Categoria: edilbank

ago 10 2014

La pianificazione urbanistica nel recupero degli spazi collettivi

Nel comune significato odierno, i termini metropoli e/o area metropolitana derivano dall’unione dei vocaboli greci metera (madre) e polis (città) e sono oramai comunemente utilizzati per indicare aree che rappresentano il nucleo economico-culturale di un territorio, al quale si collegano altre zone urbanizzate; tale concetto ha modificato radicalmente l’abituale idea di “città” utilizzata per molto tempo, variandone infatti gli aspetti fondamentali sia in ambito più squisitamente economico che – soprattutto – in quelli riferiti alla struttura sociale ed alle condizioni di “vita vissuta” da parte dei suoi abitanti.

Senza riferirci a realtà completamente diverse – come quelle delle aree urbane e delle metropoli presenti in altri continenti – se invece ricordiamo specificamente l’Europa e, dunque, anche i territori nazionali, bisogna sottolineare come molte delle iniziative in tale ambito successive all’immediato dopoguerra, siano state distinte da interventi espressi da una sorta di vero e proprio moderno “monumentalismo” dalle forti caratterizzazioni scenografiche.

Solo con gli anni ottanta (da parte delle istituzioni e dei progettisti) si è rilevata maggiore attenzione per il patrimonio storico-architettonico preesistente ed un approccio certamente più misurato, con l’obiettivo di non incidere in maniera incontrollata soprattutto sugli aspetti di vivibilità e sui rapporti interpersonali, alla base di una migliore convivenza per quanti già risiedevano in tali aree.

Tale concetto (almeno per quello che riguarda alcune aree metropolitane estremamente importanti ed altrettanto congestionate), ha trovato migliore riscontro nelle politiche di pianificazione urbanistica degli ultimi anni, in particolare con interventi come quello del Concorso per la Grand Paris, che ha visto una decina di architetti ed urbanisti impegnati nella progettazione della capitale francese dell’immediato futuro.

Proprio a Parigi inoltre, nel 2003 l’Unesco approvò la Convenzione per la salvaguardia del patrimonio culturale, inserendo nel documento il concetto che…“il patrimonio culturale, trasmesso di generazione in generazione, è costantemente ricreato dalle comunità e dai gruppi interessati in conformità al loro ambiente, alla loro interazione con la natura e alla loro storia, e fornisce loro un senso di identità e continuità, promuovendo così il rispetto per la diversità culturale e la creatività umana”; appunto in tale ambito, nel 2004 il Codice Italiano dei Beni Culturali e del Paesaggio riprese gli stessi concetti, confermando che la salvaguardia e la valorizzazione del patrimonio culturale sono indispensabili per conservare la memoria della nostra struttura sociale e – in particolare – anche per riuscire a promuovere realmente una efficace e continua “crescita” culturale.

Di conseguenza, tale consapevolezza ha prodotto indicazioni progettuali che hanno consentito l’introduzione di nuove formule nella pianificazione urbanistica, con le quali percorrere una via di crescita culturale in grado di accogliere proprio i fattori indispensabili alla personalità di ciascun territorio, focalizzando l’attenzione anche sulla valenza e sulle relazioni tra il tessuto urbano e le possibili “potenzialità/opportunità” in ambito culturale, soprattutto come strumenti per una concreta “riappropriazione” degli spazi collettivi. In effetti allora, gli spazi comuni nelle città dei nostri giorni hanno finito per mostrare una serie di trasformazioni che hanno radicalmente modificato la struttura urbanistica di tanti luoghi e, pertanto, le aree pubbliche e quelle più squisitamente definite come “centrali”, hanno assunto sempre più un’importanza ed un’influenza determinante per le persone e per le loro “richieste” in chiave individuale.

Ma allora, la situazione Italiana si è evoluta con le stesse dinamiche?

Crediamo che la risposta sia molto eterogenea e “rallentata” rispetto a molte altre realtà Europee, forse perchè siamo stati in grado di manifestare una inequivocabile “vivacità” sul fronte architettonico, ma siamo tuttora in grande ritardo nell’area della pianificazione urbanistica: a tale riguardo infatti, sono molti gli esempi possibili in città di medie dimensioni, mentre siamo di fronte a vari casi di aree metropolitane che mostrano una mancanza assoluta di quella libertà individuale che – al contrario – rappresenta la domanda più importante da parte di tutti i cittadini.

Proprio in tale ottica pensiamo si possa (anzi, si dovrebbe!) esprimere il potenziale talento degli urbanisti, ai quali spetta verosimilmente l’onere di leggere, comprendere (e concretamente interpretare) tutte le possibili “esigenze” delle diverse aree urbanizzate del Paese.

ago 07 2014

Rc professionale, architetti e ingegneri in cerca della polizza su misura a un anno dall’obbligo di legge

L’obbligo c’è, ma il mercato è ancora tutto da fare. Il 15 agosto compie un anno l’entrata in vigore del Dpr 137/2012, che impone ai professionisti una polizza assicurativa che copra eventuali errori commessi durante l’esercizio dell’attività. Per i medici l’obbligo scatta solo adesso, mentre nel real estate, figure come architetti e ingegneri si sono già adeguati. E anzi, molti erano coperti già prima della norma. Come si stanno muovendo? La maggior parte degli iscritti agli Albi resta fedele alle insegne che già conosceva, quindi sfrutta la polizza convenzionata Inarcassa o quella fornita dalla compagnia abituale. Continua

ago 07 2014

COMUNICATO INFOSTRADA – Attenzione ai finti operatori

Alcuni nostri clienti sono stati contattati da finti operatori Infostrada che li avvisavano di aumenti nei prezzi delle offerte. Ci teniamo a informarti che queste comunicazioni sono completamente false.

Se mai dovessi essere contattato telefonicamente da operatori Infostrada riguardo ad aumenti di canone, introduzione di nuove tasse o aumenti del conto telefonico, ti preghiamo di segnalarcelo.

Basterà telefonare al Servizio Clienti al 155 oppure, dopo esserti autenticato nell’Area Clienti del sito Infostrada, compilare il questionario Segnalazione abusi nella sezione assistenza commerciale.

ago 05 2014

Incentivi per la progettazione interna, pericolo di aumento con il Dl Pa Lo scrive il Servizio Bilancio della Camera. Il nuovo schema, che gira attorno a un fondo unico, è in larga parte basato sui regolamenti delle singole amministrazioni di Giuseppe Latour

Pericolo di un aumento del denaro destinato alla progettazione. Lo scrive il Servizio Bilancio della Camera nell’analisi degli effetti del nuovo articolo 13 bis del decreto n. 90/2014, appena convertito da Montecitorio, che disciplina in maniera diversa rispetto al passato il sistema degli incentivi ai dipendenti della Pa. Il nuovo schema, che gira attorno a un fondo unico, è infatti in larga parte basato sui regolamenti delle singole amministrazioni. Senza orientarne i contenuti in anticipo, potrebbe accadere che la spesa per la progettazione delle Pa, alla fine, aumenti anziché restare invariata o diminuire.

 Per capire cosa è accaduto agli incentivi alla progettazione nel corso di questo passaggio parlamentare bisogna partire dai lavori della Camera. La commissione Affari costituzionali si è trovata tra le mani un articolo 13 che, sostanzialmente, aboliva l’incentivo solo per i dirigenti della Pa, “in ragione dell’onnicomprensività del relativo trattamento economico”. La norma, criticata da più parti, andava emendata. Così, all’inizio della discussione della legge di conversione è spuntata fuori una modifica, appoggiata da Governo e relatore, che aboliva completamente i commi 5 e 6 dell’articolo 92 del Codice appalti, abrogando di fatto l’incentivo alla progettazione. Moriva così il 2% dell’importo posto a base di gara diviso tra il responsabile del procedimento e gli incaricati della redazione del progetto, del piano della sicurezza, della direzione dei lavori, del collaudo, nonché tra i loro collaboratori.

 

Dopo avere compreso esattamente cosa avevano appena votato, però, sono stati gli stessi deputati della commissione Affari costituzionali a decidere che la questione non poteva andare in archivio in questo modo. E hanno sollecitato che il problema fosse riesaminato. Così, con una soluzione piuttosto creativa, il relatore Emanuele Fiano ha lasciato ferma l’abrogazione dell’articolo 13, ma si è inventato un nuovo articolo 13 bis, che istituisce l’incentivo in una nuova forma, facendolo risorgere dalle sue stesse ceneri.

Il cambiamento prevede che le risorse, che continuano ad essere pari, al massimo, al 2% degli importi posti a base di gara di un’opera o lavoro, vengano fatte confluire da ogni amministrazione in un fondo denominato “Fondo per la progettazione e l’innovazione”. In sostanza, il rapporto non si esaurisce più all’interno della singola opera, ma viene allargato a quello che ogni anno ciascuna amministrazione spende in opere pubbliche. Questo pacchetto di fondi andrà impiegato in due direzioni. La prima, e più pesante, è quella degli incentivi alla progettazione: l’80% di questo denaro viene ripartito, per ciascuna opera e lavoro, tra il responsabile del procedimento e gli incaricati della redazione del progetto, del piano della sicurezza, della direzione dei lavori, del collaudo, nonché tra i loro collaboratori. Il restante 20% delle risorse “è destinato all’acquisto, da parte dell’ente, di beni, strumentazioni e tecnologie funzionali a progetti di innovazione, banche dati per il controllo ed il miglioramento della capacità di spesa, ammodernamento/efficientamento dell’ente e dei servizi ai cittadini”.

 

Queste sono le linee generali. Alcuni meccanismi risultano, però, ancora poco chiari. Su molti punti, infatti, l’articolo 13 bis fa riferimento a un regolamento emanato dalla stessa amministrazione, che dovrà andare a tappare una serie di falle della normativa, integrandola. Ad esempio, dovrà fissare la percentuale effettiva di incentivo da stanziare per ogni opera, dovrà stabilire le modalità di riparto tra chi partecipa alla progettazione e, soprattutto, dovrà decidere “i criteri e le modalità per la riduzione delle risorse finanziarie connesse alla singola opera o lavoro a fronte di eventuali incrementi dei tempi o dei costi previsti dal quadro economico del progetto esecutivo”. In pratica, in caso di ritardi o aggravi di costo, l’incentivo dovrebbe, almeno in teoria, essere tagliato.

 

Proprio questo regolamento solleva le maggiori perplessità. Se, infatti, l’idea generale della nuova norma sembra abbattere l’incentivo di un quinto, destinando questo denaro risparmiato a investimenti, il risultato finale non pare garantito. Il motivo è che le amministrazioni dovranno scriversi le regole da sole. E potrebbe prevalere la volontà, a beneficio dei propri dipendenti, di mantenere le cose come stanno, garantendo nei fatti gli stessi bonus che si pagavano prima, senza operare tagli.

E non si tratta di un pensiero malizioso. Il Servizio Bilancio della Camera, infatti, ipotizza addirittura che la norma possa appesantire il carico dei conti pubblici. “Al riguardo – scrive nella documentazione di accompagnamento al decreto – andrebbero forniti chiarimenti sui profili finanziari della disposizione. Infatti, la previsione di un fondo, a valere sulle somme stanziate per la realizzazione delle opere, da destinare in parte a forme di incentivo per il personale incaricato dei lavori di progettazione e direzione delle opere e in parte alla realizzazione di banche dati, potrebbe determinare un aumento complessivo del costo di realizzazione delle opere”. Il motivo è che “non è previsto che l’ammontare del fondo costituisca il limite di spesa riferibile all’intera fase di progettazione, da ripartire tra dipendenti interni e appalti esterni”. Senza un limite di questo tipo, si potrebbe determinare “la possibilità di aumento complessivo delle risorse destinate alla fase di progettazione”

ago 05 2014

Divenire bravi professionisti é facile.

Basta trovare bravi maestri!

ago 03 2014

Ci fidiamo dei concorsi? A volte ci si rende conto che non sono regolari. di Fabio Overkill

Tutti sappiamo cosa succede, a volte diamo per scontato ciò che dovrebbe essere scandalo.  Volete ambire ad un particolare posto di lavoro? Sicuramente dovrete imbattervi in concorsi, anche perchè quasi la maggior parte dei mestieri lo impone, dalle forze armate, ai segretari fino ad arrivare ai posti nelle industrie. Questo è uno metodo che dà la possibilità di occupare in maniera meritocratica, quindi perfetto sia per le aziende che per i partecipanti. Ma la scelta è davvero meritocratica?

Molti infatti hanno denunciato irregolarità nei concorsi tanto che oramai una notizia del genere non farebbe più scalpore, sembra quasi che il concorso serva a voler fingere una selezione che in realtà è stata già effettuata in precedenza. Le agenzie interinali, si prorpio loro, non sembrano nemmeno molto attendibili ma essendo private questo un po’ c’è lo potevamo aspettare, ma quando si riscontrano irregolarità anche nei posti statali, molti ragazzi rinunciano anche a parteciparvi, così facendo si semplifica il lavoro dei “truffatori”. Prendendo come fonte alcuni titoli di giornali proviamo a rendere un’idea generale per chi ancora crede di fidarsi, anche se non è bene generalizzare.

 

Concorso magistratura 2014, “Irregolarità”. Piovono denunce, rischio annullamento 4 luglio 2014 (il Fatto Quotidiano). Università, test con il trucco: nomi dei professori già scritti prima della selezione 24 gennaio 2014 (Redazione Il Fatto Quotidiano). Bari, test truccati per entratre nella Guardia di Finanza, 7 indagati. La procura: «C’era un tariffario» 30 Novembre 2013 (il Messaggero). Questi sono tre titoli scelti a caso ma anche facendo una veloce ricerca su internet si possono trovare migliaia di casi in tutta Italia, da nord a sud. Praticamente per assicurarsi di poter passare ad un concorso bisogna trovare un amico, un parente o qualcuno di fiducia che sia disposto a raccomandarti. A volte basta pagare, ma poi c’è sempre il rischio che una volta pagata la somma, in cambio non si ha nulla. Ma la famosa raccomandazione a chi la possiamo chiedere? Stiamo sempre parlando di cose illegali, e in un paese come il nostro il primo a infrangere la legge è chi legifera, sicuro di potersela cavare con poco o niente. Visto la sua situazione privilegiata, o magari i sindacati che oramai sono parte inegrante della politica.

 Volete alcuni esempi di politici che raccomandano? Recentemente Debora Serracchiani (PD) è stata accusata di aver raccomandato due persone, ovviamente tesserate del partito democratico e cioè Massimo Ceccon e il vice sindaco Davide Bonetto, il tutto attraverso l’agenzia interinale! Ovviamente chiunque potrebbe raccontare una sua esperienza, visto e considerato che la maggior parte delle volte tutto ciò non viene denunciato nonostante si sappia già quale sia stato il metodo di scelta. Non vorrei dilungarmi o annoiarvi, magari non avete letto nulla di nuovo, ma forse non vi siete mai posti la domanda giusta a questo problema e cioè: “Se avete delle capacità, dell’inventiva, voglia di fare o semplicemente svolgere il lavoro che più vi si addice alle vostra capacità, siete nel paese giusto per farlo?”.

ago 02 2014

Il Pescatore dormiglione non pesca neppure il pesce più cojone!

ago 01 2014

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lug 29 2014

Riforma del catasto e revisione degli estimi, la proposta metodologica dei Geometri

Stima del valore patrimoniale e della rendita degli immobili ai fini catastali attraverso un sistema di valutazione uniforme basato sul valore di mercato per il valore patrimoniale e sul canone di mercato per la rendita.

Il Consiglio nazionale dei Geometri e dei Geometri laureati (CNGeGL) ha messo a punto una proposta metodologica ad hoc basata su un sistema di valutazione uniforme per la stima del valore patrimoniale e della rendita degli immobili ai fini catastali.

Antonio Benvenuti, vice presidente del CNGeGL, spiega che “la proposta metodologica elaborata dal CNGeGL per la revisione degli estimi dei fabbricati prevede un sistema di valutazione uniforme per la stima del valore patrimoniale e della rendita degli immobili ai fini catastali; le basi di valutazione sono il valore di mercato per il valore patrimoniale e il canone di mercato per la rendita. Essa consente ai contribuenti di vedere stimato il proprio immobile (di caratteristiche immobiliari note) attraverso una funzione che mostra l’ammontare assegnato alla localizzazione e i prezzi o i redditi stabiliti per ciascuna caratteristica immobiliare della costruzione presa in esame: costruttiva, tecnologica, architettonica, paesaggistica eccetera”.

LE LINEE GUIDA: EQUITÀ, AGGIORNAMENTO DEI DATI, TRASPARENZA, LIMITAZIONEDEL CONTENZIOSO. “La riforma del catasto è una priorità per il Paese”, sottolinea il presidente del Consiglio nazionale dei Geometri, Maurizio Savoncelli (nella foto). “La categoria dei geometri – in virtù della tradizionale capacità di coniugare il rigore estimativo con la conoscenza anche sociologica del territorio – è chiamata a dare il suo contributo. In continuità con quanto illustrato lo scorso febbraio nel corso dell’audizione presso la 6° Commissione finanze e tesoro del Senato e successivi contatti con il presidente, il senatore Mauro Marino, presenteremo a breve nelle sedi competenti – annuncia Savoncelli – una proposta concreta e operativa, basata su quattro linee guida: equità, aggiornamento dei dati, trasparenza, limitazione del contenzioso. Proposta che, messa a regime, consentirebbe di porre fine alle problematiche causate da un catasto statico e non più efficace quale misuratore della fiscalità immobiliare”.

PRESENTATO IL PRIMO TASSELLO SULLE COMMISSIONI CENSUARIE. Ricordiamo che lo scorso 20 giugno il Consiglio dei ministri ha esaminato in via preliminare lo schema di decreto legislativo sulle commissioni censuarie (LEGGI TUTTO), il primo dei decreti attuativi della riforma del catasto, contenuta nella legge n. 23/2014 (delega fiscale). Sul provvedimento che definisce la composizione, le competenze e il funzionamento delle commissioni censuarie (a norma dell’articolo 2 della legge delega) si sono espressi, tra gli altri, Confedilizia , Mirco Mion, presidente dell’Associazione dei geometri fiscalisti – Agefis, l’Associazione nazionale dei costruttori edili – Ance .

IL RUOLO STRATEGICO DELL’ANAGRAFE IMMOBILIARE INTEGRATA. Con un altro intervento, il presidente di Agefis ha posto l’accento anche sul ruolo strategico dell’Anagrafe Immobiliare Integrata, la quale “può essere un utile strumento operativo nella fase di creazione del nuovo catasto fabbricati” e “può rappresentare il mezzo, in possesso degli enti locali, per poter gestire il territorio in modo sempre più efficace”

lug 29 2014

Riforma del Catasto, il ruolo strategico dell’Anagrafe Immobiliare Integrata

Mirco Mion, presidente Agefis: l’anagrafe integrata “può essere un utile strumento operativo nella fase di creazione del nuovo catasto fabbricati” e “può rappresentare il mezzo, in possesso degli enti locali, per poter gestire il territorio in modo sempre più efficace”

Nel panorama delle notizie sulla riforma del catasto – con il primo decreto attuativo sulle commissioni censuarie esaminato in via preliminare dal Consiglio dei ministri del 20 giugno scorso – si parla poco dell’Anagrafe Immobiliare Integrata, che però potrà essere un tema caldo dei prossimi decreti legislativi.

Sul tema interviene il presidente di Agefis (Associazione dei geometri fiscalisti), Mirco Mion (nella foto), con un articolo dall’approccio non polemico ma collaborativo e fattivo, pubblicato oggi sul Quotidiano del Fisco del Sole 24 Ore, e che riportiamo.

L’ANAGRAFE IMMOBILIARE INTEGRATA COME ELEMENTO STRATEGICO DELLA RIFORMA. “Ora che l’operazione catasto ha preso il via con il primo decreto attuativosulle commissioni censuarie varato dal Governo, appare assolutamente necessario riconsiderare l’anagrafe immobiliare integrata come elemento strategico di tale riforma.

Il primo testo normativo in cui si fa riferimento alla necessità di costituire un’anagrafe dei beni immobiliari è il Dlgs del 30 luglio 1999, n. 300, in particolare all’articolo 64, interamente dedicato all’agenzia del Territorio. In questo contesto l’anagrafe immobiliare integrata voleva essere un archivio informatizzato dei beni immobili costituito e gestito dal Territorio, che attestava – ai fini fiscali – lo stato di integrazione dei suoi archivi amministrativo-censuari, cartografici, planimetrici e di pubblicità immobiliare.

Passano però più di dieci anni e solo con il Dl del 31 maggio 2010, n. 78 il legislatore torna a occuparsi del tema con l’articolo 19. In questo testo, infatti, viene indicata nel 1° gennaio 2011 la data-obiettivo per l’attivazione, la costituzione e la gestione dell’anagrafe.

La mansione dell’anagrafe immobiliare integrata dovrebbe essere quella di fornire un efficace supporto alla fiscalità immobiliare, per individuare correttamente gli immobili, la relativa base imponibile e il soggetto titolare di diritti reali, in quanto soggetto passivo d’imposta. Inoltre, dovrebbero essere promossi servizi di consultazione integrata, per permettere a istituzioni, professionisti e cittadini di avere a disposizione – in un’unica soluzione – le informazioni catastali (come ubicazione, consistenza, rappresentazione grafica e valore fiscale) e quelle di pubblicità immobiliare (titolarità di diritti reali, ipoteche, eccetera) in modo più immediato di quanto possa avvenire con le distinte modalità di visura. Inoltre, tra i compiti dell’anagrafe dovrebbe esserci quello di attestare, ai fini fiscali, lo stato di integrazione delle banche dati disponibili presso l’Agenzia, per ciascun immobile.

A differenza di quanto prescritto nel Dl 78/2010, l’attivazione dell’anagrafe è poi avvenuta in via sperimentale solamente a partire dal 26 luglio 2012, e presso 117 Comuni individuati sulla base dell’attuale livello di integrazione delle banche dati.

Occorre quindi individuare e potenziare le indicazioni che emergono all’interno della cornice della legge delega per la riforma fiscale (legge 11 marzo 2014, n. 23) in materia di riforma del catasto, e che portano necessariamente a dover rivalutare questo “archivio” nella chiave del decentramento delle funzioni catastali. L’articolo 2, comma 1, lettera a), della delega impone il coinvolgimento dei Comuni – ovvero delle associazioni o unioni di Comuni – nel cui territorio sono collocati gli immobili, assicurando il coordinamento con il processo di attivazione delle funzioni decentrate. Il concetto di decentramento è ulteriormente e fortemente marcato dalla lettera e) e prevede di “valorizzare e stabilizzare le esperienze di decentramento catastale comunale già avviate in via sperimentale, affinché possano costituire modelli gestionali flessibili ed adattabili alla specificità dei diversi territori, nonché semplificare le procedure di esercizio delle funzioni catastali decentrate”.

Nella fase di implementazione dell’anagrafe in linea con quanto previsto dalla delega, un contributo decisivo potrà arrivare da quei soggetti esperti che possano coadiuvare gli organi dell’Agenzia e dei Comuni per mappare e alimentare la banca dati. Ciò in qualche modo è già indicato al comma 3, lettera c), dell’articolo 2 dove si menziona la possibilità di «prevedere per l’agenzia delle Entrate la possibilità di impiegare mediante apposite convenzioni, ai fini delle rilevazioni, tecnici indicati dagli ordini professionali…».

L’anagrafe immobiliare integrata, infatti, può caratterizzarsi, in questo contesto di rinnovamento, in maniera duplice. Da un lato può essere un utile strumento operativo nella fase di creazione del nuovo catasto fabbricati, mentre, dall’altro, può rappresentare il mezzo, in possesso degli enti locali, per poter gestire il territorio in modo sempre più efficace, avendo sempre sotto controllo tutti i dati catastali e ipotecari.”

lug 25 2014

Investimenti in 24 progetti di sviluppo: in arrivo 25mila posti lavoro

Il premier Renzi ha firmato 24 contratti di sviluppo che valgono 1,4 miliardi di euro e porteranno alla creazione di 25 mila posti di lavoro: i dettagli.

Con la firma di 24 progetti di sviluppo e 1,4 miliardi di euro di investimenti italiani ed esteri, dei quali circa 700 milioni sono pubblici, il governo Renzi punta a garantire l’avvio di 25 mila posti di lavoro tra creati e salvaguardati. I contratti firmati andranno a sostenere altrettanti progetti strategici di investimento in Italia con particolare attenzione per il Mezzogiorno: l’80% riguarda il Sud o meglio le quattro regioni dell’obiettivo Convergenza (Campania, Calabria, Puglia e Sicilia). La maggior parte delle fonti di finanziamento derivano dai fondi europei. Continua

lug 19 2014

Come ci si presenta ad un colloquio di lavoro?

Analisi degli errori più frequenti.

Come si analizza e si risponde ad una inserzione di ricerca di personale, quale forma deve avere un buon curriculum?

Quale abito, quale l’ atteggiamento vero il selezionatore? cosa portare con se? é meglio essere seri, spiritosi, aggressivi, pacati, sicuri di se o remissivi? parlare delle proprie aspirazioni o ascoltare assertivamente per timore di esprimere opinioni con condivise dal selezionatore?

Quali sono le caratteristiche che cerca in voi il selezionatore? come il selezionatore sceglie la rosa dei candidati per la selezione finale?

Il superamento di una prova di selezione non dipende solo dal caso o dalle raccomandazioni, ma anche dalla tua capacità di prevedere cosa accadrà e prepararti psicologicamente per da una buona impressione di te.

Di tutto questo si parla con uno psicologo e selezionatore del personale che ci mosttrerà come pensa il selezionatore e ci darà utili consigli quando dobbiamo presentarci ad altri per un colloqui finalizzato alla selezione del personale o semplicemente per dare una prima buona impressione di se.

L’incontro avrà luogo a Foligno, nei primi gorni di settembre 2014.   

Informazioni 0742 354243 mail: formazione.cse@gmail.com

 

lug 19 2014

Premi, pure in Provincia tutti bravissimi

Dipendenti, parlano i sindacati: tutto ok, ma sistema da rivedere.

Anche in Provincia sono tutti “bravissimi”. Dopo il servizio pubblicato ieri su queste colonne sui premi produttività distribuiti ai dipendenti del Comune (premio massimo per il 97% dei lavoratori il cui operato è stato giudicato con il massimo dei voti), si scopre che anche in Provincia le cose non sono tanto diverse. Anzi. Pure qui tutti gli uffici sono pieni di “bravissimi” dipendenti che prendono il massimo dei voti e che, per questo, ottengono il massimo del premio produttività previsto. Una situazione che ieri, proprio da queste colonne, un sindacalista che ha preferito rimanere anonimo ha definito essere «quantomeno anomala». Continua

lug 19 2014

18/07/2014 – La pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto-legge n. 90/2014 mi ha offerto qualche giorno fa uno spunto di riflessione sull’utilità della Rete delle Professioni

Tecniche (RPT). Al mio spunto ha risposto presente il Presidente del Consiglio Nazionale degli Ingegneri, nonché Coordinatore della RPT Armando Zambrano che senza mezze misure ha parlato di grande successo per l’organismo che raccoglie 600 mila professionisti dell’area tecnica.

 La risposta di Armando Zambrano

“Ricordo a chi ne mette in discussione l’utilità – afferma Zambrano – che la Rete delle Professioni Tecniche è nata in primo luogo per coordinare la presenza a livello istituzionale degli enti rappresentativi delle professioni tecniche e scientifiche che vi aderiscono. In questo senso ha ottenuto importanti e significativi riscontri, essendo ormai riconosciuta a livello istituzionale come rappresentante delle nove professioni coinvolte. Presentandosi non singolarmente ma come Rete, tutte le professioni tecniche hanno accresciuto la capacità di incidere sui processi anche normativi che le vedevano prima ai margini”.

 Quindi il Coordinatore della Rete pone l’accento, tra gli altri, sul significativo risultato ottenuto in occasione della promulgazione del Decreto n.143 (31 ottobre 2013), recante la determinazione dei corrispettivi da porre a base di gara nelle procedure di affidamento di contratti pubblici dei servizi relativi all’architettura ed all’ingegneria, da anni atteso da tutti professionisti del settore.

 “Senza l’azione incisiva della Rete delle Professioni Tecniche – rivendica Zambrano – questo decreto non avrebbe mai visto la luce. Oltre a questo sono decine le proposte di legge, gli emendamenti e i documenti elaborati e condivisi in seno alla Rete che hanno trovato grande attenzione in seno alle istituzioni e alle forze politiche, soprattutto perché elaborati da un nuovo soggetto che rappresenta oltre 600 mila professionisti. In questo senso, La Rete ha dato voce unitaria alle istanze di professioni che costituiscono il patrimonio di conoscenze tecniche e scientifiche del paese. Questo è stato ed è un grande successo”.

 “Certamente – conclude Zambrano – occorre fare dei passi avanti. La scelta di formalizzare la nascita di questo nuovo soggetto attraverso la sottoscrizione di un formale statuto e di dare alla nuova associazione un’organizzazione autonoma, negli ultimi mesi è stata rallentata dall’impegno che ci ha visti protagonisti sulle cose concrete. Ma il percorso sta per arrivare a compimento. Nel mese di settembre, ad esempio, la Rete potrà contare su una sede propria e il suo sito Internet è in corso di implementazione. Forse in questi mesi abbiamo più “fatto” che “comunicato”. Questo anche perché, in molti dei tavoli nei quali siamo coinvolti, ci si chiede più di avere contributi concreti che non azioni mediatiche di corto respiro”.

 Le mie considerazioni

Partendo dalla parte finale della risposta e quindi dalla possibilità di migliorare l’attuale situazione, mi chiedo e chiedo al Coordinatore Zambrano:

la promulgazione del decreto n. 143/2013 sulla determinazione dei corrispettivi da porre a base di gara risponde a tutte le perplessità manifestate nell’articolo?

nell’era della comunicazione, del web e dei social network è possibile non associare alle “presunte” azioni concrete anche sufficienti azioni mediatiche che mettano a conoscenza i 600 mila professionisti dell’area tecnica di ciò che sta accadendo?

come mai i singoli Consigli Nazionali hanno avuto il tempo di emettere con assiduità comunicati stampa sui temi più disparati, mentre la RPT non è quasi mai intervenuta?

quali sono i risultati concreti per i professionisti che ogni giorno devono contrastare con una normativa tecnica impazzita, un mercato ridotto all’osso e i continui oneri che il Governo impone (assicurazione, POS, formazione, previdenza,…)?

 Per ultimo, il mio precedente articolo (clicca qui) facendo riferimento al percorso di conversione in legge del D.L. n. 90/2014 chiedeva alla Rete delle Professioni Tecniche e al suo coordinatore di prendere (e rendere nota) una chiara posizione sul problema dell’incentivo del 2% alla progettazione per i tecnici della P.A. La risposta di Zambrano è stata chiarificatrice?

 Pur comprendendo che il problema dell’incentivo sia tale solo in un periodo di “vacche anoressiche” come questo, ci rendiamo conto che i professionisti, oggi più che mai, hanno bisogno di sostegno e di sapere che i propri rappresentanti stanno facendo l’impossibile per difendere i loro (pur ridotti al lumicino) diritti.

 Sarebbe, infine, molto interessante sapere cosa ne pensano della Rete delle Professioni Tecniche anche gli altri protagonisti che ne fanno parte come Leopoldo Freyrie del CNAPPC, Gian Vito Graziano presidente dei Geologi o Maurizio Savoncelli presidente dei Geometri.

 Attendo fiduciosa la risposta del Coordinatore Zambrano. Ilenia Cicirello

lug 16 2014

NON SI PRESENTERA’ MAI UNA SECONDA OCCASIONE

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