interpretazione del Consiglio nazionale degli ingegneri (Cni), espressa con la circolare n. 210 del 3 maggio 2013 (leggi tutto), se il professionista non riesce ad effettuare il prescritto corso di aggiornamento entro la data del 15 maggio 2013, non sarà più abilitato a ricoprire il ruolo di Coordinatore per la sicurezza e questo fino a quando non avrà espletato gli aggiornamenti previsti. Ciò non significa che perderà la formazione acquisita, ma soltanto che non sarà in grado di esercitare le proprie funzioni, che saranno “sospese” fino a quando egli non completerà l’aggiornamento per il monte ore mancante.

Precisazioni dall’Ordine degli architetti di Roma

Questa interpretazione “non può naturalmente fare testo”, precisa la Fondazione Antonino Terranova dell’Ordine degli architetti di Roma e provincia, in una comunicazione – che pubblichiamo di seguito – rivolta ai colleghi con corso abilitante di 120 ore ma che non hanno seguito un corso aggiornamento obbligatorio di 40 ore entro il 15 maggio 2013.

“Il D.Lgs 81/08 prescriveva, per coloro che si erano abilitati a svolgere incarichi di Coordinatore per la sicurezza a norma della legge 494/96, un aggiornamento obbligatorio di 40 ore entro 5 anni dall’uscita del D.Lgs, precisamente entro il 15 maggio 2013.

Nel testo non è specificata la posizione di chi non si aggiornava in tempo; non si sa, quindi, se, in questo caso, l’abilitazione viene resa inefficace e dunque è necessario, per svolgere l’incarico di coordinatore rifrequentare il corso abilitante di 120 ore, o se si è semplicemente sospesi dalla possibilità di assumere incarichi finché non ci si aggiorna.

Si tratta di materia molto delicata che coinvolge la possibilità di lavoro per molti professionisti, per questa ragione il CNA ha presentato un interpello al Ministero competente per avere l’interpretazione autentica del disposto di legge sulla possibilità effettiva di riprendere l’attività dopo un aggiornamento, sia pure tardivo. Il quesito non ha avuto ancora risposta, e a nulla valgono le prese di posizione e/o interpretazioni (prevalentemente da parte dagli ordini degli ingegneri) che naturalmente non possono fare testo.

In attesa dei chiarimenti da parte del Ministero, per evitare agli iscritti spese che potrebbero risultare inutili, si sconsiglia a quanti non hanno rispettato la scadenza del 15 maggio, di frequentare corsi di aggiornamento della cui efficacia non si hanno certezze.”

giu 01 2013

3 mln professionisti senza tutele sociali

“Penso che noi veramente paghiamo lo scotto di essere liberi professionisti, siamo quasi 3 milioni di italiani senza tutele”.A dirlo, a Labitalia, è Emiliana Alessandrucci, neo-presidente del Colap, il coordinamento delle libere associazioni professionali, che raccoglie i professionisti non iscritti ad albi e collegi e oggi regolamentati dalla legge 4/2013. “Paghiamo un Inps altissimo -contesta Alessandrucci- e non abbiamo assolutamente nessuna tutela sociale in cambio. La prima cosa che si dovrebbe fare è intervenire sulla Gestione separata dell’Inps. Nella libera professione l’Inps è essenzialmente a carico del professionista”. Secondo Alessandrucci, “facendo una piccola ricerca, esce fuori che, ad esempio, per l’ordine degli architetti, se sei un neo iscritto, paghi circa il 7% per i primi anni”. “Un internal design, architetto d’interni, paga invece -avverte- il 27% e quindi o fa la fame per arrivare a una tariffa comparabile, oppure hai una tariffa talmente alta che non sei sul mercato. E credo che questa sia la prima cosa da verificare, il primo grande passaggio”.Successivamente, secondo Alessandrucci, “i nostri professionisti avrebbero diritto a una cassa previdenziale propria, o perlomeno, con la liberalizzazione delle casse previdenziali, bisognerebbe lasciare la possibilità a ognuno di scegliere quella che meglio risponde alle proprie esigenze, perchè questo creerebbe anche un miglioramento dei servizi resi dalle casse previdenziali. Ma credo che dovremo aspettare -conclude- per arrivare a questo obiettivo”.

mag 28 2013

Servizi di architettura e di ingegneria: Bandi ad hoc solo per pochi

Consigli nazionali di otto professioni tecniche(agrotecnici, architetti, dottori agronomi e dottori forestali, geologi, geometri, ingegneri, periti agrari, periti industriali) in due note inviate all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ed al Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti ha evidenziato come oltre il 97% degli studi professionali sia fuori dal mercato dei lavori pubblici.

Le professioni tecniche fanno rilevare come dai dati censiti dall’Agenzia delle Entrate per il monitoraggio e per l’applicazione degli studi di settore relativi al periodo di imposta 2010 (antecedente alla c.d. “crisi economica”), emerge che il numero medio di strutture professionali (seppur comprese le società di ingegneria) con n. 1 “addetto” è pari all’84,5%. Per numero di addetti da 1 a 3, la percentuale è pari al 10,5%; per numero di addetti da 3 a 5, è pari al 2,3%, mentre per un numero di addetti da 5 a 10 è pari a 1,7%.

Tale situazione legata ai vincoli imposti dall’articolo 263, comma 1, lettera c) del regolamento di attuazione del Codice dei contratti di cui al D.P.R. n. 207/2010 che prevede che le stazioni appaltanti, nella predisposizione del bando per gli affidamenti di servizi di architettura e di ingegneria, fissino tra i requisiti tecnico-economici necessari per partecipare alla gara il numero medio di personale tecnico utilizzato negli ultimi tre anni in misura variabile da 2 a 3 volte le unità stimate nel bando per lo svolgimento dell’incarico genera il fatto che per il 97,3% dei professionisti è impossibile partecipare alle gare.
Basta che la stazione appaltante preveda per il servizio siano necessarie soltanto tre unità (lavori di importo medio-basso) che, utilizzando anche un moltiplicatore 2, il bando debba prevedere un numero medio di personale utilizzato negli ultimi tre anni pari a 6 e con tale situazione si registra di fatto una chiusura del mercato mediamente pari al 97,3% (84,5 + 10,5 + 2,3), nei confronti dei giovani e comunque dei liberi professionisti singoli o delle stesse società e/o strutture professionali con un numero di “addetti” non superiore a 5.

I Consigli nazionali affermato, quindi, che il mercato dei lavori pubblici è, in pratica, con buona pace di quella concorrenza sbandierata dal Diritto comunitario e dal Codice dei contratti,riservato alle grosse società di professionisti, società di ingegneria e/o consorzi stabili.
Ricordiamo, per altro, che il Codice dei contratti al comma 1 bis dell’art. 2 precisa che i criteri di partecipazione alle gare devono essere tali da non escludere le piccole e medie imprese.

Nella nota inviata all’Autorità garante della concorrenza e del mercato, i consigli nazionali chiedono:

  • un intervento in merito all’art. 263 del DPR 5 ottobre 2010, n. 207, poiché tale norma determina distorsioni della concorrenza e del corretto funzionamento del mercato, in violazione alle norme a tutela della concorrenza e del mercato;
  • di segnalare al Governo e al Parlamento gli effetti distorsivi al mercato e di esprimere un parere circa le iniziative necessarie per rimuovere o prevenire le distorsioni anticoncorrenziali derivanti dall’applicazione del predetto art. 263 del DPR 207/2010.

Nella nota indirizzata al Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti è richiesta l’introduzione di alcune modifiche alle norme, al fine di conseguire i seguenti obiettivi:

  • riaprire il mercato ai giovani e ai professionisti che non siano titolari di strutture professionali di notevoli dimensioni;
  • rilanciare la procedura del concorso (di idee o di progettazione);
  • garantire maggiore trasparenza nella composizione delle commissioni giudicatrici per quelle procedure di affidamento caratterizzate da una notevole discrezionalità (offerta economicamente più vantaggiosa, concorsi, ecc.);
  • ridurre i ribassi eccessivi dei compensi, che oggi sfiorano e talvolta superano la soglia dell’80%.

 

mag 28 2013

Salvo Garofalo, presidente Inarsind, interviene sugli aumenti dei contributi minimi di Inarcassa

Il malcontento scatenato dall’aumento dei contributi minimi da versare a Inarcassa con la riforma previdenziale in vigore dal 1° gennaio di quest’anno prende le mosse da un momento assolutamente critico per la libera professione di architetto e ingegnere, ma è di fatto sintomo di un male molto più grave e profondo in cui da anni versa la categoria”. È quanto afferma Salvo Garofalo, presidente di Inarsind, il sindacato degli architetti e degli ingegneri liberi professionisti, commentando gli aumenti dei contributi minimi di Inarcassa. Il sindacato non condivide gli attacchi alla cassa di previdenza, visto che gli aumenti sono una conseguenza della riforma previdenziale e ha delle proposte da fare sulla gestione di Inarcassa, ponendo l’accento sul problema di base: creare occasioni di lavoro per i giovani professionisti. “Indubbiamente tale tipo di aumento – continua la nota – in un momento di crisi come l’attuale, pesa particolarmente sui giovani anche se i contributi per i primi tre anni di iscrizione ed entro i 35 anni di età sono pagati per il 50% ma valgono come pagati per intero a seguito di una permanenza in Inarcassa di almeno 25 anni. La riforma previdenziale, voluta dal ministro Fornero per garantire la sostenibilità delle Casse, mette dunque alla prova la sostenibilità della libera professione: ogni architetto o ingegnere il 1° gennaio di ogni anno si trova già un fardello di circa 5.000 euro da pagare a prescindere o meno se quell’anno fatturerà in modo sufficiente non a guadagnare ma a coprire le spese: il contributo minimo Inarcassa, l’assicurazione obbligatoria e i costi della formazione obbligatoria”. “A nostro avviso – continua Garofalo – il problema fondamentale non è però ridurre i pagamenti a Inarcassa dei neoiscritti, che peraltro ne avrebbero poi un danno dal punto di vista previdenziale, perché non ci sono i redditi, ma consentire ai liberi professionisti di averli questi redditi! Quindi al là di tutte le possibili misure e dilazioni di pagamento che si possono mettere in campo occorre creare delle vere occasioni di lavoro. Dal punto di vista economico Inarcassa, costituita solo da liberi professionisti, ha ben compreso il problema, tant’è che in questi giorni ha deliberato una linea di credito di 150 milioni di euro – immediatamente disponibile, senza garanzie e rimborsabile in tre anni – per consentire la rateazione dei debiti contributivi dei colleghi in difficoltà”. “In particolare ha pensato ai giovani iscritti con un reddito sino a 15.000 euro che potranno beneficiare di una dilazione specifica fissa a tre anni, con un tasso del 3% – che consentirà di rateizzare un terzo dei 2.900 euro di contributi minimi portando la scadenza al 2016, congelando di fatto l’aumento creato dalla riforma e consentendo all’iscritto di non perdere anni preziosi per la sua futura pensione”. “D’altra parte va detto – continua il presidente Inarsind – che con il sistema contributivo ogni diminuzione di quanto versato – oltre il minimo collegato all’assistenza – non comporta maggiori oneri per Inarcassa mentre, di contro, fa rischiare al professionista di avere a fine carriera una pensione talmente bassa da rendere insostenibile la sua vecchiaia”. “In definitiva non condividiamo i recenti attacchi alla nostra cassa che fa quel che può rendendosi conto delle difficoltà in cui versano i liberi professionisti, anche se riteniamo che con il nuovo sistema occorra mirare ai migliori rendimenti possibili che influiscano direttamente sulle prestazione previdenziali degli iscritti. Per questo è necessario ridurre drasticamente le spese di gestione e quindi via alla radicale riduzione dei numero dei delegati (230 per 160.000 iscritti), via spese inutili e improduttive come quelle per la Fondazione e Inarcommunity che negli anni hanno dimostrato solo di essere una fonte di spese: si pensi, invece, a una struttura amministrativa più snella e ‘performante’ possibile”. “Riduciamo al massimo i costi dell’organizzazione e destiniamo i risparmi non allo “Stato sprecone”, come voleva il governo Monti, ma alla previdenza e all’assistenza dei nostri giovani colleghi che, al perdurare di questa tragica crisi economica, rischiano di essere espulsi definitivamente dalla libera professione”. Garofalo conclude ricordando la necessità, ormai improrogabile proprio per rendere sostenibile la libera professione prima e la previdenza poi, “di abolire ogni forma di doppio lavoro di dipendenti e docenti che fanno la libera professione “a lato” di un’altra attività già retribuita e già fonte di un altro trattamento previdenziale perché solo così i giovani potranno avere un reddito accettabile e pagare i contributi minimi necessari per avere una pensione decente”. In un momento di difficoltà come quello che stiamo vivendo è necessaria chiarezza e trasparenza su tutto ciò che riguarda la categoria, ed è ciò che Inarsind intende promuovere anche mediante un incontro sulla riforma previdenziale e sui rapporti con Inarcassa in programma a breve, in cui sviluppare un confronto tra i colleghi, giovani o meno, e gli addetti ai lavori che esprimono posizioni differenti sulla riforma per proporre insieme delle azioni che possano restituire redditi, dignità e identità ai liberi professionisti.

mag 22 2013

No all’aumento dei contributi minimi di INARCASSA a 3000€ FIRMA LA PETIZIONE

Per l’anno 2013 i contributi minimi per gli iscritti ad INARCASSA, cioè architetti ed ingegneri, saliranno complessivamente a 2.910 Euro, con un incremento di quasi mille Euro rispetto al 2012.

In dettaglio i contributi saranno di 2.250 Euro per il soggettivo e di 660 Euro per l’integrativo, oltre naturalmente al 4% che ogni professionista deve inserire in ogni fattura.

Inoltre, dal 1° gennaio 2013 il contributo integrativo (cioè l’aliquota del 4% da inserire in fattura) è dovuto anche sui corrispettivi relativi alle prestazioni effettuate in favore di colleghi ingegneri ed architetti.

In questo momento di profonda crisi, in particolare per il settore delle costruzioni, un aumento del 50% dei contributi previdenziali è una misura iniqua nei confronti di una categoria di professionisti che sta già pagando gravemente le difficoltà in cui versa tale settore.

Discutiamo su come riformare SERIAMENTE la previdenza, ma questa riforma che danneggia le fasce di reddito più basse non la vogliamo.

FIRMA LA PETIZIONE O LASCIA UN COMMENTO

mag 22 2013

Aprire Partita IVA in regime dei minimi

Guida all’apertura di Partita IVA in regime dei minimi, ossia il regime fiscale agevolato per nuove attività d’impresa modificato con la manovra finanziaria Monti.

Se avete buone idee e volete mettervi in proprio siete sulla buona strada per diventare imprenditori. Se pensate di fare tutto da soli senza l’aiuto di collaboratori o personale dipendente, allora potete avviare un’attività avvalendovi del regime dei minimi.

 Con questo articolo vediamo quali sono le tappe più importanti per aprire la Partita IVA e diventare imprenditore.

 Come aprire Partita IVA

Il primo passo è richiedere l’apertura della Partita IVA all’Agenzia delle Entrate compilando il modello di inizio attività – per imprese individuali e lavoratori autonomi è il modello AA9/10 e presentarlo entro 30 giorni dalla data di inizio attività. CONTINUA

mag 17 2013

Esodati e indigenti. Chi tutelare per primi?

Un “esodato” é un dipendente anziano di un’azienda in crisi che a fronte di un accordo sindacale non viene licenziato, ma viene tolto dal suo posto di lavoro in esubero, con la garanzia di un salario seppure ridotto, fino al raggiungimento dell’età pensionabile.

In questo modo al licenziamento “secco” si sostituisce un’uscita “morbida” che consente all’impresa in crisi o in ristrutturazione di ridurre i costi del personale e quindi attivare l’azione di risanamento che si prefiggeva, ovvero di “salvare” il posto di lavoro di chi resta.

Di converso questo tipo di accordo sindacale aumenta i costi sociali a carico di tutti gli altri lavoratori.

Con la riforma Fornero, che ha spostato i termini dell’età pensionabile, si è creato il problema di coprire i costi che lo stato avrebbe dovuto sostenere per garantire una seppur minima retribuzione a questo considerevole numero di lavoratori.

Molti si sono impegnati a cercare le risorse mancanti, poche le autocritiche sulla bontà della soluzione attivata per “salvare” le aziende in crisi e “convincere” i lavoratori che avrebbero dovuto essere licenziati.

Torneremo sull’argomento perché la soluzione di scaricare i costi dei licenziati sulla collettività nascondeva una concezione dell’economia distorta che ora piano piano si manifesta nella sua evidenza, visto che, per salvare qualche azienda decotta, ora si stanno mettendo a rischio i conti dello Stato e quindi tutte le altre.

Ma torniamo agli esodati. Prima di proseguire nel ragionamento dobbiamo fare una premessa: un principio è giusto se vale per tutti coloro che si trovano nelle medesime situazioni ed è ingiusto di converso se vale solo per alcuni “privilegiati”.

Se la riforma crea problemi seri a tutte quelle persone che sono troppo vecchie per trovare una nuova collocazione e troppo giovani per andare in pensione, allora non si comprende perché debba esserci una discriminazione tra quelle che hanno perso il lavoro perché hanno concordato coi sindacati la loro uscita dall’azienda in crisi, da quelli che invece, nonostante abbiano la stessa età, vengano licenziati da piccole imprese artigiane al di fuori di accordi sindacali.

Il principio di solidarietà non può riguardare solo gli esodati delle grandi aziende. L’allungamento dell’età pensionabile è un problema di TUTTI i lavoratori, non solo degli esodati.

Il discrimine per il riconoscimento del sussidio statale non dovrebbe riguardare chi è esodato e chi invece non lo é, ma tra chi é indigente e chi non lo é.

In altri termini, se uno è stato licenziato o meno non c’entra nulla col bisogno legato alla sopravvivenza che può riguardare anche un anziano o un giovane indigente, seppure non abbia mai lavorato.

Il problema quindi diviene più generale, grande e complesso e travalica nella politica sociale che dovrebbe essere attivata per sostenere le famiglie più “deboli” e non circoscritto ai lavoratori che hanno perso il lavoro e tantomeno solo quelli delle grandi aziende.

Limitare il problema degli esodati ai soli esodati non solo é restrittivo, perché risolve il problema solo per alcuni (tra l’altro spesso alcuni esodati potrebbero avere altri redditi o addirittura essere componenti di famiglie con doppio o triplo stipendio) ma anche ingiusto perché non tratta tutti i lavoratori allo stesso modo.

Il problema vero, ovvero della solidarietà sociale resta, anzi si acuisce, perché crea disuguaglianze tra lavoratori.

Ora si punta a rifinanziare i cassaintegrati delle grandi aziende senza alcun riferimento ai redditi complessivi familiari come se esodato equivalesse a “indigente”.

E i commercianti, i professionisti, gli artigiani e i piccoli imprenditori falliti e i loro dipendenti, e i pensionati e i giovani disoccupati?

Ancora una volta i sindacati cercano di tutelare prioritariamente i loro iscritti dimenticandosi il criterio di equità e giustizia, ma così facendo si sta creando le premesse per una pericolosa frattura sociale che mette i lavoratori gli uni contro gli altri e mina alla radice il concetto di solidarietà.

Bisognerebbe quindi distinguere tra Stato sociale dinamiche economiche. Le aziende decotte che non stanno sul mercato vanno chiuse, se non altro per dare spazio alle altre che restano. Chi perde il lavoro, qualunque sia l’azienda che lo licenzia e qualunque sia il motivo, dovrebbe trovare uno Stato che dia una mano al suo nucleo familiare almeno per sopravvivere, fintanto che un membro trovi un altro posto di lavoro o delle risorse che consentano di fare a meno del sussidio statale. Non si può lasciare la gente sulla strada solo perché non gode di un accordo sindacale.

Si dice che non ci sarebbero risorse per tutti. Questo é vero ma solo se i sussidi fossero distribuiti secondo criteri errati e non invece secondo la reale necessità dei cittadini meno abbienti come avverrebbe con la tutela a spada tratta dei soli esodati che toglierebbero risorse ai più indigenti.

E’ necessario rivedere la politica di assistenza sociale mettendo al primo posto le famiglie indigenti qualunque sia la ragione della loro indigenza.

mar 25 2013

ATTENZIONE – E’ IL 31/03/2013 il Termine ultimo entro cui segnalare telematicamente all’INAIL i nominativi dei Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS).

mar 20 2013

Aspi: Inps diffonde nuove tabelle, crescono le aliquote contributive

Con il messaggio 4623 del 15 marzo scorso, l’Inps ha diffuso le tabelle con le aliquote contributive applicabili dal 1^ gennaio 2013. Si tratta delle aliquote previste per i diversi settori nei quali operano le aziende che effettuano le rispettive attività, agricoltura inclusa, con personale dipendente.

Quest’anno le tabelle assumono un peculiare rilievo dal momento che dal 1^ gennaio è formalmente entrata in vigore l’Aspi per il cui finanziamento si preannuncia una contribuzione ripartita su tre distinti livelli: il contributo ordinario, quello aggiuntivo ed infine il contributo correlato all’interruzione di alcuni rapporti di lavoro. CONTINUA

mar 16 2013

Pubblicata la Raccomandazione del CTI con le nuove modalità di calcolo della prestazione energetica degli edifici e della loro classificazione

E’ stata pubblicata la Raccomandazione CTI 14 sul calcolo dell’energia primaria ai fini della determinazione della prestazione energetica degli edifici e della loro classificazione.

 

Il documento si pone come obiettivo quello di chiarire alcuni aspetti non ancora del tutto definiti sul calcolo dei fabbisogni energetici degli edifici, come ad esempio:

le modalità di valutazione dell’apporto di energia rinnovabile nel bilancio energetico

il peso dell’energia elettrica esportata

la definizione della compensazione dei fabbisogni energetici attraverso fonti rinnovabili

la valutazione dell’energia elettrica da unità cogenerative

In definitiva la nuova Raccomandazione del CTI definisce tutto ciò che è richiesto a livello nazionale per effettuare il calcolo in modo univoco, tenendo conto di quanto specificato in termini generali nella pertinente normativa UNI EN in vigore e nelle UNI/TS 11300.

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