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nov 12 2013

Mediazione: gli indirizzi interpretativi del Coordinamento della Conciliazione Forense

L’Assemblea del Coordinamento della Conciliazione Forense, riunitasi a Pesaro nei giorni scorsi, ha costituito l’occasione per gli Organismi di mediazione forense di confrontarsi sulla recente normativa in materia di mediazione.

Il D.L. 69/2013 (cosiddetto «decreto del fare»), infatti, come convertito nella L. 98/2013, ha innovato significativamente la normativa sulla mediazione civile e commerciale di cui al D.Lgs. 28/2010, già oggetto dell’intervento demolitorio della Corte costituzionale. L’obbligatorietà della mediazione è stata reintrodotta nella formula più attenuata (e meno costosa) dell’incontro preliminare, ma soprattutto è stato ampiamente riconosciuto, sotto diversi profili, il ruolo dell’avvocato nello svolgimento del procedimento di mediazione.

Chiamati, dunque, a cogliere tutte le potenzialità insite

 

 

nel nuovo modello di mediazione (proposto in via sperimentale per quattro anni), gli avvocati facenti parte del Coordinamento hanno formulato i propri indirizzi interpretativi su alcuni aspetti relativi al procedimento, nonché ulteriori standard operativi, da condividere con tutti gli organismi forensi, con il Consiglio Nazionale Forense e con il Ministero della Giustizia.

In merito all’assistenza obbligatoria dell’avvocato viene precisato quanto segue:

1) tutte le parti della mediazione devono partecipare ad ogni incontro e all’eventuale stipula dell’accordo con l’assistenza di un avvocato iscritto all’albo, sia ordinario che speciale. La domanda di mediazione può essere sottoscritta anche dalla parte personalmente, eventualmente indicando l’avvocato che provvederà all’assistenza o riservandosi di avvalersene direttamente all’incontro;

2) l’assistenza dell’avvocato deve ritenersi obbligatoria per tutti i procedimenti di mediazione, siano essi obbligatori, facoltativi, disposti dal giudice o obbligatori in forza di clausola contrattuale.

Sulla competenza territoriale, il Coordinamento della conciliazione forense sottolinea che:

1) l’ODM e il mediatore non sono in alcun modo tenuti a declinare la propria competenza in favore di un altro organismo eventualmente ritenuto competente per territorio, né sono tenuti a formulare alcuna eccezione in tal senso. Il modello di domanda di mediazione può richiamare l’attenzione dell’istante sulle previsioni della legge che dispongono la competenza territoriale;

2) il mediatore è tenuto a dare atto a verbale dell’eventuale eccezione della parte invitata che compaia al primo incontro o che abbia comunicato tale eccezione per iscritto prima dell’incontro.

Ancora, sulle spese di mediazione viene stigmatizzato che la parte che attiva un procedimento di mediazione è tenuta a corrispondere, al momento del deposito della domanda, le spese di avvio, nella misura forfettaria, già prevista dal D.M. 180/2010, di euro 40,00, oltre alle ulteriori spese documentate che l’ODM volesse richiedere. Tutte le altre parti della mediazione sono parimenti tenute a corrispondere le spese di avvio al momento dell’adesione o, in ogni caso, al momento della comparizione al primo incontro. Ogni ulteriore indennità è dovuta soltanto in caso di prosecuzione della mediazione oltre il primo incontro o, comunque, in caso di accordo di conciliazione.

Il Coordinamento formula inoltre le seguenti proposte, auspicando gli opportuni chiarimenti interpretativi o i necessari interventi regolamentari:

- stante l’obbligatorietà dell’assistenza dell’avvocato, si auspica che, nei casi di cui all’art. 17, co. 5bis, D.Lgs. 28/2010, sia consentito espressamente, ai soggetti che si trovano nelle condizioni per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, di poter beneficiare delle stesse condizioni di assistenza giudiziale anche in sede di mediazione, con possibilità di liquidazione delle spese da parte del giudice del successivo eventuale giudizio;

- si ritiene che l’accordo di conciliazione che sia stato sottoscritto anche dagli avvocati, ai sensi del novellato art. 12, co. 1, D.Lgs. 28/2010, possa essere posto in esecuzione dall’ufficiale giudiziario, con la sola produzione del titolo in originale e senza alcuna necessità di apposizione di una formula esecutiva;

- in vista dell’approvazione dei nuovi parametri forensi, in attuazione della legge 247/2012, si ritiene utile e necessario che sia prevista, in conformità alla proposta del Consiglio Nazionale Forense, una voce autonoma di parametro per l’assistenza dell’avvocato nella procedura di mediazione ed una distinta voce per l’assistenza alla redazione dell’accordo di conciliazione; con riferimento alla prima delle due voci, si potrebbe utilmente precisare che il compenso non è dovuto all’avvocato, ove la mediazione fallisca al primo incontro, non svolgendosi pertanto alcuna effettiva attività di mediazione.

nov 10 2013

ASSICURAZIONI, LE POLIZZE PER I PROFESSIONISTI SONO STATE UN FLOP

La legge per la riforma delle professioni aveva sancito l’obbligo per i professionisti – dai commercialisti agli avvocati, ai medici, agli architetti e via dicendo – di stipula delle migliori assicurazioni sulla loro professione, per tutelare loro ma soprattutto i clienti e, nel caso dei medici, i loro pazienti.

Che fosse stata una formula online di assicurazione o una delle più tradizionali, entro il 15 agosto i professionisti avrebbero dovuto mettersi in regola sottoscrivendo la loro copertura assicurativa.

Invece così non è stato. Infatti ad oggi – ovvero a più di due mesi dalla scadenza – i numeri degli assicurati sono minimi, questo anche perché chi non lo ha fatto non rischia niente, o quasi. Continua

ott 29 2013

Legge di Stabilità 2014: sintesi delle misure previste dal Governo.

Il Consiglio dei Ministri ha approvato, su proposta del ministro dell’Economia e delle Finanze due disegni di legge.

Il primo contenente disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di Stabilità 2014).

Il secondo riguardante il bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2014 e il bilancio pluriennale per il triennio 2014-2016.

La Legge di Stabilità per il 2014 segna una svolta nella programmazione economico-finanziaria degli ultimi anni, realizzando le due priorità di politica economica del Governo: favorire la crescita e promuovere l’occupazione. Visualizza articolo completo

ott 28 2013

Occupazione, in Umbria 30mila scoraggiati

PERUGIA – Sono 30 mila gli “scoraggiati” che, in Umbria, si aggiungono ai 42mila disoccupati in senso stretto. Una massa di 72mila persone (in Italia i disoccupati in senso stretto sono 3 milioni, oltre 2,9 milioni milioni gli scoraggiati, per un totale di quasi 6 milioni), 42mila donne e 30 mila uomini, che rappresentano la forza di lavoro potenziale aggiuntiva a quella attuale ma che, tuttavia, non riesce a trovare un’occupazione. Se si tiene conto degli scoraggiati, il tasso di disoccupazione in Umbria sale al 16,7%, rispetto al 10,5% che rappresenta il tasso di disoccupazione in senso stretto.

Un enorme spreco di risorse umane, nella maggior parte dei casi con buoni livelli di scolarizzazione. Risorse che, se impiegate, farebbero innalzare il prodotto interno lordo della regione (e, nel caso italiano, dell’Italia), che non a caso potrebbe avere un aumento potenziale, secondo gli esperti, di circa il 18-19%. Tuttavia non è così e non solo queste 72mila persone non partecipano alla creazione della ricchezza dell’Umbria, ma le loro vite sono caratterizzate, ben che vada, da un elevatissimo livello di precarietà, quando non da gravi situazioni di disagio socio-economico. E con la prospettiva, per chi ha superato i 30-35 anni senza aver avuto la possibilità di lavorare in regola e non ha nell’immediato orizzonte vere e proprie occasioni do lavoro, di avere una vecchiata povera a causa di pensioni che, a fronte di un livello non adeguato di contributi previdenziali, saranno inevitabilmente basse, quando non proprio minime ora che il sistema pensionistico contributivo è entrato a regime per tutti, in luogo del ben più generoso sistema retributivo.

I dati sono stati forniti dall’Istat in occasione della Giornata italiana della statistica, e reperibili anche sul sito www.Istat.it nella sezione I.Istat alla voce lavoro, aprendo poi la sottovoce “occupati” e scaricando la tabella in excel.

I disoccupati in senso stretto

Il tasso di disoccupazione, in verità, sarebbe meglio chiamarlo tasso della disperazione. Perchè, per l’Istat, che utilizza i criteri Eurostat validi in tutta l’Unione europea è disoccupato chi presenta, contemporaneamente, queste caratteristiche: non avere un’occupazione; avere svolto una ricerca attiva di lavoro (domande, invio curriculum, partecipazione a concorsi…) nelle 4 settimane precedenti la rilevazione Istat: essere disponibile – praticamente in modo immediato – ad accettare un qualsiasi lavoro venga offerto, senza porre condizioni di distribuzione dell’orario; essere disposto ad accettare un qualsiasi lavoro nel raggio di 40 chilometri dal luogo di residenza. Ad esempio, un laureato che cerca lavoro, ma che non accetterebbe impieghi sotto un certo livello di qualità, non rispettando uno dei criteri non è considerato disoccupato e finisce tra le non forze di lavoro (di cui fanno parte anche coloro che cercano lavoro ma non solo disponibili a svolgere una qualsiasi occupazione). Fuori dai disoccupati, e quindi dalle forze di lavoro (date dalla somma occupati+disoccupati), è, ad esempio, anche una mamma che cerca lavoro, ma che è obbligata ad accettare, qualora gli venga offerta, solo un’occupazione che preveda orari compatibili con qualli relativi all’accudire i figli.

In Umbria, nel primi 6 mesi del 2013, i disoccupati in senso stretto sono 42mila (in crescita di 4mila rispetto ai 38mila del primo semestre 2013 e di ben 23mila rispetto ai 19mila del primo semestre 2007, prima dell’arrivo della recessione). Di questi, 21mila sono uomini (erano 16mila nel 2012 e solo 7mila nel 2007) e 21mila donne (22mila nel 2012 e 12mila nel 2007).

Gli scoraggiati

Gli scoraggiati, nel primo semestre 2013, in Umbria sono 30mila, (erano 20mila nel primo semestre 2012 e 22mila nei primi sei mesi del 2007). In Italia, come detto, nel primo semestre 2013 sono oltre 2,9 milioni. Si dividono in due sottogruppi.

1° tipo – Coloro che cercano lavoro ma non attivamente. Si tratta di coloro che non lavorano ma l’impiego non lo cercano con continuità, scoraggiati dai precedenti insuccessi. Nella regione nel primo semestre di quest’anno sono 26mila, rispetto ai 15mila dello stesso periodo del 2012 e ai 7mila del primo semestre 2007. In sostanza, dal 2007 ad oggi sono quasi quadruplicati.

2° tipo – Coloro che non cercano lavoro, ma sono disponibili a lavorare. Di questa categoria fanno parte coloro ancora puiù scoraggiati rispetto ai primi. I lavoro, infatti, non lo cercano proprio più, delusi dagli insuccessi precedenti (le persone nella voce precedente, invece, il lavoro lo cercavano, ma non attivamente, ossia in modo continuativo). In Umbria, sempre nel primo semestre 2013, sono 14mila, rispetto ai 15mila dello stesso periodo 2012 e ai 15mila del 2007.

Il totale

In totale, come detto nella regione gli scoraggiati sono 30mila, nel primo semestre 2013, lo stesso numero del 2012. Nel primo semestre 2007, prima della recessione, erano invece 22mila. A questi numeri occorre aggiungere quelli dei disoccupati in senso stretto.Facendo il confronto 2007-2013 si può dire, dati Istat alla mano, che la recessione è costata 23mila disoccupati e 8mila scoraggiati in più, con il tasso di disoccupazione allargato (ossia aggiungendo gli scoraggiati ai disoccupati) che è cresciuto di 6,4 punti percentuali (dal 10,3% al 16,7%).

ott 23 2013

Nella Prima giornata dell’ingegneria della Sicurezza un commento al ‘Decreto del Fare’

Promossa dal Consiglio Nazionale degli ingegneri in collaborazione con il Corpo Nazionale dei Vigili del fuoco, la “Prima giornata dell’ingegneria della Sicurezza” si è tenuta a Roma lo scorso 18 ottobre 2013.

Quanto emerso dall’incontro avvenuto presso l’Istituto Superiore Antincendi, è che nel recente “Decreto del fare” sono contenute novità legislative in materia di snellimento procedurale, ma la maggior parte di queste misure è demandata a decreti attuativi. In tal modo gli adempimenti formali che allungano i tempi, amplificano i costi, creano solo inutile burocrazia. “Quindi tutto cambia affinché nulla cambi”, affermano gli ingegneri, il cui portavoce Armando Zambrano, Presidente del Cni, dichiara:”la sicurezza è connaturata al nostro essere ingegneri. Per noi è un valore sociale e culturale, in quanto il lavoro da noi è finalizzato proprio alla tutela dei cittadini.” Un contributo fondamentale che trova riscontro nelle attività svolte dagli ingegneri operanti nel settore della sicurezza e salute nei luoghi di lavoro, che garantiscono con professionalità e competenza il raggiungimento dei più adeguati livelli di sicurezza. .

“Crediamo sia prioritario fare fronte a questa grave emergenza, perché si tratta di un fenomeno che oltre a rappresentare un costo dal punto di vista umano, pesa anche sul bilancio dello Stato”, ha sottolineato Gaetano Fede, Consigliere Delegato alla sicurezza del Cni.

Negli ultimi anni, infatti, si sono registrati rilevanti progressi sul fronte della prevenzione, ma c’è ancora tanta strada da fare. I recenti dati Inail evidenziano che nell’Industria e Servizi nel 2012 sono stati 584.915 i casi di infortunio sul lavoro rispetto ai 790.427 di quattro anni fa. La flessione la si riscontra anche nell’agricoltura: 42.825 incidenti contro i 53.387 del 2012.

Nel settore pubblico i numeri sono più ridotti ma ugualmente significativi: 28.774 infortuni contro 31.512.

Il caso virtuoso di questa collaborazione tra ingegneri e vigili del fuoco è un punto a favore della sburocratizzazione della macchina amministrativa. Il lavoro degli uffici provinciali dei vigili del fuoco, chiamati ad esprimere pareri sulle progettazioni e richieste di certificazione antincendio è risultato, da una recente indagine realizzata dal Centro Studi del Cni, al primo posto in termini di efficienza nella gestione delle procedure tecnico-amministrative.

ott 23 2013

Tagli all’Irap da 7 a 21mila euro per chi assume

Irap ridotta alle imprese che assumono a tempo indeterminato. È una delle misure che dovrebbero agevolare la creazione di nuova occupazione stabile. La legge di Stabilità prevede uno sconto «ordinario» di 7.500 euro dell’imposta per ogni nuova assunzione rispetto all’organico dell’anno precedente. Una cifra che cresce a 13.500 euro se ad essere assunto è un under 35 oppure una donna. Se poi l’assunzione a tempo indeterminato avviene nelle regioni svantaggiate del Mezzogiorno i bonus Irap aumentano ancora: lo sconto ordinario arriva a 15 mila euro per giungere fino a 21mila euro se si tratta di giovani o donne. Secondo la relazione tecnica del provvedimento, questa misura potrebbe interessare 135mila nuovi assunti con contratti a tempo indeterminato. Lo sconto Irap si potrà sommare ad altri bonus sulle assunzioni.

ott 12 2013

UNICO 2013: l’ultima chance è il 30 dicembre 2013

L’ultima chance per l’invio di Unico 2013 è il 29 dicembre 2013 (90 giorni dal termine per l’invio che slitta al 30 dicembre, perchè il 29 cade di domenica). I contribuenti che ravvedono hanno riduzioni automatiche delle sanzioni applicabili, a condizione che le violazioni oggetto di regolarizzazione non siano state già constatate e comunque non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche. In caso di assenza di imposte dovute, il ravvedimento comporta il versamento della sola sanzione ridotta pari a 25 euro. In caso di dichiarazione unificata, la sanzione deve essere pagata per ciascun tipo di dichiarazione compresa nel modello Unico tardivamente trasmesso. Se sono dovute imposte, oltre a sanare la tardiva presentazione, occorre anche regolarizzare i versamenti eventualmente non effettuati.

ott 10 2013

Dall’ACE all’APE: ecco il punto della situazione!

Le ultime disposizioni in materia di prestazione energetica degli edifici sono state definite dal D.L. 63/2013 (convertito in Legge 90/2013) che prevede la sostituzione dell’ACE (Attestato di Certificazione Energetica) con APE (Attestato di Prestazione Energetica).

A seguito dei vari dubbi sollevati dagli operatori riguardo alla redazione dell’APE, sono intervenuti prima il Ministero dello Sviluppo Economico (V. art. “ACE ed APE: ecco i chiarimenti del Ministero”), chiarendo che il calcolo della prestazione energetica fino all’emanazione di nuovi decreti va fatto ancora secondo il D.P.R. 59/2009, poi il Consiglio Nazionale del Notariato, fornendo indicazioni interpretative in merito all’obbligo di allegare l’APE ai contratti di trasferimento degli immobili (V. art. “Occorre allegare all’APE il libretto dell’impianto? Ecco la risposta del Consiglio Nazionale del Notariato”).

Anche l’ANCE, in una Nota pubblicata il 4 ottobre 2013, ha cercato di fare il punto della situazione sulle disposizioni introdotte dal Decreto.

Il documento chiarisce gli adempimenti che ricadono sulle imprese o proprietari e fornisce indicazioni in merito alle nuove regole per l’attestato di certificazione energetica nelle attività di vendita e locazione.

In particolare, cerca di dare una risposta circa:

i contratti ai i quali è obbligatorio allegare l’APE

la validità dell’APE

la validità della vecchia certificazione (ACE)

le sanzioni previste

le nuove regole nelle regioni con autonomia in materia di prestazione energetica. SCARICA LA NOTA DELL’ANCE

ott 10 2013

Terni, montata la passerella sul Nera

Montata la nuova passerella sul fiume Nera. L’opera è stata installata questa mattina e servirà per collegare la piazza del nuovo complesso residenziale di Corso del Popolo con i giardini che si trovano invia Lungonera Savoia. Si tratta di un ponte pedonale e ciclabile. A coordinare le operazioni di installazione lo studio Corradi Srl di Terni.

ott 09 2013

L’ordine dei geologi lancia l’allarme: "Maggiore cura del reticolo idrogeologico per prevenire disastri a ogni pioggia"

Parla la presidente Maria Teresa Fagioli: “Occorre investire in manutenzione di fossi e torrenti e un nostro coinvolgimento prima che siano decise le scelte urbanistiche”

“La strage strisciante continua, 50 anni dal disastro del Vajont sono serviti se non a nulla, a poco. Anche in Toscana”. Inizia la stagione delle piogge, ed è subito emergenza alluvioni. Maria Teresa Fagioli, presidente dell’Ordine dei Geologi della Toscana, parla di necessità di interventi di manutenzione e di prevenzione. “Il cinquantesimo anniversario della strage di Longarone, viene celebrato in Toscana e Puglia con l’apertura delle stagione dei disastri idrogeologici, anche se di minor rilevanza”.

I morti, in Toscana, sono arrivati da piccoli corsi d’acqua, fossi, che all’improvviso si gonfiano. “Nuovamente a far vittime è stata quella rete minore della quale spesso è complicato anche individuare il soggetto responsabile della manutenzione. Manutenzione nei secoli curata da contadini e montanari, la cui cultura si è rarefatta ed estinta quando queste operose generazioni di nostri antenati hanno avuto la possibilità di sfuggire alla miseria cui erano state costrette”.

Attenzione politica. Ecco che quindi occorre un doppio livello di attenzione. Primo tra tutto politico, poi mediatico.

Ma “forse allora è il caso di dirlo chiaro: se non c’è la volontà politica di investire in manutenzioni che non ripagano in ritorni elettorali, se i geologi li si coinvolge sempre solo dopo che le scelte urbanistiche sono state fatte e finanziate, o quando il danno è avvenuto, se si preferisce incolpare il cielo (meteorologicamente parlando) per non ammettere l’assenza di vigilanza e tutela sul territorio, allora ad ogni pioggia si dichiari lo stato d’assedio, si chiudano la porte dell’Urbe e si attenda il sereno».

Parola d’ordine, manutenzione. Quello che pesa è la mancanza di cura del reticolo di regimazione delle acque. “Come per il Vajont, noi geologi sappiamo perfettamente che la rete idrografica minore, la meno curata, è un vero e proprio campo minato, che si innesca a ogni temporale intenso”.

C’è bisogno di una maggiore attenzione al problema, anche, soprattutto prima che accada un disastro.

“È importante parlare di manutenzione dei fossi, di pulizia degli alvei, di segnalazioni agli automobilisti a non avvicinarsi neppure ai ponti quando il torrente, anche piccolino, li sormonta, di informazione ai cittadini, che non tentino di salvare la macchina dal box quando l’acqua lo sta invadendo, pena fare la fine del topo».

Attenzione mediatica. Oltre alla volontà politica, spesso manca la comunicazione del pericolo. “Almeno, si abbia il buon senso di segnalare la pericolosità di ponticelli e chiaviche, quando l’acqua li sormonta, perché i cittadini, quelli che vivono in città, non ne conoscono il pericolo, e finisce che ci rimettono la vita”.

Purtroppo “come negli anni che precedettero il disastro del Vajont, anche oggi ci si guarda bene dall’informare, educare, avvisare l’opinione pubblica e le future potenziali vittime sullo stato di rischio in cui si trovano. Salvo poi lanciarsi sulla salma fresca, che “la morte in diretta” si sa, fa audience».

 Fonte: Ordine dei Geologi della Toscana

set 30 2013

La mediazione civile e commerciale ritorna di attualità con la conversione in legge del decreto 69 del 2013: novità, criticità e commenti.

La mediazione civile e commerciale ritorna a far parlare di se dopo che la sentenza della Corte Costituzionale l’aveva momentaneamente messa ai margini eliminando l’obbligatorietà del procedimento nelle fattispecie previste dall’articolo 5 del Decreto Legislativo n. 28 del 2010.

Pur ricordando che la mediazione e’ sempre rimasta in vigore nel nostro ordinamento, seppur solo volontaria, il mondo politico si è subito reso conto che la lacuna andava colmata e bisognava al più presto riattivare la normativa inizialmente prevista dal sopracitato Decreto Legislativo. Non dobbiamo purtroppo dimenticare le frange ideologiche , specie di una importante categoria professionale, che hanno da sempre osteggiato la mediazione con mal celati obiettivi di malsano corporativismo. Costoro hanno erroneamente creduto che con la sentenza della Corte Costituzionale la mediazione fosse definitivamente accantonata e ci si dovesse preparare alla solita gestione del conflitto solo ed esclusivamente all’interno dei Tribunali, al massimo con qualche timido tentativo di tavoli di negoziazione guidati solo da una categoria professionale.

L’emanazione da parte del governo del decreto del fare ( Decreto Legge 69 del 2013), ha dato l’occasione per sanare la lacuna normativa creatasi e, nella meraviglia di alcuni, la mediazione civile e commerciale ha visto, dal 21 settembre 2013, il ritorno dell’obbligatorietà nel nostro ordinamento giuridico. Ovviamente, questa iniziativa ha fatto sin da subito scaturire non poche critiche da parte dei detrattori della mediazione efficiente ed efficace.

Prima di proseguire nelle nostre considerazioni, mi preme soffermarmi sulla obbligatorietà dell’istituto della mediazione e sulla sua opportunità ed efficacia in via preliminare o nell’ambito del processo civile. Molte sono state le parole spese in tal senso e con opposti pareri su tale necessità. Personalmente ero ,sono e sarò dell’idea che la mediazione ,pur nascendo da teorie anglosassoni che la vedono squisitamente volontaria ,doveva approdare nella nostra Italica penisola solo attraverso dei percorsi che obbligavano le parti in conflitto a tentare una negoziazione assistita con un terzo neutrale ( mediatore ) e che ogni altra soluzione avrebbe portato ad un inevitabile fallimento. Questa mia convinzione non nasce solo dall’ idea che il nostro Paese sia incredibilmente legato all’esistenza della norma coercitiva che, altrimenti, non viene considerata neanche come vigente, ma anche dall’esperienza pratica delle normative degli ultimi anni che hanno visto il fallimento della mediazione meramente volontaria ( diritto societario). Forse dovremmo far trascorrere almeno un decennio di applicazione delle normative di Adr (alternative dispute resolution) per poter superare l’esigenza dell’obbligatorietà raggiungendo quella adeguata consapevolezza della corretta gestione del conflitto anche al di fuori dei Palazzi di Giustizia.

Tornando all’evoluzione della nuova normativa sulla mediazione, vediamo subito quali sono state le principali novità introdotte dalla legge di conversione del decreto 69/2013 , Legge n. 98 del 2013 pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 194 del 20 Agosto 2013 a modifica del D.Lgs. 28/2010, in vigore dal prossimo 21 settembre 2013:

Definizioni: Nozione di mediazione: ( articolo 1) E’ intesa come l’attività, comunque denominata, svolta da un terzo imparziale e finalizzata ad assistere due o più soggetti nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia, anche con formulazione di una proposta per la risoluzione della stessa.

Accesso alla mediazione. Modalità del procedimento e competenza territoriale: (articolo 4 ) la domanda del procedimento deve essere presentata presso un Organismo di Mediazione tramite il deposito di un’istanza nel luogo del giudice territorialmente competente per la controversia. Se dovessero insorgere più domande in merito alla stessa controversia, il procedimento di mediazione si svolgerà davanti all’organismo territorialmente competente presso il quale è stata presentata la prima domanda.

Condizione di procedibilità e rapporti con il processo ( art.5). E’ stato introdotto il comma 1 bis, avendo la Corte Costituzionale dichiarato l’incostituzionalità del comma 1, che riporta le materie già oggetto di mediazione obbligatoria ( condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno da responsabilità medica , diffamazione a mezzo stampa, contratti assicurativi bancari e finanziari) eliminando l’infortunistica stradale ed aggiungendo il risarcimento per danno da responsabilità sanitaria. Inoltre viene esplicitamente prevista l’assistenza dell’avvocato alla procedura di mediazione. E’ stabilito che il procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale, quindi obbligatoria, per i quattro anni successivi alla data della sua entrata in vigore. Al termine di due anni dalla medesima data di entrata in vigore sarà attivato su iniziativa del Ministero della giustizia il monitoraggio degli esiti di tale sperimentazione. Il comma 2 conferma la possibilità l’esistenza della mediazione delegata dal Giudice, anche in sedi di giudizio di appello, con la novità che ora lo stesso Giudice può disporre e non invitare le parti all’esperimento del procedimento di mediazione. Infine si precisa che, quando la mediazione è condizione di procedibilità della domanda, la condizione si considera avverata se il primo incontro dinanzi al mediatore si conclude senza accordo ( comma 2 bis ).

Durata ( art .6 ). Il procedimento di mediazione deve avere una durata non superiore a tre mesi e non più quattro.

Procedimento ( art. 8 ). All’atto della presentazione della domanda di mediazione, il responsabile dell’organismo designa un mediatore e fissa il primo incontro tra le parti non oltre trenta giorni (prima erano quindici) dal deposito della domanda. Chi intende esercitare in giudizio l’azione ora è tenuto preliminarmente a esperire il procedimento con l’assistenza di un avvocato . Durante il primo incontro il mediatore chiarisce alle parti la funzione e la modalità di svolgimento della mediazione. Il mediatore poi invita le parti ad esprimersi sulla possibilità di iniziare la procedura di mediazione e , nel caso positivo, procede con lo svolgimento.

Efficacia esecutiva ed esecuzione ( art.12 ) Ove tutte le parti aderenti alla mediazione siano assistite da un avvocato, l’accordo che sia stato sottoscritto dalle parti e dagli stessi procuratori costituisce titolo esecutivo per l’espropriazione forzata, l’esecuzione in consegna e rilascio, l’esecuzione degli obblighi di fare e non fare e di ipoteca giudiziale. Gli avvocati presenti attestano la conformità dell’accordo alle norme imperative ed all’ordine pubblico. In tutti gli altri casi l’accordo è omologato, su istanza di parte, con decreto del Presidente del Tribunale, previo accertamento della regolarità formale e del rispetto delle norme imperative e dell’ordine pubblico.

Organismi di mediazione e registro. Elenco dei formatori. ( art.16). Al comma 4-bis si stabilisce che gli avvocati iscritti all’albo sono di diritto mediatori. Viene inoltre specificato che gli stessi iscritti ad organismi di mediazione devono essere adeguatamente formati in materia di mediazione e mantenere la propria preparazione con percorsi di aggiornamento teorico-pratici a ciò finalizzati, nel rispetto di quanto previsto dall’articolo 55- bis del codice deontologico forense.

Risorse , regime tributario e indennità ( art.17 ). E’ stato aggiunto il comma 5 ter che specifica come il mancato accordo all’esito del primo incontro determina la mancata corresponsione del compenso all’organismo si mediazione.

Articolo 2643 Codice Civile – Atti soggetti a trascrizione: E’ stato aggiunto il comma 12 bis che afferma come gli accordi di mediazione che accertano l’usucapione sono trascrivibili con la sottoscrizione del processo verbale autenticata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato.

Dall’elencazione delle principali novità legislative possiamo serenamente dire che la mediazione ne esce completamente ridisegnata e forse non sempre migliorata rispetto alla precedente stesura . Ma andiamo con ordine.

La modifica all’articolo 4 con l’introduzione della competenza territoriale, secondo il modesto parere di chi scrive, rappresenta uno dei punti meno felici della nuova normativa. Cavallo di battaglia di molti, era stato accantonato nella prima stesura per una serie di motivi assolutamente di buon senso e di rilevanza giuridica. L’introduzione della competenza territoriale rappresenta il modo migliore per far apparire l’istituto della mediazione come un quarto grado di giudizio, ossia quanto di meno appropriato si possa pensare per chi crede alle tecniche di ADR come incontro per la risoluzione alternativa delle controversie. Inoltre potrà verosimilmente rappresentare un indubbio motivo di nascita di nuovi contenziosi sui conflitti di competenza territoriale degli organismi. In definitiva, si profila una normativa che dovrebbe tendere alla deflazione del contenzioso ma che, potenzialmente, va nella direzione opposta.

Non dimentichiamo poi delle difficoltà organizzative che i singoli organismi più rappresentativi si troveranno ad affrontare nel gestire tale nuova incombenza .

A supporto dell’esigenza della territorialità sono state portate giustificazioni relative alle possibilità di utilizzo in mala fede della libertà di adire gli organismi senza limiti di competenza, portando quindi al fallimento della procedura mediazione con possibilità di far ricadere la responsabilità della mancata presenza in capo all’altra parte. Si può tranquillamente obiettare che tale situazione, formalmente possibile, nella pratica risulta assolutamente residuale e comunque era sottoposta alla superiore valutazione del giudice nella soccombenza delle spese di giudizio.

Nell’integrazione dell’articolo 5 con il nuovo comma 1 bis si è voluto riscrivere le materie oggetto della obbligatorietà dell’esperimento del procedimento di mediazione considerato, quindi, come condizione di procedibilità della domanda giudiziale. Rispetto al vecchio comma 1 è stata eliminata la materia delle controversie stradali ed introdotta la responsabilità sanitaria oltre quella medica.

Queste novità hanno entrambi una valida giustificazione, in quanto l’eliminazione delle controversie stradali come condizione di procedibilità era stata da molti considerata come opportuna, vista le difficoltà operative di coordinamento della normativa della mediazione con la prassi di liquidazioni dei danni da sinistri stradali. Infatti tale fattispecie era stata caratterizzata dalla più alta percentuale di mancata adesione da parte delle compagnie di assicurazione. Limitarla quindi alla fattispecie di mediazione volontaria può essere una soluzione efficace.

L’introduzione, invece, della responsabilità sanitaria è stata opportuna in quanto ha eliminato una lacuna della vecchia normativa che aveva omesso tale fattispecie considerando solo la responsabilità medica.

Altra fondamentale novità riguarda la previsione della presenza obbligatoria degli avvocati alle procedure di mediazione. La presenza degli avvocati al tavolo della mediazione poteva anche essere un auspicio, in quanto rappresentava una maggiore serenità degli interlocutori al tavolo della negoziazione, ma, non doveva essere un obbligo per le parti che si vedranno obbligate a subire l’onere per i compensi professionali. Inoltre la prassi della mediazione aveva già fatto rilevare la presenza dei professionisti legali nella grande maggioranza delle procedure di conciliazione instaurate. Sinceramente di questa previsione non se ne vedeva la necessità , in quanto assolutamente pleonastica.

Altra novità prevista nel nuovo comma 1 bis dell’articolo 5 è quella relativa alla scadenza della mediazione come condizione di procedibilità prevista in quattro anni e, inoltre, per i primi due anni il Ministero di Giustizia attiverà il monitoraggio degli esiti di tale sperimentazione. I tempi previsti sono obiettivamente molto stringenti tanto da far rischiare di mettere a repentaglio la diffusione della mediazione nella cultura del nostro paese. Non possiamo però, come cultori della mediazione, non avere l’auspicio di vedere comunque i risultati positivi affermati nella cultura della gestione del conflitto nel nostro paese.

E’ invece rilevante positivamente la previsione dell’articolo 5 al comma 2 in cui la mediazione delegata dal giudice anche in grado di appello, può divenire non più un invito ma una specifica disposizione del giudice stesso.

Il comma 2 bis del più volte citato articolo 5 tende a precisare come la condizione di procedibilità possa essere espletata anche nella fattispecie di non raggiungimento dell’accordo già nel primo incontro .

Si evidenzia ancora la modifica all’articolo 6 che sancisce la durata massima della procedura che passa da quattro a tre mesi. Vedremo se tale decisione porterà o meno difficoltà agli organismi nella gestione della articolata procedura. Sicuramente avvalorerà ancora di più il carattere di procedura veloce della mediazione.

Il successivo articolo 8 introduce novità per quanto riguarda il nuovo termine di 30 giorni, dalla presentazione della domanda per la fissazione dell’incontro di mediazione, con l’obbligo dell’assistenza degli avvocati per tutta la durata del procedimento. Questo tempo maggiore per la fissazione del primo incontro sarà molto gradito alle segreterie degli organismi che avevano subito il precedente termine al punto, nella grande maggioranza dei casi, da non ritenerlo termine perentorio.

Altra novità , però di dubbia valenza, è l’obbligo introdotto in capo al mediatore di chiarire alle parti la funzione e le modalità del procedimento, oltre poi chiedere alle stesse parti ed ai rispettivi avvocati di esprimersi sulla possibilità di iniziare la procedura di mediazione e, nel caso positivo, procedere con lo svolgimento. In questa parte della norma il legislatore, in definitiva, ha introdotto una sorta di mediazione preliminare con il successivo giudizio delle parti se continuare oppure no. Il procedimento di mediazione di derivazione anglosassone, in realtà, prevede già che il mediatore esplichi chiaramente alle parti la sua funzione e le modalità di svolgimento del procedimento con il cosiddetto “ monologo del conciliatore” per poi continuare con la mediazione ; quello che invece rende perplessi è la necessità di far subito esprimere le parti sulla continuazione o meno della mediazione. Sappiamo tutti che il primo incontro è, quasi sempre, il più complesso, in quanto il conflitto è ancora vivo e tutti i contrasti sono presenti. Come si può pensare, quindi, che con la semplice spiegazione della procedura e delle sue peculiarità le parti attenuino ogni conflitto e accettino di continuare? Ovviamente molte mediazioni moriranno a questo punto senza neanche cominciare e solo la bravura del mediatore “ professionista” potrà tentare di far evidenziare il BATNA positivo (miglior alternativa al tavolo negoziale) per agevolare gli interlocutori ad un accordo e convincerli a continuare già nel primo incontro.

All’articolo 12 la riforma ha introdotto un interessante procedimento di omologa dell’accordo legato alla presenza degli avvocati al tavolo della mediazione ed alla loro volontà di attestare la conformità alle norme imperative e all’ordine pubblico. In mancanza di tale volontà si potrà richiedere l’omologa col già collaudato sistema di richiesta al Presidente del Tribunale di competenza.

In realtà tale fattispecie è di buon senso, vista l’ormai acclarata presenza dei professionisti forensi al tavolo di negoziazione, e potrà ulteriormente accelerare l’omologa dell’accordo per costituirlo come titolo esecutivo.

L’articolo 16 comma 4 bis, prevede l’iscrizione di diritto degli avvocati al registro dei mediatori pur mantenendo l’obbligo degli stessi alla adeguata formazione in materia di mediazione e l’adeguato aggiornamento come da ordinamento forense (articolo 55 bis). Dobbiamo sottolineare come gli Organismi di mediazione fossero e rimangono sempre liberi di accettare o meno i mediatori che si candidano ad essere iscritti nei loro elenchi, dando rilevanza alla formazione specifica del candidato nelle tecniche di ADR. Quindi il mediatore, qualunque professione eserciti, è un professionista con competenza specifica nell’ambito della mediazione e con adeguata formazione, così come previsto dalla Legge.

L’articolo 17 al comma 5 ter prevede la non corresponsione del compenso all’Organismo nel caso di mancato accordo al primo incontro. Questa previsione normativa apre , secondo noi, molti spunti polemici, in quanto, mentre da una parte prevede un onere obbligatorio per l’assistenza legale, dall’altra introduce la gratuità della prestazione di un altro professionista per il solo fatto che le parti non raggiungono un accordo. Ovviamente rimangono dovute le sole spese di avvio.

Gli Organismi saranno costretti, per vedersi riconosciute le indennità previste, ad effettuare sempre un secondo incontro, quando le parti hanno palesato la loro accettazione a partecipare al tavolo della negoziazione ed alla gestione del conflitto da parte del mediatore. Tutto ciò porterà alla conseguenza inevitabile dell’allungamento della durata complessiva della procedura. Il Legislatore ha voluto far affermare l’idea che la mediazione debba essere comunque non onerosa rendendo, nel contempo, difficile la sopravvivenza degli Organismi privati che, negli ultimi tempi, in numero sempre maggiore si sono visti costretti alla cancellazione dall’elenco con conseguente diminuzione cospicua del numero complessivo degli iscritti .

Si auspica che i consulenti legali presenti al tavolo percorrano in maniera costruttiva il tentativo di mediazione sin dal primo incontro, non cedendo alla tentazione di farlo divenire una mera formalità da superare al più presto. Questo auspicio è fondamentale per avere uno strumento per tentare di superare la nostra difficile posizione di cenerentola mondiale nella graduatoria dell’efficienza giudiziaria. E, come riporta la Commissione europea “,“Justice delayed is justice denied” la giustizia ritardata è giustizia negata.

set 25 2013

Certificazione energetica degli edifici: la norma è oscura

Secondo il Consiglio nazionale degli ingegneri, non è semplice individuare requisiti e titoli di studio abilitanti all’attività di certificatore.

Il Dpr 16 aprile 2013 n.75, che definisce i requisiti che abilitano i tecnici a rilasciare la certificazione energetica, sembra escludere gli ingegneri abilitati e iscritti all’Albo nei casi in cui il titolo di studio non sia citato espressamente nei decreti ministeriali.

Per chiarimenti il Consiglio nazionale degli ingegneri ha inviato una richiesta di parere e intervento ai ministri dello Sviluppo Economico, Flavio Zanonato, dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Andrea Orlando, e delle Infrastrutture e dei Trasporti, Maurizio Lupi.

 Vediamo nello specifico i dubbi principali che hanno condotto ad una richiesta di chiarimenti da parte del Consiglio, ad iniziare dai requisiti stabiliti ai commi 3 e 4:

 il primo richiede l’iscrizione ai relativi Ordini e Collegi professionali e l’abilitazione all’esercizio della professione relativa alla progettazione di edifici e impianti asserviti agli edifici stessi, nell’ambito delle specifiche competenze a esso attribuite dalla legislazione in vigore;

il secondo prevede l’obbligo di un attestato di frequenza, con superamento dell’esame finale, relativo a specifici corsi di formazione per la certificazione energetica degli edifici.

Dalla lettura dei suddetti commi emerge che un ingegnere che ha sostenuto l’esame di Stato può essere escluso dall’attività di certificazione energetica degli edifici, mentre uno non abilitato e non iscritto all’albo potrebbe essere considerato competente per aver superato un corso di formazione.

 Tuttavia, con la circolare n. 367 del 15 novembre 2010 del Consiglio Nazionale degli Ingegneri e la sentenza del Consiglio di Stato n.686 del 09/02/2012, erano già stabiliti i limiti di competenza nella certificazione energetica con riferimento al Dpr 5 giugno 2001 n.328, che ha suddiviso l’Albo professionale nelle due sezioni A e B e tre settori (civile e ambientale; industriale; dell’informazione).

Di conseguenza, viene confermata l’abilitazione del professionista con laurea vecchio ordinamento e già iscritto all’Albo a svolgere tutte le attività proprie della professione di Ingegnere, senza l’obbligo di frequentare e superare ulteriori corsi od esami.

 Pertanto, in base a queste considerazioni, il Consiglio auspica un chiarimento che renda possibile applicare la disposizione del comma 4 solo a professionisti e tecnici che inizino ad operare successivamente all’entrata in vigore del DPR 16 aprile 2013 n.75 e non a quelli già attivi, per non rischiare di paralizzare l’attività delle imprese del settore.

a cura di Anna Carbone

set 22 2013

Architetti, obbligatorie almeno 90 ore di formazione ogni tre anni

Pubblicato il Regolamento per l’aggiornamento e lo sviluppo professionale; entrerà in vigore il 1° gen­naio 2014.

Il Regolamento attua l’articolo 7, comma 1, del Dpr 137/2012 di riforma degli ordinamenti professionali, che impone ai professionisti di “curare il continuo e costante aggiornamento della propria competenza professionale” pena una sanzione per violazione delle norme deontologiche.

 Il testo definisce “aggiornamento e sviluppo professionale continuo” ogni attività formativa che sistematicamente migliora le competenze professionali e le abilità personali necessarie per lo sviluppo dell’architettura, della società e dell’ambiente e prevede che gli iscritti all’Albo degli APPC dovranno acquisire almeno 90 crediti formativi professionali (CFP) ogni tre anni, con un minimo di 20 all’anno, di cui almeno 4 sui temi della Deontologia e dei Compensi professionali. Un CFP corrisponde a un’ora di formazione. Continua

set 21 2013

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