Categoria: discussione-settimana

mar 14 2015

Servizi di Architettura e Ingegneria: il commento dei Geologi alle nuove linee guida ANAC

In un panorama complessivo connotato da forti criticità e da un quadro normativo farraginoso e conflittuale che determina una sempre maggiore penalizzazione delle libere professioni (in particolare di quelle di area tecnica) non possiamo non accogliere con moderato ottimismo e con un certo grado di soddisfazione la pubblicazione della determinazione 25 febbraio 2015, n. 4 dell’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) recante “Linee guida per l’affidamento dei servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria”. Tratto da www.lavori pubblici.it

 La pubblicazione segue la fase di consultazione pubblica avviata dall’Autorità durante la quale la Rete delle Professioni Tecniche, per il tramite di un tavolo tecnico appositamente istituito, ha formulato le proprie osservazioni e considerazioni tese in sintesi alla risoluzione delle seguenti criticità:

La scarsa o errata applicazione da parte delle stazioni appaltanti del D.M. 143/2013 per la determinazione degli importi da porre a base di gara;

Il diffuso utilizzo del criterio di aggiudicazione del prezzo più basso con il conseguente fenomeno dilagante dei ribassi eccessivi che comportano scarsa qualità della progettazione e criticità in fase di realizzazione delle opere;

La limitazione alla partecipazione alle gare dei professionisti più giovani ed agli studi professionali di piccole dimensioni attraverso l’introduzione di requisiti di fatturato e di organico minimo fortemente penalizzanti.

In relazione a tali criticità la rete delle Professioni Tecniche aveva formulato una serie di proposte che hanno trovato solo un parziale accoglimento.

Tuttavia, con particolare riferimento a ciò che attiene alla peculiarità della nostra professione, al di là di alcune forzature interpretative della norma su aspetti particolari, il giudizio complessivo deve tener conto dell’indirizzo generale che sostanzialmente si fa carico delle riserve espresse e traccia una linea di comportamento per le stazioni appaltanti che non potranno più derogare da alcuni principi fondamentali imposti dalla norma.

Tra le specificazioni più rilevanti si segnalano in sintesi:

L’obbligo per le stazioni appaltanti di determinare i corrispettivi per i servizi di ingegneria e architettura applicando rigorosamente le aliquote di cui al d.m. 143/2013 predisponendo un quadro analitico delle prestazioni (suddivise per classi e categorie) da affidare e dei relativi corrispettivi da porre a base di gara.

L’obbligo, per motivi di trasparenza e correttezza, di riportare nella documentazione di gara il procedimento adottato per il calcolo dei compensi posti a base di gara al fine di consentire ai potenziali concorrenti di verificare la congruità dell’importo fissato e l’assenza di eventuali errori di impostazione o calcolo

Il richiamo alla applicazione dell’Art. 266 del Regolamento (DPR 207/2010) e dunque all’utilizzo del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, con riferimento alle procedure aperte da utilizzare per gli affidamenti superiori a 100,000 euro, che appare il più idoneo a garantire una corretta valutazione della qualità delle prestazioni offerte dagli operatori economici.

La specificazione (Par. 6.1), sempre nell’ambito di affidamenti per mezzo del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, di stringenti criteri per disincentivare la formulazione di ribassi eccessivi e garantire la selezione di progetti di qualità.

La specificazione dei criteri, relativamente alla formazione degli elenchi di operatori economici da cui attingere per l’affidamento di prestazioni sotto la soglia dei 100.000 euro attraverso procedure negoziate, finalizzati a garantire la trasparenza, il divieto di cumulo di incarichi, la rotazione nella scelta dei nominativi a cui rivolgere la richiesta di offerta.

In ultimo non possiamo non rilevare che la Determinazione in questione riporta al Paragrafo 1 (Inquadramento generale), tra gli elementi di base, la previsione normativa di cui all’art. 91, co. 3, del Codice, in base alla quale non è consentito il subappalto di prestazioni relative alla redazione della relazione geologica con la conseguente deduzione che: “… nel gruppo di progettazione, sia presente almeno un geologo, ove siano necessarie tali prestazioni”. Tale riferimento, che si potrebbe semplicisticamente derubricare a semplice richiamo normativo, assume in realtà una valenza particolare in relazione al fatto che ancora oggi la violazione di tale previsione di Legge rappresenta una delle più frequenti cause di impugnativa dei bandi per via giudiziaria da parte degli Ordini Territoriali.

A cura di Paolo Cappadona – Consiglio Nazionale Geologi

mar 09 2015

Il Milleproroghe 2015 e’ legge, ecco tutte le novita’ per l’edilizia. Di Giorgio Tacconi

Dall’antincendio all’edilizia scolastica, dai cantieri dello ‘Sblocca Italia’ allo smaltimento rifiuti, ecco le principali novita’ del decreto Milleproroghe 2015, diventato legge. 

La Camera dei Deputati e il Senato della Repubblica hanno approvato la legge di conversione del decreto-legge 31 dicembre 2014, n. 192, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative, il cd. Milleproroghe. Il testo del decreto-legge (in G.U. serie generale – n. 302 del 31 dicembre 2014), coordinato con la legge di conversione 27 febbraio 2015, n. 11, è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale – Serie Generale n .49 del 28-2-2015 ed è visibile a questo link. E’ in vigore dal 1° marzo 2015.

Il provvedimento contiene alcune novità di interesse per l’edilizia e le professioni tecniche. Le principali novità riguardano:

 Esercizio di impianti fotovoltaici per il quinto Conto energia: art. 3 comma 3-bis, proroga 30-09-2015

 Prorogato al 30 settembre 2015 il termine entro cui devono entrare in esercizio, per essere ammessi alle tariffe incentivanti, gli impianti fotovoltaici iscritti nel registro del Gse in posizione tale da rientrare nei volumi incentivabili ai fini degli incentivi del quinto Conto energia, da realizzarsi in zone colpite da eventi calamitosi negli anni 2012 e 2013.

Adeguamento antincendio nelle strutture turistico-alberghiere: art. 4 comma 2, proroga 31/10/2015

 Prorogato dal 31 dicembre 2014 al 31 ottobre 2015 il termine per completare l’adeguamento alle disposizioni di prevenzione degli incendi nelle strutture ricettive turistico-alberghiere con oltre venticinque posti letto; esistenti alla data dell’11 maggio 1994; non a norma con la normativa di sicurezza antincendio; che hanno aderito al piano straordinario biennale di adeguamento alle disposizioni di prevenzione incendi,

Adempimenti antincendio per le nuove attività: art. 4 comma 2-bis, 2-ter, proroga 07/10/2016

 Differito di 2 anni, al 7 ottobre 2016, il termine per l’assolvimento degli adempimenti prescritti dagli articoli 3 e 4 del Dpr n. 151/2011, da parte dei soggetti (enti e privati) responsabili delle c.d. nuove attività non assoggettate alle disciplina di prevenzione incendi prima del nuovo regolamento accolto dal Dpr n. 151/2011, che risultavano già esistenti alla data di pubblicazione del citato decreto, a condizione che detti soggetti provvedano agli adempimenti di cui all’articolo 3 del Dpr n. 151/2011 entro 8 mesi.

Interventi di edilizia scolastica – Affidamento lavori: art. 6 comma 4, proroga 31/12/2015

 Interventi di edilizia scolastica – Aggiudicazione lavori: art. 6 comma 5, proroga 28/02/2015

Interventi di edilizia scolastica – Poteri sindaci e presidenti province: art. 6 comma 5-bis, proroga 31/12/2015

 

Prorogati i termini della procedura relativa agli interventi di edilizia scolastica finanziati con il decreto-legge n. 69 del 2013, c.d. decreto del fare, al fine di consentire agli enti locali di completare i lavori in tempo e di accedere ai relativi finanziamenti. LEGGI DI PIU’ QUI

 Appaltabilità e cantierabilità dei lavori previsti da “Sblocca Italia”: art. 8, comma 2, proroga 31/08/2015

Prorogati dal 31 dicembre 2014 al 30 giugno 2015 e dal 28 febbraio 2015 al 31 agosto 2015, rispettivamente i termini per l’appalto e per la cantierabilità delle opere di cui al decreto-legge n. 133 del 2014, comma 2, lettera b). LEGGI DI PIU’ QUI

 Attestazione Soa: art. 8, comma 8, 9, proroga 31/12/2015

Prorogati i termini relativi alla possibilità di utilizzare, per la dimostrazione dell’adeguata idoneità tecnica e organizzativa, l’attestazione Soa in luogo della presentazione dei certificati di esecuzione dei lavori, per consentire una più ampia concorrenza nelle procedure di affidamento a contraente generale ed eliminare il rischio effettivo di creare un circolo chiuso ed inaccessibile di soggetti qualificati. LEGGI DI PIU’ QUI

Smaltimento in discarica rifiuti con Pci superiore a 13.000 kJ/Kg, art. 9, comma 1, proroga 31/12/2015

Prorogato al 31 dicembre 2015 il termine per l’entrata in vigore del divieto di smaltimento in discarica dei rifiuti urbani e speciali con Pci (Potere calorifico inferiore) superiore a 13.000 kJ/Kg (art. 6, comma 1, lettera p), del D. Lgs. n. 36/2003).

 

Appalti per interventi per la mitigazione del rischio idrogeologico, art. 9, comma 2, proroga 30/06/2015

Prorogato al 30 giugno 2015 il termine fissato al 31 dicembre 2014 per la pubblicazione dei bandi di gara e per l’affidamento dei lavori relativi ad interventi di mitigazione del rischio idrogeologico.

 Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (Sistri), art. 9, comma 3, proroga 31/12/2015

Prorogato dal 31 dicembre 2014 al 31 dicembre 2015 il termine iniziale di operatività del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (Sistri) e i relativi adempimenti e gli obblighi per il trasporto dei rifiuti pericolosi (artt. 188, 189, 190 e 193 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152), nel testo previgente alle modifiche apportate dal decreto legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, nonché le relative sanzioni,

 Poteri del Governo in interventi per il trattamento di acque reflue urbane, art. 9, comma 4, proroga 30/09/2015

Prorogato al 30 settembre 2015 il termine per l’esercizio del potere sostitutivo da parte del Governo – con la nomina di commissari straordinari – per accelerare l’adeguamento dei sistemi di collettamento, fognatura e depurazione oggetto di procedura di infrazione o di provvedimento di condanna della Corte di giustizia dell’Unione europea, in ordine all’applicazione della direttiva 91/271/CEE sul trattamento delle acque reflue urbane.

 Libretto impianti termici civili, art. 12, comma 2-bis, proroga 31/12/2015

Differito al 31 dicembre 2015 il termine, scaduto il 25 dicembre 2014, per l’espletamento degli adempimenti relativi all’integrazione del libretto di centrale degli impianti termici civili, previsti dall’articolo 284, comma 2, del D.lgs. n. 152/2006 (Codice ambientale).

mar 01 2015

Geometri e Ingegneri: le competenze per il Consiglio di Stato

Di recente il Consiglio di Stato, ha annullato una delibera di Giunta di un Comune, accogliendo un ricorso presentato in primo grado dall’Ordine degli ingegneri.

 Il geometra non può svolgere le attività tipiche degli ingegneri; deve essere ritenuto illegittimo quindi il relativo atto della Giunta Municipale, diretto agli uffici comunali, con il quale venivano forniti “i necessari indirizzi operativi al Responsabile dell’Area Edilizia Privata e del responsabile dell’istruttoria, relativi ai procedimenti amministrativi in materia edilizia chiarendo che, tra le competenze professionali dei geometri e dei geometri laureati iscritti al Collegio professionale, possa rientrare la progettazione e direzione dei lavori di modeste costruzioni almeno fino a mc. 1500 adottando quindi il criterio tecnico – qualitativo in relazione alle caratteristiche dell’opera da realizzare che deve avere caratteristiche strutturali semplici con moduli ripetitivi sia pur con la presenza del cemento armato, che non richiedano competenze tecniche, particolari e specifiche, riservate per legge ad un diverso professionista, con esclusione di ogni ulteriore aggravio procedimentale a carico del richiedente”.

 In primo luogo il Consiglio di Stato ha segnalato un vizio di incompetenza, in considerazione del fatto che gli enti locali, in materia disciplinare non dispongono di un potere normativo, nemmeno a livello regolamentare.

 Infatti la Costituzione all’art. 117, al comma 3, prevede in tema di professioni una potestà legislativa concorrente tra Stato e Regioni. In diverse occasioni però, la Corte Costituzionale ha precisato che deve essere sempre rispettato il principio di ordine generale, secondo cui l’individuazione delle figure professionali, con i relativi profili ed ordinamenti, è riservata allo Stato, potendo la potestà legislativa regionale disciplinare quei soli aspetti che presentano uno specifico collegamento con la realtà regionale (Corte Cost, 12 dicembre 2003, n. 353; 26 luglio 2005, n. 319; 25 novembre 2005, n. 424; 8 febbraio 2006, n. 40; 23 maggio 2013, n. 98; 18 giugno 2014, n. 178).

 Ai comuni invece non dovrebbe essere riconosciuto alcun potere normativo in materia, in quanto la competenza attribuita dall’articolo 42 del d.lg. 18 agosto 2000, n. 267, ai consigli comunali è circoscritta agli atti fondamentali dell’ente ivi espressamente indicati (laddove la giunta comunale ha una competenza residuale, potendo compiere tutti gli atti che dalla legge non sono riservati al consiglio comunale ovvero che non ricadono, secondo le previsioni legislative o dello statuto, nelle competente del Sindaco) come ha avuto modo di ribadire diverse volte il Consiglio di Stato.

 Relativamente alla distinzione tra le competenze spettanti ai geometri e quelle spettanti agli ingegneri, il Consiglio di Stato fa riferimento ad una sentenza della V sezione n. 2537 del 28 aprile 2011 che testualmente riporta: “A norma dell’art. 16, lett. m), r.d. 11 febbraio 1929, n. 274, e come si desume anche dalle ll. 5 novembre 1971, n. 1086, e 2 febbraio 1974, n. 64, che hanno rispettivamente disciplinato le opere in conglomerato cementizio e le costruzioni in zone sismiche, nonché dalla l. 2 marzo 1949, n. 144 (recante la tariffa professionale), esula dalla competenza dei geometri la progettazione di costruzioni civili con strutture in cemento armato, trattandosi di attività che, qualunque ne sia l’importanza, è riservata solo agli ingegneri ed agli architetti iscritti nei relativi albi professionali. Solo le opere in cemento armato relative a piccole costruzioni accessorie rientrano nella competenza dei geometri, risultando ininfluente che il calcolo del cemento armato sia stato affidato ad un ingegnere o ad un architetto”.

 Il Consiglio di Stato infine, in riferimento all’abrogazione di una norma che avrebbe permesso tale estensione di competenze, afferma che è “irrilevante, diversamente da quanto ritenuto dai primi giudici, la disposta abrogazione del r.d. n. 2229 del 1929, dal momento che essa è stata disposta dal D. Lgs. 13 dicembre 2010, n. 212, in attuazione del meccanismo legislativo introdotto dalla legge n. 246 del 2005 volto alla riduzione del numero delle legge presenti nell’ordinamento (c.d. taglia leggi), senza che perciò da detta abrogazione possa ricavarsi una sia pur implicita intenzione del legislatore di equiparare, quanto all’attività edilizia, le competenze dei geometri e quelli degli ingegneri”.

 A seguire il testo integrale della sentenza:

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

 ha pronunciato la presente

 SENTENZA

 sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 4691 del 2014, proposto dall’ORDINE DEGLI INGEGNERI DI VERONA E PROVINCIA, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso dall’avvocato Carlo Fratta Pasini, con domicilio eletto presso il sig. Francesco Lilli in Roma, via di Val Fiorita, n. 90;

 contro

 COMUNE DI TORRI DEL BENACO, in persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso dall’avvocato Natale Callipari, con in quale è elettivamente domiciliato presso la Segreteria del Consiglio di Stato in Roma, piazza Capo di Ferro, n. 13;

 nei confronti di

 COLLEGIO DEI GEOMETRI E GEOMETRI LAUREATI DELLA PROVINCIA DI VERONA, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso dagli avvocati Maurizio Paniz e Maria Antonelli, con domicilio eletto presso l’avvocato Maria Antonelli in Roma, piazza Gondar, n. 22;

 e con l’intervento di

 ad adiuvandum: CONSIGLIO NAZIONALE DEGLI INGEGNERI, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso dall’avvocato Angelo Clarizia, con il quale è elettivamente domiciliato in Roma, via Principessa Clotilde, n. 2; ad opponendum: CONSIGLIO NAZIONALE DEI GEOMETRI E GEOMETRI LAUREATI, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso dall’avvocato Mario Zotta, con il quale è elettivamente domiciliato in Roma, viale Pasteur, n. 5;

 per la riforma

 della sentenza del T.A.R. VENETO – VENEZIA, Sez. I, n. 1312 del 20 novembre 2013, resa tra le parti, la delibera della giunta del Comune di Torri del Benaco, n. 96 del 9 luglio 2012, recante indirizzi operativi relativi alle competenze professionali dei geometri in materia edilizia;

 Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Torri del Benaco e del Collegio dei Geometri e Geometri Laureati della Provincia di Verona;

Visti gli atti di intervento del Consiglio Nazionale degli Ingegneri e del Collegio Nazionale dei geometri e dei geometri laureati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 28 ottobre 2014 il Cons. Carlo Saltelli e uditi per le parti gli avvocati Fratta Pasini, Corrado, per delega di Callipari, Clarizia, Antonelli e Zotta;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

 FATTO

 1. Con la delibera n. 96 del 9 luglio 2012, la Giunta comunale del Comune di Torri del Benaco forniva “…i necessari indirizzi operativi al Responsabile dell’Area Edilizia Privata e del responsabile dell’istruttoria, relativi ai procedimenti amministrativi in materia edilizia chiarendo che, tra le competenze professionali dei geometri e dei geometri laureati iscritti al Collegio professionale, possa rientrare la progettazione e direzione dei lavori di modeste costruzioni almeno fino a mc. 1500 adottando quindi il criterio tecnico – qualitativo in relazione alle caratteristiche dell’opera da realizzare che deve avere caratteristiche strutturali semplici con moduli ripetitivi sia pur con la presenza del cemento armato, che non richiedano competenze tecniche, particolari e specifiche, riservate per legge ad un diverso professionista, con esclusione di ogni ulteriore aggravio procedimentale a carico del richiedente”.

2. Il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, sez. I, con la sentenza n. 1312 del 20 novembre 2013, nella resistenza dell’intimata amministrazione comunale e del Collegio dei geometri e dei geometri laureati della Provincia di Verona, ha respinto il ricorso proposto dall’Ordine degli ingegneri di Verona e provincia per l’annullamento della predetta delibera.

In particolare, respinta preliminarmente l’eccezione di difetto di giurisdizione e prescindendo dalle altre eccezioni di rito sollevate dalle parti resistente, l’adito tribunale ha innanzitutto escluso che la delibera impugnata fosse affetta da nullità per difetto assoluto di attribuzione, in quanto con essa non erano state esercitate funzioni a carattere normativo in materia di competenze professionali, bensì erano state solo impartite ai competenti uffici dell’amministrazione direttive di carattere generale, prive peraltro di vincolatività, per il corretto svolgimento delle funzioni istituzionali.

Il TAR ha quindi rilevato che, diversamente da quanto prospettato dall’Ordine ricorrente, la normativa vigente nella materia de qua non escludeva del tutto la competenza del geometra in ordine alla progettazione delle costruzioni civili, essendo stato abrogato il r.d. 16 novembre 1939, n. 2229, per effetto del d. lgs. 13 dicembre 2010, n. 212, ed ha infine negato che il provvedimento impugnato fosse viziato per difetto di motivazione, emergendo dalla sua lettura le ragioni che lo avevano giustificato.

3. L’Ordine degli ingegneri di Verona e Provincia ha ritualmente appellato la predetta sentenza alla stregua di tre motivi di gravame, con cui sono state specificamente contestate le motivazioni poste dai primi giudici a fondamento del loro convincimento, asseritamente erronee, lacunose e superficiali.

Ha resistito al gravame il Comune di Torri del Benaco, che, oltre a dedurne l’inammissibilità e l’infondatezza e a chiederne il rigetto, ha proposto un appello incidentale con cui ha riproposto le eccezioni di inammissibilità del ricorso di primo grado per carenza di interesse e difetto di legittimazione, dal cui esame i primi giudici avevano ritenuto di poter prescindere.

Anche il Collegio dei geometri e dei geometri laureati della provincia di Verona, oltre ad insistere per il rigetto del gravame per infondatezza, ha proposto un appello incidentale condizionato, sostenendo l’inammissibilità del ricorso di primo grado per difetto di interesse e difetto di legittimazione ad agire dell’Ordine degli ingegneri di Verona e Provincia.

Con atto ritualmente notificato, è intervenuto in giudizio – ad adiuvandum dell’appello principale proposto dall’Ordine degli ingegneri di Verona e provincia – il Consiglio nazionale degli ingegneri.

Con controricorso, anch’esso notificato, il Consiglio nazionale dei geometri e dei geometri laureati ha proposto contestualmente intervento ad opponendum nei confronti dei motivi dell’appello principale dell’Ordine degli ingegneri di Verona e Provincia e dell’atto di intervento del Consiglio nazionale degli ingegneri e a posizione dell’appello principale e ad adiuvandum nei confronti delle difese e dei motivi degli appelli incidentali condizionati proposti dal Comune di Torre del Benaco e del Collegio dei geometri e dei geometri laureati della provincia di Verona.

4. All’udienza in camera di consiglio dell’8 luglio 2014, fissata per la decisione sull’istanza cautelare di sospensione della sentenza impugnata, sull’accordo delle parti la causa è stata rinviata all’udienza pubblica del 26 ottobre 2014 per la decisione nel merito.

Nell’imminenza dell’udienza di trattazione, le parti hanno ampiamente illustrato le proprie rispettive tesi difensive, replicando anche a quelle avverse.

All’udienza pubblica del 26 ottobre 2014, dopo la rituale discussione, la causa è stata trattenuta in decisione.

 DIRITTO

 5. Ai fini della soluzione delle questioni prospettate con i motivi degli appelli, principale ed incidentali, la Sezione osserva preliminarmente quanto segue.

5.1. Secondo l’art. 117, comma 3, della Costituzione, la materia delle professioni rientra nell’ambito della legislazione concorrente tra Stato e Regioni.

Al riguardo, tuttavia, la Corte Costituzionale ha più volte precisato che la potestà legislativa regionale nella materia concorrente delle professioni deve rispettare il principio invalicabile di ordine generale, secondo cui l’individuazione delle figure professionali, con i relativi profili ed ordinamenti, è riservata allo Stato, potendo la potestà legislativa regionale disciplinare quei soli aspetti che presentano uno specifico collegamento con la realtà regionale (Corte Cost, 12 dicembre 2003, n. 353; 26 luglio 2005, n. 319; 25 novembre 2005, n. 424; 8 febbraio 2006, n. 40; 23 maggio 2013, n. 98; 18 giugno 2014, n. 178).

Nessun potere normativo in materia, neppure a livello regolamentare, è rinvenibile in capo ai comuni, in quanto la competenza attribuita dall’articolo 42 del d.lg. 18 agosto 2000, n. 267, ai consigli comunali si deve intendere circoscritta agli atti fondamentali dell’ente ivi espressamente indicati (laddove la giunta comunale ha una competenza residuale, potendo compiere tutti gli atti che dalla legge non sono riservati al consiglio comunale ovvero che non ricadono, secondo le previsioni legislative o dello statuto, nelle competente del Sindaco):ex multis, tra le più recenti, Cons. St., sez. V, 13 dicembre 2005, n. 7058; sez. V, 23 giugno 2014, n. 3137; 20 dicembre 2013, n. 6115; 20 agosto 2013, n. 4192; 15 luglio 2013, n. 3809; 2 febbraio 2012, n. 539).

5.2. In ordine alla delimitazione delle competenze tra l’attività dei geometri e quella degli ingegneri, possono riportarsi le puntuali e condivisibili cui è giunta la giurisprudenza, come si evincono dalla sentenza di questa stessa Sezione n. 2537 del 28 aprile 2011, nella quale si precisa quanto segue: “A norma dell’art. 16, lett. m), r.d. 11 febbraio 1929, n. 274, e come si desume anche dalle ll. 5 novembre 1971, n. 1086, e 2 febbraio 1974, n. 64, che hanno rispettivamente disciplinato le opere in conglomerato cementizio e le costruzioni in zone sismiche, nonché dalla l. 2 marzo 1949, n. 144 (recante la tariffa professionale), esula dalla competenza dei geometri la progettazione di costruzioni civili con strutture in cemento armato, trattandosi di attività che, qualunque ne sia l’importanza, è riservata solo agli ingegneri ed agli architetti iscritti nei relativi albi professionali.

Solo le opere in cemento armato relative a piccole costruzioni accessorie rientrano nella competenza dei geometri, risultando ininfluente che il calcolo del cemento armato sia stato affidato ad un ingegnere o ad un architetto.

In buona sostanza, la competenza dei geometri è limitata alla progettazione, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili, con esclusione di quelle che comportino l’adozione – anche parziale – di strutture in cemento armato; solo in via di eccezione, si estende anche a queste strutture, a norma della lett. l) del medesimo articolo 16, r.d. n. 274 cit., purché si tratti di piccole costruzioni accessorie nell’ambito di edifici rurali o destinati alle industrie agricole, che non richiedano particolari operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non comportino pericolo per le persone.

Per il resto, la suddetta competenza è comunque esclusa nel campo delle costruzioni civili ove si adottino strutture in cemento armato, la cui progettazione e direzione, qualunque ne sia l’importanza è pertanto riservata solo agli ingegneri ed architetti iscritti nei relativi albi professionali; sotto tale angolazione deve escludersi che le innovazioni introdotte nei programmi scolastici degli istituti tecnici possano ritenersi avere ampliato, mediante l’inclusione tra le materie di studio di alcuni argomenti attinenti alle strutture in cemento armato, le competenze professionali dei medesimi.

I limiti posti dall’art. 16, lett. m) cit. alla competenza professionale dei geometri:

a) rispondono ad una scelta inequivoca del legislatore, dettata da evidenti ragioni di pubblico interesse, che lascia all’interprete ristretti margini di discrezionalità, attinenti alla valutazione dei requisiti della modestia della costruzione, della non necessità di complesse operazioni di calcolo e dell’assenza di implicazioni per la pubblica incolumità;

b) indicano, di contro, un preciso requisito, ovverosia la natura di annesso agricolo dei manufatti, per le opere eccezionalmente progettabili dai predetti tecnici anche nei casi di impiego di cemento armato.

E’ pertanto esclusa la possibilità di un’interpretazione estensiva o “evolutiva” di tale disposizione, che, in quanto norma eccezionale, non si presta ad applicazione analogica, non potendosi pervenire ad una diversa conclusione neppure in virtù delle norme – art. 2, l. 5 novembre 1971, n. 1086, e art. 17, l. 2 febbraio 1974, n. 64 – che disciplinano le costruzioni in cemento armato e quelle in zone sismiche, in quanto le stesse richiamano i limiti delle competenze professionali stabiliti per i geometri dalla vigente normativa professionale.

Il criterio per accertare se una costruzione sia da considerare modesta – e quindi se la sua progettazione rientri nella competenza professionale dei geometri – consiste nel valutare le difficoltà tecniche che la progettazione e l’esecuzione dell’opera comportano e le capacità occorrenti per superarle; a questo fine, mentre non è decisivo il mancato uso del cemento armato (ben potendo anche una costruzione “non modesta” essere realizzata senza di esso), assume significativa rilevanza il fatto che la costruzione sorga in zona sismica, con conseguente assoggettamento di ogni intervento edilizio alla normativa di cui alla l. n. 64 cit., la quale impone calcoli complessi che esulano dalle competenze professionali dei geometri.

E” stata inoltre esclusa l’illegittimità e quindi la disapplicabilità delle disposizioni dettate dall’art. 16 r.d. 274/29, avente natura regolamentare, il quale non contrasta con norme costituzionali o ordinarie, essendo aderente ai criteri della disposizione legislativa cui ha dato attuazione (l’art. 7 l. 24 giugno 1923, n. 1395) e comportando una razionale delimitazione delle attività professionali consentite ai geometri, in rapporto alla loro preparazione.

In ordine alle prestazioni ulteriori (comprese in astratto nella competenza dei geometri, affidate loro insieme con quella della progettazione di costruzioni civili in cemento armato), si estende – o meno – la nullità del contratto, secondo che siano strumentalmente connesse con l’edificazione e implichino la soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà, come la redazione di un piano di lottizzazione, oppure siano autonome e distinte dalla realizzazione delle strutture in cemento armato, come l’individuazione dei confini di proprietà, la costituzione di servitù, lo svolgimento di pratiche amministrative”.

Anche secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione l’art. 16 del r.d. 11 febbraio 1929, n. 274, ammette la competenza dei geometri per quanto riguarda le costruzioni in cemento armato solo relativamente a opere con destinazione agricola, che non comportino pericolo per l’incolumità delle persone, mentre per le costruzioni civili, che adottino strutture in cemento armato, sia pure modeste, ogni competenza è riservata, ai sensi del r.d. 16 novembre 1939, n. 2229, agli ingegneri e agli architetti iscritti all’albo, senza che nulla sia stato modificato dalle leggi 5 novembre 1971, n. 1086, e 2 febbraio 1974, n. 64 (Cass. civ., sez. II, 2 settembre 2011, n. 18038), con conseguente nullità del contratto d’opera professionale intercorso con un geometra, che abbia avuto ad oggetto una costruzione per civile abitazione, il cui progetto abbia richiesto l’adozione anche parziale dei calcoli in cemento armato (Cass. civ., sez. II, 25 maggio 2007, n. 12193; 26 luglio 2006, n. 17028; 25 maggio 2007).

5.3. In ordine alla legittimazione ad agire degli ordini professionali, la giurisprudenza ha più volte affermato che essi sono legittimati ad agire per la tutela di posizioni soggettive proprie o di interessi unitari della collettività da loro istituzionalmente espressa, nel secondo caso potendo sia reagire alla violazione delle norme poste a tutela della professione, sia perseguire vantaggi, anche strumentali, riferibili alla sfera della categoria nel suo insieme (Cons. St., sez. V, 12 agosto 2011, n. 4776; Cons. Stato, sez. V, 18 dicembre 2009, n. 8404, e 7 marzo 2001, n. 1339; Sez. VI, 22 settembre 2004 n. 6185), con il solo limite derivante dal divieto di occuparsi di questioni relative ad attività non soggette alla disciplina o potestà degli ordini medesimi, aggiungendo che sussiste, in particolare, in capo all’ordine professionale di appartenenza l’interesse all’impugnazione di un diniego al rilascio di un permesso di costruire, motivato in base alla presunta incompetenza del progettista, dal momento che è apprezzabile la perdurante lesività dell’atto stesso per il credito, il prestigio e l’estimazione sociale della parte ricorrente (Cons. St., sez. V, 30 settembre 2013, n. 4854),

6. Sulla base dei delineati indirizzi giurisprudenziali, dai quali non vi è ragione di discostarsi, i motivi dell’appello principale sono fondati.

6.1. Sussiste innanzitutto il dedotto vizio di incompetenza da cui è affetta la delibera impugnata, giacché, come rilevato nel paragrafo 5.1. gli enti locali non hanno alcun potere normativo, neppure a livello regolamentare, nella materia disciplinare.

Al riguardo deve rilevarsi che, diversamente da quanto ritenuto dai primi giudici ed è stato sostenuto dalle difese del Comune di Torri del Benaco e del Collegio dei geometri e dei geometri laureati della provincia di Verone, oltre che dal Consiglio nazionale dei geometri e dei geometri laureati, la delibera impugnata non impartisce affatto ai competenti uffici comunali alcune ‘mere direttive interne di natura organizzativa’, volte ad agevolare e semplificare, nel rispetto delle vigenti disposizioni normative di rango legislativo, l’istruttoria delle richieste di titoli edilizi ed il loro sollecito rilascio, incidendo invece, limitatamente al campo dell’attività edilizia, proprio sulla disciplina delle professioni di geometra ed ingegnere.

In tal senso è significativo non solo che, come si legge dalla motivazione della predetta delibera, la sua emanazione trova origine nell’annosa contrapposizione tra i rispettivi ordini professionali interessati in ordine alla corretta individuazione della rispettiva competenza sui progetti di opere edili, per quanto l’amministrazione sul dichiarato (ma errato, sulla scorta di quanto osservato al punto 5.2.) presupposto che “…nel quadro normativo vigente nessun provvedimento normativo espresso riserva in favore degli ingegneri ed architetti iscritti nei relativi albi professionali la progettazione di costruzioni civili con strutture di cemento armato” e sull’altrettanto errato presupposto (su cui infra par. 6.2.) dell’abrogazione del r.d. 16 novembre 1939, n. 2229, da parte del d. lgs. 13 dicembre 2010, n. 212, finisce col disciplinare autonomamente (nell’apparente forma di direttiva agli uffici) i limiti della competenza dei geometri in materia edilizia, facendovi rientrare “la progettazione e direzione di modeste costruzioni almeno fino a mc. 1.500, adottando quindi il criterio tecnico – qualitativo in relazione alle caratteristiche dell’opera da realizzare che deve avere caratteristiche strutturali semplici con moduli ripetitivi, sia pur con la presenza del cemento armato, che non richiedano competenze tecniche, particolari e specifiche, riservate per legge ad un diverso professionista”, così sostituendosi inammissibilmente al legislatore statale nell’esercizio di un potere di cui essa non è titolare, neppure nell’ipotesi in cui fosse effettivamente esistito un vuoto normativo (evenienza che non ricorre).

Tali osservazioni rendono prive di rilevanza le deduzioni delle parti appellate sul preteso carattere non vincolante delle predette direttive, dovendosi precisare, per un verso, che a condividere il loro asserito carattere non vincolante per gli uffici comunali non sarebbe neppure comprensibile la necessità e l’opportunità della loro emanazione (venendo meno la stessa finalità di semplificazione e chiarimento cui sarebbero state ispirate), e per altro verso che la violazione di una direttiva da parte degli uffici è quanto meno possibile fonte di una responsabilità disciplinare per i funzionari cui le stesse sono impartite e contemporaneamente può rendere invalido l’atto adottato sotto il profilo dell’eccesso di potere.

6.2. Sussiste poi anche la dedotta violazione dell’articolo 16 del r.d. n. 274 del 1929, che individua l’oggetto ed i limiti dell’esercizio della professione di geometra, potendo al riguardo rinviarsi alle osservazioni già svolte al par. 5.2. e dovendo ancora aggiungersi ancora che “i limiti posti dall’art. 16, lett. m), del r.d. 11 febbraio 1929, n. 274, alla competenza professionale dei geometri rispondono ad una scelta inequivoca del legislatore, dettata da evidenti ragioni di pubblico interesse, che lascia all’interprete ristretti margini di discrezionalità, attinenti alla valutazione dei requisiti della modestia della costruzione, della non necessità di complesse operazioni di calcolo e dall’assenza di implicazioni per la pubblica incolumità, indicando invece un preciso requisito ovverosia la natura di annesso agricolo dei manufatti, per le opere eccezionalmente progettabili dai predetti tecnici anche nei casi di impiego di cemento armato. E’ pertanto esclusa la possibilità di un’interpretazione estensiva o “evolutiva” di tale disposizione, che, in quanto norma eccezionale, non si presta ad applicazione analogica, non potendo pervenire ad una diversa conclusione neppure in virtù delle norme – art. 2 l. 5 novembre 1971, n. 1086, e art. 17 l. 2 febbraio 1974, n. 64 – che disciplinano le costruzioni in cemento armato e quelle in zone sismiche, in quanto le stesse richiamano i limiti delle competenze professionali stabiliti per i geometri della vigente normativa professionale” (Cass. civ., sez. II, 7 settembre 2009, n. 19292).

Ciò rende irrilevante, diversamente da quanto ritenuto dai primi giudici, la disposta abrogazione del r.d. n. 2229 del 1929, dal momento che essa è stata disposta dal D. Lgs. 13 dicembre 2010, n. 212, in attuazione del meccanismo legislativo introdotto dalla legge n. 246 del 2005 volto alla riduzione del numero delle legge presenti nell’ordinamento (c.d. taglia leggi), senza che perciò da detta abrogazione possa ricavarsi una sia pur implicita intenzione del legislatore di equiparare, quanto all’attività edilizia, le competenze dei geometri e quelli degli ingegneri.

6.3. La fondatezza degli esaminati motivi di gravame, cui consegue la illegittimità della delibera impugnata, consente di prescindere dall’esame del terzo motivo di gravame, con cui l’appellante ha dedotto l’erroneità della sentenza impugnata anche nella parte in cui era stato rigettato il terzo motivo di censura imperniato sul difetto di motivazione del provvedimento impugnato, potendo peraltro convenirsi con l’appellante sulla circostanza che i primi giudici non hanno adeguatamente apprezzato la censura, limitandosi ad un mero riscontro esterno e formale dell’obbligo di motivazione.

7. La fondatezza dell’appello principale impone l’esame degli appelli incidentali proposti dal Comune di Torre del Benaco e dal Collegio dei geometri e dei geometri laureati della province di Verona, imperniati su due identici due motivi concernenti la dedotta inammissibilità del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado per difetto di legittimazione ad agire e difetto di interesse dell’Ordine degli ingegneri della provincia di Verona.

Tali motivi sono infondati.

7.1. Diversamente da quanto ritenuto dagli appellanti, infatti, ed in ragione dell’effettivo contenuto della delibera impugnata, così come indicato nel paragrafo 6.2., non può dubitarsi della sussistenza della legittimazione ad agire dell’Ordine degli ingegneri della provincia di Verona, che con la richiesta di annullamento della ricordata delibera n. 96 del 9 luglio 2012 della Giunta comunale del Comune di Torri del Benaco ha inteso tutelare gli interessi unitari della collettività dei professionisti ad esso appartenenti, incisi o quanto meno esposti a pericolo per effetto di una erronea interpretazione delle normativa vigente ovvero dall’inammissibile interpretazione da parte dell’ente locale di una autonoma disciplina diversa da quella stabilita dalla legge stessa.

7.2. D’altra parte la delibera impugnata, in quanto immediatamente operativa per gli uffici dell’amministrazione comunale, era anche dotata del carattere dell’immediata lesività, il che rendeva concreto ed attuale l’interesse alla sua immediata impugnazione, non essendo necessario attendere la sua concreta applicazione per la sua impugnabilità.

8. In conclusione, deve essere accolto l’appello principale proposto dall’Ordine degli ingegneri di Verona, mentre devono essere respinti gli appelli incidentali condizionati formulati dal Comune di Torri del Benaco e dal Collegio dei geometri e dei geometri laureati della provincia di Verona, col conseguente accoglimento del ricorso di primo grado.

Le spese del doppio grado di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo quanto ai rapporti tra l’appellante principale e quelli incidentali, potendo invece disporsi la compensazione per quelle concernenti le parti intervenute.

 P.Q.M.

 Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello principale (NRG. 4691/2014) proposto dall’Ordine degli ingegneri di Verona e provincia e sugli appelli incidentali spiegati dal Comune di Torre del Benaco e dal Collegio dei geometri e dei geometri laureati della provinciali di Verona avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, sez. I, n. 1312 20 novembre 2013, così provvede:

a) accoglie l’appello principale e respinge gli appelli condizionati;

b) per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso proposto in primo grado dall’Ordine degli ingegneri di Verona e provincia ed annulla la delibera della Giunta comunale n. 96 del 9 luglio 2012 del Comune di Torri del Benaco;

c) condanna il Comune di Torri del Benaco ed il Collegio dei geometri e dei geometri laureati della provincia di Verona, in solido, al pagamento in favore dell’Ordine degli ingegneri della provincia di Verona delle spese del doppio grado di giudizio, liquidate complessivamente in €. 16.000,00 (sedicimila), oltre IVA, CPA ed altri accessori di legge, nonché alla restituzione del contributo unificato per i due gradi di giudizi, se versato;

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

 Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 28 ottobre 2014 con l’intervento dei magistrati:

Luigi Maruotti, Presidente

Carlo Saltelli, Consigliere, Estensore

Manfredo Atzeni, Consigliere

Fulvio Rocco, Consigliere

Antonio Bianchi, Consigliere

 DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 23/02/2015

feb 26 2015

Architetti e ingegneri? Poveri, ma onesti

I conti delle casse professionali parlano chiaro: i “nuovi poveri”, quelli colpiti maggiormente dalla crisi, sono i professionisti. Una volta considerati rappresentanti di una categoria privilegiata, invidiati per la possibilità di svolgere un lavoro appassionante e remunerativo (a fronte di un lungo percorso di preparazione sia in termini accademici che di “gavetta” sul campo) adesso lamentano una situazione ai limiti della drammaticità.

Nello specifico, per quanto riguarda gli architetti e gli ingegneri, il 27% vive in condizioni economiche al di sotto della soglia di povertà e anche chi guadagna ha visto scendere il suo reddito in modo significativo con un calo fino al 6%.

Paola Muratorio, presidente di Inarcassa (la Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza per gli Ingegneri e Architetti Liberi Professionisti) fa i conti nelle tasche di architetti e ingegneri: «I pesanti effetti della crisi sul mercato del lavoro e sui livelli occupazionali hanno spinto le iscrizioni, rendendo apparentemente più appetibile l’esercizio della professione». Ma gli stessi fattori si sono poi riflessi sulla domanda di servizi, contraendola con conseguenze ormai note: «redditi medi in continua flessione, con una perdita del 30 per cento circa, ed emergenze sociali in progressivo aumento».

Secondo i dati di un’indagine condotta dal Cresme (Centro Ricerche Economiche Sociologiche e di Mercato nell’Edilizia), poi, per quanto riguarda gli architetti il reddito medio della professione è attorno ai 17 mila euro annui, in cinque anni la perdita di guadagno è stata del 40% e in più aumentano vertiginosamente le prestazioni non pagate (il 68% degli architetti vanta crediti nei confronti di aziende private e il 32% verso la pubblica amministrazione).

La recessione e la mancanza di lavoro fa sì che gli studi restino piccoli, con un reddito medio di 38 mila euro, in genere hanno un dipendente non architetto e 1,5 collaboratori a partita Iva. I giovani stanno messi peggio: dopo cinque anni di professione il loro reddito mensile è ancora attorno ai 1.200 euro mensili e il tasso di disoccupazione è attorno al 30%.

L’attuale contesto economico sembra tuttora non consentire ottimismi nei confronti del futuro delle professioni. Eppure nell’opinione pubblica anche architetti e ingegneri, al pari di medici e dentisti, sono dei “furbetti” che dichiarano meno di quanto guadagnano. Si tratta di stereotipi o c’è un fondo di verità? Secondo il presidente di Inarcassa evadere le tasse, in termini previdenziali, non è da “furbetti”, ma da sciocchi irresponsabili perché si mette a rischio la pensione futura. Quindi, conferma, «nessun evasore tra di noi».

Architetti e ingegneri: alla luce del mercato del lavoro, della domanda di servizi e dei salari, restano due professioni appetibili?

«Personalmente ritengo di sì. Ma questa domanda andrebbe fatta al Governo, che non può più ignorare che la ripresa del nostro Paese passa anche dai liberi professionisti. Basti pensare al territorio e alle infrastrutture sociali: non vi è futuro per l’Italia senza quegli interventi indispensabili a riavviare i settori affini al nostro Dna di architetti e ingegneri».

Qual è la situazione attuale di un vostro professionista in termini di occupazione e redditi?

«Il tasso di disoccupazione dei laureati in età 25-34 anni ha raggiunto il 18,6%. È la mancanza di opportunità nel lavoro dipendente che spinge i giovani verso la libera professione, e questo a dispetto del crollo dei redditi (con un -30% dal 2007 al 2013) intervenuto in questi anni di crisi. Gli iscritti a Inarcassa continuano ad aumentare perché, soprattutto per gli architetti, non vi sono occasioni diverse se non quelle di aprire una partita Iva sperando di riuscire a lavorare e sopravvivere. La conseguenza è che parte di loro abbandona la professione, mentre altri rimangono iscritti con fatturati e redditi estremamente bassi».

Quindi cosa significa oggi essere ingegnere o architetto?

«Le professioni di ingegnere e architetto si configurano ancora come professioni dinamiche, attraenti e giovani, però sono mestieri che stanno cambiando: le opportunità di progettare nuovi edifici, saranno sempre meno, mentre cresceranno gli interventi di manutenzione e riqualificazione dell’esistente. Su questi temi è necessario concentrare le competenze».

Nonostante il fatto che la crisi abbia colpito un po’ tutte le categorie nell’immaginario collettivo i professionisti sono “ricchi ed evasori”. Quanto c’è di vero?

«L’idea che i professionisti siano dei privilegiati è uno dei tanti cliché con i quali dobbiamo confrontarci quotidianamente, e che – come la maggior parte dei luoghi comuni – sono spesso frutto di una interpretazione semplicistica di realtà che mal si conoscono. Nessuno sembra voler ricordare che i liberi professionisti sono anch’essi lavoratori, per di più privi di qualsiasi tutela, come la cassa integrazione, e patiscono in misura uguale se non maggiore le difficoltà economiche del Paese rispetto al mondo imprenditoriale».

Volendo fare qualche esempio in termini di reddito?

«Per ingegneri e architetti lo confermano gli ultimi dati certificati: 60.000 nostri associati (40% del totale) hanno dichiarato per il 2012 redditi fra gli 8.000 e i 26.000 euro, e 40.000 (27% del totale) un reddito inferiore agli 8.000 euro e quindi sotto la soglia di povertà. Eppure questi professionisti collaborano anche a finanziare – con i risparmi della spending review che tutte le casse previdenziali sono obbligate a riversare allo Stato – gli 80 euro a favore dei lavoratori dipendenti. Dipendenti fra cui c’è anche chi, nel pomeriggio, svolge la libera professione e accede al contributo grazie all’evidenza fiscale della sola busta paga. Perché i 60.000 nostri iscritti che ricadono nei limiti di reddito di questa agevolazione non vi possono accedere? Sono cittadini di serie B?».

Redditi medi in continua flessione ed emergenze sociali in progressivo aumento. Cosa fa Inarcassa per intervenire?

«In questo contesto Inarcassa, di fronte alle necessità di una popolazione cresciuta in modo esponenziale ma sempre più povera, ha sviluppato un vero e proprio sistema di welfare integrato, con tantissimi servizi mirati alla sicurezza sociale, alla tutela sanitaria e al sostegno alla professione, che solo per il 2014 ammontano a 74 milioni di euro».

Secondo le sue fonti, quanto è diffuso nella categoria il fenomeno dell’evasione fiscale? Di più o di meno rispetto agli altri professionisti?

«Sono stufa di sentir dire che i professionisti sono evasori: in Inarcassa non ve ne sono, perché ormai da molti anni incrociamo i dati reddituali, dichiarati ai fini previdenziali, con quelli dell’anagrafe tributaria. Se esistono professionisti che evadono il fisco, lo Stato li deve perseguire, come deve perseguire qualsiasi altro cittadino che non paga le tasse».

Come fa ad essere sicura che non ci siano evasori tra i vostri iscritti?

«Semplicemente perché basta confrontare la drammatica riduzione del loro reddito con l’andamento degli investimenti in costruzioni».

Attenzione però a non confondere fisco e previdenza.

«Non è “furbo” dichiarare a Inarcassa redditi al ribasso, perché è un “falso risparmio” che mette a rischio l’importo della pensione futura di ciascuno di noi, in special modo ora con il metodo di calcolo contributivo. La previdenza è una conquista sociale irrinunciabile. Un risparmio “volontariamente forzoso” per garantire continuità sostanziale al nostro tenore di vita. In questo senso, la previdenza è una regola, una regola che vale per tutti e che per sua natura deve essere costante e sostenibile nel lungo periodo».

feb 21 2015

Libere Professioni: "Scusateci se esistiamo"

Che le libere professioni ed in particolare quelle tecniche non vivano un momento particolarmente favorevole, è fatto ormai noto a tutti. Ma la domanda che tormenta le menti di chi nonostante tutto continua a vivere con dignità la professione è: perché?

Perché questo continuo attacco alle professioni tecniche?Per quale motivo si sta cercando di sminuire l’apporto delle professioni intellettuali?

Recentemente ho fatto un’interessante chiacchierata con l’arch. Elio Caprì, Presidente dell’Associazione Regionale Liberi Professionisti Architetti e Ingegneri, il quale mi ha confermato un concetto che personalmente ritengo imprescindibile affinché si possa ridare quella dignità ormai perduta. “Serve un’iniziativa a livello nazionale per coinvolgere tutte le altre realtà associative e porre al Governo Nazionale la necessità di approvare in tempi brevi la proposta di Legge per la Qualità dell’Architettura”.

Da esperto in materia di opere pubbliche, l’arch. Caprì ha ricordato come “la normativa vigente in Italia in materia di realizzazione di opere pubbliche, prevede il ricorso ai liberi professionisti solo dopo che all’interno delle Pubbliche Amministrazioni venga accertata la non possibilità di progettare o dirigere un’opera. Il nostro ruolo si può quindi definire di surroga; per nessun’altra professione in Italia esiste tale condizione”.

Ma oltre a questo, sono state evidenziate le falle dell’attuale apparato normativo in materia di opere pubbliche (che si spera possa essere sanato con il recepimento delle direttive appalti). “Quando si ricorre ai liberi professionisti – ha continuato Elio Caprì – questi devono possedere, per partecipare alla gara per l’affidamento, requisiti di fatturato e di numero di dipendenti che escludono tutti i giovani professionisti. Questo meccanismo non premia né può premiare la qualità del progetto”.

La possibile soluzione del problema è stata individuata nel “Code des Marchés Publics”, ovvero nel codice dei contratti pubblici che vige in Francia, che è stato strutturato in modo aperto, semplice e trasparente, affinché le procedure (tutte gestite via web) mettano tutti sullo stesso piano e premino l’idea progettuale migliore a prescindere dalla dimensione o dal CV. L’idea progettuale viene presentata mediante l’utilizzo di soli 2 elaborati progettuali. La vincitrice viene poi messa in consultazione pubblica, affinché anche i cittadini possano essere partecipi nello sviluppo dell’opera, aumentando in questo modo la consapevolezza e l’attaccamento verso il proprio territorio.

L’arch. Caprì ha, infine, evidenziato come l’attuale apparato normativo abbia accorpato in un unico testo le procedure per la progettazione delle opere e quelle per l’appalto dei lavori, ovvero argomenti che non solo attengono a diverse discipline e competenze, ma soprattutto esigono un approccio culturale di diverso spessore. Inoltre “Nella normativa vigente in materia di lavori pubblici (Codice dei Contratti e Regolamento di attuazione) in nessuna delle 378.257 parole di cui sono composti, non troviamo più la parola architetto o ingegnere: veniamo definiti operatori economici. Nella patria di Brunelleschi, di Leon Battista Alberti, di Bramante non esiste una Legge sull’Architettura a differenza di quasi gli altri paesi europei”.

“Con le attuali procedure – ha concluso Caprì – Michelangelo Buonarroti non avrebbe potuto progettare e realizzare la cupola della Basilica di S. Pietro, perché non avrebbe avuto il fatturato, i requisiti organizzativi, ecc.”.

L’Associazione Regionale Liberi Professionisti Architetti e Ingegneri e l’arch. Elio Caprì hanno confermato la loro presenza all’incontro del 27 febbraio presso l’Ordine degli Architetti di Roma (per maggiori info clicca qui), in cui si proverà a creare una rete coordinata tra professioni intellettuali, ordinistiche e non ordinistiche, da estendere a tutti i lavoratori autonomi titolari di partita iva, che possa provare a trovare una soluzione congiunta alle iniquità che le libere professioni sono costrette a sopportare. Coalizione e alleanza rappresentano, infatti l’unico modo per acquisire la forza necessaria a porre in essere un deciso cambiamento.

A proposito, a questo incontro sarò presente anche io per raccontarvi tutto in diretta tramite il mio account Twitter.

feb 14 2015

ATTI DI LIBERA PROFESSIONE DEI DIPENDENTI PUBBLICI. PER ACCETTARE INCARICHI PROFESSIONALI DEVONO ESSERE AUTORIZZATI DAI LORO DIRIGENTI

Con la circolare 480/XVIII Sess. Del 25 gennaio 2015, il Consiglio Nazionale degli Ingegneri interviene sull’attività libero professionale degli ingegneri docenti dando una serie di indicazioni in materia basandosi sulle riposte ottenute dalla direzione generale del MIUR.La legge che dovrebbe regolare la materia, come è anche chiarito nella circolare, ha delle grosse lacune, per questo è stato richiesto al Cni di pronunciarsi in materia dai diversi ordini provinciali.

L’intervento è stato necessario alla luce dei continui contrasti tra docenti e dirigenti. Nel documento si legge che ”Soprattutto veniva lamentata la condotta di alcuni dirigenti scolastici che non rispondono alle istanze di autorizzazione all’esercizio di attività libero-professionale, affermando che vige il regime del silenzio-assenso, oppure che pongono condizioni particolarmente stringenti in sede di rilascio della prescritta autorizzazione”.

Il Consiglio Nazionale si è allora rivolto al Dipartimento di Funzione Pubblica e diversi uffici del Ministero dell’Istruzione chiedendo di rispondere a quesiti di carattere generale come:

Il termine di legge entro cui il dirigente scolastico è tenuto a rispondere alle istanze di autorizzazione alla libera professione

Le conseguenze del mancato rispetto del termine di conclusione del procedimento,

La sussistenza di una ipotesi di silenzio-significativo

I margini e i limiti della valutazione discrezionale spettante al dirigente scolastico

A tale richiesta ha risposto la Direzione Generale per il Personale scolastico del MIUR con la nota numero AOODGPER.18074 del 3 dicembre 2014

Per quanto riguarda il punto 1, il MIUR riferisce che le attività libero professionali possono essere svolte dal personale docente anche a tempo pieno a patto che non siano pregiudizievoli con la funzione docente, siano compatibili con l’orario di insegnamento, siano autorizzate dal dirigente scolastico.

Per quanto riguarda, invece, i tempi entro i quali il dirigente scolastico deve rilasciare l’autorizzazione il MIUR chiarisce: “”Il procedimento di rilascio della autorizzazione trova conclusione entro il termine massimo di 30 giorni dalla ricezione dell’istanza, ed è formalizzato con lettera da parte del Dirigete competente, notificata all’interessato e per conoscenza al committente”.

Il dirigente  non può più limitarsi al silenzio assenso ma deve rispondere alla richiesta di autorizzazione nel termine di 30 giorni. Per quanto riguarda la pratica del silenzio assenso viene così chiarito il suo utilizzo: se l’autorizzazione serve per incarichi della pubblica amministrazione in caso di silenzio si intende accordata, in tutti gli altri casi si intende, invece, negata, adottando il silenzio-diniego.

Per quel che concerne, invece i margini di manovra spettanti al dirigente scolastico, la risposta suscita qualche perplessità per l’ampiezza della valutazione. Nel documento si legge, infatti, che “ il dirigente è tenuto a richiedere le informazioni che ritiene opportune in merito all’attività che l’interessato intende svolgere, proprio al fine di valutare se l’esercizio dell’attività medesima possa arrecare pregiudizio al rendimento della professione di docente, ovvero se sussistano situazioni di conflitto, anche potenziale, di interessi (legge n.190/2012). In tal caso, lo stesso dirigente scolastico può negare l’autorizzazione”.

feb 10 2015

Non è un Paese per professionisti Il modello di sviluppo italiano non può emarginare il lavoro autonomo intellettuale.

Di Gaetano Stella,Presidente di Confprofessioni

Senza usare tanti giri di parole, la classe politica italiana ha voltato le spalle ai professionisti e al lavoro autonomo intellettuale. Una scelta di campo miope e imprudente, destinata a vanificare qualsiasi ipotesi di crescita del Paese perché colpisce al cuore le nuove generazioni che hanno scelto di svolgere una attività professionale dopo un faticoso percorso universitario e post universitario, e ora si scontrano con la disillusione delle promesse mancate e con la frustrazione di non riuscire a costruire il loro futuro. Il futuro del Paese.

Anziché puntare sui talenti, sulle competenze e sulle idee più innovative del Paese, si preferisce mantenere la barra su obsoleti schemi politici che, sotto le mentite spoglie delle riforme, mirano soltanto a perpetuare gli errori del passato e a salvaguardare i privilegi di pochi eletti, senza avere il coraggio di guardare in faccia i problemi reali di un Paese che sta cambiando pelle, di affrontare i nodi di una realtà economico-sociale in piena ebollizione.

Il mondo delle professioni rappresenta un settore economico strategico in ogni angolo del mondo. La diffusione dei servizi professionali si colloca all’interno dei processi di ristrutturazione economica a livello globale caratterizzati, nei paesi a sviluppo avanzato, dal continuo ridimensionamento della produzione industriale e dall’espansione del terziario. Ma l’Italia sembra non accorgersene, anzi si ha spesso l’impressione di assistere alla pervicace volontà di ignorare i processi di sviluppo che regolano le economie più competitive e che si basano proprio sul capitale intellettuale. Da noi, invece, si guarda non senza un certo fastidio al lavoro autonomo e professionale, come se fosse una zavorra per la crescita del Paese, vero ostacolo alla restaurazione dello status quo.

Come si può spiegare altrimenti la raffica di provvedimenti legislativi che negli ultimi mesi hanno fiaccato le residue resistenze degli studi professionali? Come possiamo giudicare l’opera di chi con una mano toglie e con l’altra prende? Sul piatto della bilancia infatti pesano, da un lato, l’esclusione dalla cassa integrazione in deroga o il silenzio assordante sulle raccomandazioni della Commissione europea in merito al diritto dei professionisti di accedere ai fondi strutturali europei; dall’altro, incidono la stretta sul nuovo regime dei minimi, l’incremento della doppia tassazione sui rendimenti delle casse previdenziali private e dell’aliquota della gestione separata Inps, l’incremento esponenziale degli adempimenti richiesti ai liberi professionisti nell’esercizio della loro attività. Per non parlare poi di una tassazione erosiva che ha raggiunto livelli paradossali e di una burocrazia invasiva che grava sia in termini di adempimenti sia in termini economici solo sulle spalle del professionista.

Non è il trito e ritrito cahier de doléances dei soliti professionisti con la pancia piena, ma un atto di accusa serio e circostanziato che condanna l’ignoranza e il pressapochismo di una intera classe politica verso un settore economico che ha tutte le carte in regola per competere (ad armi pari) sul mercato e può contribuire alla ripresa del Paese, a cominciare dal rilancio dell’occupazione giovanile che ha raggiunto livelli non degni di un Paese civile e, per inciso, da questo punto di vista il potenziale degli studi professionali è ancora notevole.

Al di là delle ripercussioni sociali e economiche che tali scelte politiche scaricano sui giovani e sulle loro famiglie, troppo spesso si tendono a trascurare le richieste di un mercato che per sopravvivere ha cambiato paradigma. Agli studi professionali vengono richieste sempre nuove competenze e profili innovativi, molti legati alla digitalizzazione e alla informatizzazione. Basterebbe un piccolo sforzo, non necessariamente mentale, per comprendere come questo processo irreversibile abbia imposto ai datori di lavoro-professionisti un cambio di passo per recuperare efficienza nella struttura e nell’organizzazione del lavoro, ma anche per creare società di capitali e multidisciplinari; costruire network e contratti di rete con le imprese; sviluppare nuove competenze e specializzazioni in grado di reinterpretare il lavoro professionale in funzione delle nove esigenze del cliente; gestire in modo imprenditoriale la propria attività, come ha sottolineato anche il gruppo di lavoro europeo sulle libere professioni, previsto dal Piano d’azione per l’imprenditorialità 2020 della Commissione europea.

Per competere sul mercato il professionista ha colto l’opportunità di imprenditorializzarsi, facendo leva su strumenti di marketing e comunicazione, sviluppando maggiori competenze sui temi della finanza e dell’internazionalizzazione, delle nuove tecnologie digitali, ma anche sulle questioni etiche e sociali e su quelle assistenziali e previdenziali. Numerosissimi studi in Italia si sono già riposizionati per reinterpretare il loro ruolo di intermediari qualificati nei rapporti tra la pubblica amministrazione, le imprese e i cittadini, senza alcun sostegno politico ed economico che all’alba del 2015 rimane ancora riserva esclusiva di un modello produttivo che non crea ricchezza per il Paese e che continua a bruciare posti di lavoro.

gen 31 2015

Professioni tecniche: niente decoro per le tariffe

La dignità non è un elemento da prendere in considerazione nella commisurazione delle parcelle professionali. Dopo la Corte di Giustizia Europea, lo ha ribadito l’Antitrust e lo ha, infine, confermato il Consiglio di Stato.

È stata, infatti, pubblicata la Sentenza n. 238/2015 con la quale la Sezione Sesta del Consiglio di Stato ha messo la parola fine sulla vicenda che ha coinvolto l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato e il Consiglio Nazionale dei Geologi in merito alle regole deontologiche che indicano come criteri di commisurazione delle parcelle la dignità del professionista oltre che la qualità e l’importanza della prestazione.

A cura di Gianluca Oreto – @lucaoreto Tratto dal sito www.lavoripubblici.it

 La vicenda trae le sue origini il 13 marzo 2012 quando la Corte di Giustizia Europea ha ricevuto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Consiglio di Stato in riferimento alla questione insorta tra l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ed il Consiglio Nazionale dei Geologi che aveva impugnato dal giudice di primo grado due delibere dell’AGCM con le quali il Consiglio era stato multato per aver previsto all’interno del Codice Deontologico la tariffa professionale approvata con D.M. 18/11/1971 e la tariffa in materia di lavori pubblici approvata con D.M. 04/04/2001 quale riferimento legittimo e oggettivo per la determinazione del compenso tra le parti.

 Il TAR respinse il ricorso dei Geologi confermando la tesi dell’Antitrust per la quale i liberi professionisti intellettuali possono essere qualificati come impresa in quanto offrono sul mercato in modo indipendente e stabile i propri servizi professionali, con la conseguenza che gli Ordini professionali possono essere qualificati come “Associazioni di imprese” e il codice deontologico come una “deliberazione di un’associazione di imprese”, suscettibile ad essere sindacata ai sensi del diritto dell’antitrust. I giudici di primo grado diedero ragione all’AGCM per quanto concerne l’errato riferimento alla tariffa professionale contenuta nel codice deontologico, ma gli diedero torto per ciò che attiene al “decoro professionale”.

In seguito, il Consiglio Nazionale dei Geologi propose ricorse presso il Consiglio di Stato chiedendo di sottoporre in via pregiudiziale, alcune questioni alla Corte di giustizia europea.

 Il Consiglio di Stato, accogliendo la richiesta del Consiglio Nazionale dei Geologi, con l’Ordinanza n. 1244 del 5/3/2012, decise di rimettere alla Corte di Giustizia UE una serie di pregiudiziali atte a chiarire:

se le professioni sono o non sono imprese e se devono o non devono sottostare alle regole del mercato;

se la legislazione europea vieta e/o inibisce il riferimento alle componenti di dignità e docoro del professionista nella composizione del compenso professionale;

se nella legislazione europea, il riferimento alle componenti di dignità e decoro professionale comportino effetti restrittivi della concorrenza professionale;

se la legislazione europea stabilisca o meno che i requisiti di dignità e decoro, quali componenti del compenso del professionista in connessione con tariffe definite espressamente come derogabili nei minimi possa ritenersi quale induzione a comportamenti restrittivi della concorrenza;

se la legislazione europea vieti il riferimento alla tariffa professionale quale semplice elemento tecnico-professionale di riferimento per la determinazione dei compensi;

se la legislazione europea vieti la corrispondenza tra l’importanza delle prestazioni, i requisiti di dignità e decoro così come previsto dall’art. 2233 c.c. comma 2 secondo cui “in ogni caso la misura del compenso deve essere adeguata all’importanza dell’opera ed al decoro della professione”;

se il riferimento all’art. 2233, comma 2, c.c. possa ritenersi legittimo e non induzione di effetti restrittivi della concorrenza.

 Confermando la tesi dell’Antitrust e della Corte di Giustizia Europea, anche il Consiglio di Stato ha ammesso che le regole deontologiche, in particolare quella secondo cui a garanzia della qualità delle prestazioni il geologico deve sempre commisurare il compenso al decoro professionale, restringono la concorrenza e non possono essere considerate necessarie al perseguimento di legittimi obiettivi collegati alla tutela del consumatore.

 

Dunque, l’obbligo di commisurare il compenso al decoro professionale si tradurrebbe in una surrettizia reintroduzione dei minimi tariffari, eludendo così l’abolizione degli stessi disposta dal legislatore (art. 2 decreto legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito in legge 4 agosto 2006, n. 248; art. 9 del decreto legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito in legge 24 marzo 2012, n. 27), con i conseguenti effetti restrittivi della concorrenza.

 

Secondo il CdS non si può, inoltre, ritenere che tale regola deontologica (e il collegato effetto restrittivo della concorrenza che ne deriva) sia necessaria per garantire l’obiettivo della tutela del consumatore, assicurandogli una prestazione di qualità. “Il fine di tutelare il consumatore viene adeguatamente perseguito dall’ordinamento nazionale tramite altri strumenti, che trovano il loro principale ambito di applicazione nella disciplina del singolo rapporto tra professionista e cliente, e si traducono nella previsione di rimedi civilistici, la cui piena operatività non richiede l’attribuzione di alcun potere di vigilanza all’Ordine professionale”.

 Parimenti non si può ritenere che la regola deontologica che impone di praticare compensi commisurati al decoro della professione possa trovare una copertura normativa nell’art. 2233, comma 2, cod. civ. che, occupandosi del contratto d’opera intellettuale, prevede espressamente che “in ogni caso la misura del compenso deve essere adeguata all’importanza dell’opera e al decoro della professione”. Tale norma, contenuta nel codice civile, si indirizza, infatti, al singolo professionista, disciplinando i suoi rapporti con il cliente nell’ambito del singolo rapporto contrattuale, senza attribuire alcun potere di vigilanza agli Ordini in merito alle scelte contrattuali dei propri iscritti.

 

A fronte di un preciso obbligo civilistico che già lega il compenso professionale al decoro della professione e all’importanza dell’opera, l’introduzione di una regola deontologica volta a ribadire tale obbligo, riservando la vigilanza circa il suo rispetto all’Ordine, e prevedendo l’eventualità di sanzioni disciplinari in caso di inosservanza, appare evidentemente estranea o, comunque, manifestamente non proporzionata, rispetto all’esigenza di fornire al consumatore adeguata tutela.

Accolta, dunque, la tesi dell’AGCM e respinta quella dei Geologi.

Chiudo ricordando una vecchia poesia di Bertold Brecht che recita:

“Prima di tutto vennero a prendere gli zingari

e fui contento, perché rubacchiavano.

Poi vennero a prendere gli ebrei

e stetti zitto, perché mi stavano antipatici.

Poi vennero a prendere gli omosessuali,

e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi.

Poi vennero a prendere i comunisti,

e io non dissi niente, perché non ero comunista.

Un giorno vennero a prendere me,

e non c’era rimasto nessuno a protestare”.

gen 31 2015

Campagna "E’ casa tua, decidi tu": l’indignazione dei professionisti

Pochi giorni fa ho scritto un articolo che ha subito determinato l’indignazione di chi con onestà lavora nel settore dell’edilizia. L’articolo parlava della Campagna di comunicazione “È casa tua, decidi tu”, voluta dal Governo per informare i cittadini circa la semplificazione delle procedure relative ai lavori di ristrutturazione abitativa introdotte dalla legge Sblocca Italia, pubblicata sull’account YouTube di Palazzo Chigi e andata in onda nei giorni scorsi anche sui canali RAI.

Per il titolo dell’articolo non ho avuto dubbi e ho scelto “La morte delle professioni tecniche in 30 secondi” rilevando che in appena 30 secondi siano stati demoliti decenni di storia tecnica e normativa, cancellando nuovamente la figura del progettista.

Nel video lo speaker afferma “Pochi e semplici le incombenze a carico di chi intende ristrutturare casa, dividerla o unirne due attigue: comunicazione al comune e presentazione di un numero esiguo di documenti, nessun contributo di costruzione e all’accatastamento ci pensa il Comune”.

Parole che non potevano lasciare indifferenti i professionisti dell’area tecnica che hanno letteralmente preso d’assedio i nostri canali social (Facebook, Twitter). Mi sarei aspettato una pronta reazione degli Architetti e degli Ingegneri (Consigli Nazionali), ma ero certo che la prima reazione sarebbe arrivata dal Consiglio Nazionale dei Geometri, soprattutto per la parte finale del video che recitava “…e all’accatastamento ci pensa il Comune”.

I Geometri italiani pur ritenendo l’iniziativa meritoria da un punto di vista della scelta dei mezzi di comunicazione e del principio ispiratore, ne hanno contestato i contenuti che rimandano ai contenuti di legge. In particolare, in base alle nuove disposizioni, la comunicazione d’inizio lavori deve essere tempestivamente inoltrata dal comune alle Entrate. “A fronte dell’oggettiva complessità dell’iter di adeguamento della planimetria catastale – afferma il Consiglio Nazionale dei Geometri – è difficile immaginare che l’Agenzia possa provvedervi in tempo reale, ancor più che tra le opere di manutenzione straordinaria sono incluse la fusione e il frazionamento di unità immobiliari (senza modifica di planimetria e destinazione uso). Facile, invece, immaginare le conseguenze generate da un simile ritardo operativo: nuovi arretrati nell’aggiornamento catastale e allungamento dei tempi di compravendita per i cittadini, ai quali la legge richiede che la planimetria in catasto sia conforme allo stato reale dell’immobile”.

Dunque “A corollario, un effetto che va nella direzione opposta a quella auspicata dalla semplificazione: i cittadini – oltre a non poter gestire direttamente la pratica di variazione catastale – potrebbero avere difficoltà anche solo nel seguirne la tracciabilità a causa di ostacoli “fisiologici”: la mancanza di dialogo tra due amministrazioni – Comune e Agenzia delle Entrate – deputate a svolgere ruoli e funzioni differenti”.

Per questo motivo e sulla base di alcuni emendamenti che erano già stati proposti dalla Rete Professioni Tecniche (RPT) in occasione dell’audizione presso l’VIII Commissione Ambiente, Territorio e Lavori Pubblici alla Camera dei deputati e si una missiva inviata dai Geometri al Presidente del Consiglio e ai vertici del MEF e dell’Agenzia delle Entrate, la categoria ha auspicato un intervento di urgenza per “cancellare un provvedimento normativo foriero di danni e disagi alla collettività”.

A cura di Gianluca Oreto – @lucaoretoTratto dal sito www.Lavori pubblici

gen 19 2015

Centralità del progetto e dignità per il ruolo del progettista

Trasparenza negli affidamenti anche attraverso una maggiore competenza e professionalità dei commissari di gara. Alcuni dei punti toccati dall’ing. Patrizia Lotti, Presidente dell’OICE, l’Associazione delle società di ingegneria aderente a Confindustria, durante la Tavola rotonda del Convegno “Opere incompiute: quale futuro? – Nuove esigenze e opportunità per il Paese”, organizzato a Roma presso la “Vela di Calatrava” dal Ministero delle infrastrutture, da Itaca e dalla Conferenza Stato-Regioni.

Nel suo intervento Patrizia Lotti, dopo avere apprezzato il lavoro condotto dal Ministero delle infrastrutture sul censimento delle incompiute, ha sottolineato come sia “fondamentale riprogrammare laddove possibile le incompiute favorendo il riutilizzo dell’opera sia attraverso interventi del settore privato in project finance, sia attraverso i mutamenti di destinazione d’uso, ma altrettanto fondamentale è porre attenzione alla programmazione che deve essere più accorta e dettagliata, al fine di evitare spreco di risorse pubbliche”.

 

Anche nell’ottica del disegno di legge delega sugli appalti, all’esame del Parlamento, Patrizia Lotti ha affermato che “bisogna porre fine alla vessazione del progettista e del progetto e ridare dignità alla fase progettuale; è poi necessaria più trasparenza e qualità negli affidamenti, superando la logica dei ribassi nelle gare di servizi di ingegneria e architettura ed elevando la qualità di chi deve scegliere l’affidatario del contratto, che deve essere qualificato professionalmente e competente, così come del progettista che deve svolgere il suo lavoro nei tempi giusti e con corrispettivi adeguati”.

In precedenza, il Vice Ministro delle infrastrutture Riccardo Nencini, dopo avere ricordato che il monitoraggio delle opere incompiute ha portato a rilevare 693 interventi per i quali erano stati stanziati 3,5 mld. e che oggi necessitano 2,3 miliardi per portarli a compimento, aveva lanciato le seguenti proposte:

1) prevedere bonus fiscali e cambi di destinazione d’uso per imprese e enti locali che intendono completare le opere;

2) istituire un tavolo di lavoro per valutare quali opere completare;

3) istituire un fondo annuale per le incompiute;

4) incentivare le amministrazioni che inseriscono come priorità dei loro interventi il completamento delle opere incompiute.

dic 30 2014

Ingegneri, dal 1° gennaio 2015 in vigore gli obblighi di trasparenza

Adottato il Regolamento che disciplina gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione delle informazioni da parte del CNI e dei Consigli territoriali dell’Ordine degli ingegneri

Lunedì 29 Dicembre 2014

Il 19 dicembre 2014 il Consiglio Nazionale degli Ingegneri ha adottato il Regolamento recante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione delle informazioni da parte del CNI e dei Consigli territoriali dell’Ordine degli ingegneri ai sensi dell’art. 2, comma 2-bis del D.L. 31 agosto 2013, n. 101, convertito nella L. 30 ottobre 2013, n. 125.

OBBLIGO DI PUBBLICITÀ. Composto da 32 articoli, il regolamento stabilisce all’articolo 3, che “le informazioni, i dati e i documenti oggetto di pubblicazione obbligatoria da parte del Consiglio Nazionale degli Ingegneri e dei Consigli territoriali dell’Ordine degli Ingegneri in conformità al presente regolamento sono pubblici. Chiunque ha il diritto di conoscerli, di fruirne gratuitamente, di utilizzarli e riutilizzarli”.

“Alla pubblicazione, nei rispettivi siti internet istituzionali, delle informazioni, dei dati e dei documenti concernenti l’organizzazione e le attività del Consiglio Nazionale degli Ingegneri e dei Consigli territoriali dell’Ordine degli Ingegneri corrisponde il diritto di chiunque di accedere ai predetti siti direttamente e immediatamente, senza autenticazione e identificazione”.

LIMITI ALLA TRASPARENZA. I limiti alla trasparenza sono definiti all’art. 4.

ACCESSO AGLI ATTI. “L’obbligo previsto dal presente regolamento in capo al Consiglio Nazionale degli Ingegneri e ai Consigli territoriali dell’Ordine degli Ingegneri di pubblicare documenti, informazioni o dati comporta il diritto di richiedere i medesimi, nei casi in cui sia stata omessa la loro pubblicazione ai sensi e per gli effetti della L. 7 agosto 1990, n. 241”.

QUALITÀ DELLE INFORMAZIONI. Il Consiglio Nazionale degli Ingegneri e i Consigli territoriali dell’Ordine degli Ingegneri “garantiscono la qualità delle informazioni pubblicate nei rispettivi siti internet istituzionali, assicurandone l’integrità, il costante aggiornamento, la completezza, la tempestività, la semplicità di consultazione, la comprensibilità, l’omogeneità, la facile accessibilità, nonché la conformità ai documenti originali in possesso, l’indicazione della loro provenienza e la riutilizzabilità.

L’esigenza di assicurare l’adeguata qualità delle informazioni pubblicate non può, in ogni caso, costituire motivo per l’omessa o ritardata pubblicazione dei dati, delle informazioni e dei documenti”.

DATI IN FORMATO APERTO. L’articolo 7 del regolamento dispone che “Le informazioni, i dati e i documenti oggetto di pubblicazione obbligatoria, resi disponibili anche a seguito dell’accesso agli atti di cui all’articolo 5, sono pubblicati in formato di tipo aperto ai sensi dell’articolo 68 del Codice dell’amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005 n. 82 e sono riutilizzabili ai sensi del decreto legislativo 24 gennaio 2006, n. 36, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, senza ulteriori restrizioni diverse dall’obbligo di citare la fonte e di rispettarne l’integrità”.

DECORRENZA. Le informazioni, i dati e i documenti oggetto di pubblicazione obbligatoria da parte del Consiglio Nazionale degli Ingegneri e dei Consigli territoriali dell’Ordine degli Ingegneri “sono resi disponibili per un periodo di 5 anni, decorrenti dal 1° gennaio dell’anno successivo a quello di decorrenza dell’obbligo di pubblicazione e, in ogni caso, per tutto il tempo in cui risultino produttivi di effetti giuridici, fatti salvi i diversi termini previsti dalla normativa in materia di trattamento dei dati personali”

ISTITUZIONE DEL “CONSIGLIO TRASPARENTE”. Al fine di garantire la piena accessibilità delle informazioni, dei dati e dei documenti oggetto di pubblicazione obbligatoria, “nella home page dei siti internet istituzionali del Consiglio Nazionale degli Ingegneri e dei Consigli territoriali dell’Ordine degli Ingegneri è istituita un’apposita sezione denominata «Consiglio trasparente», al cui interno confluiscono le informazioni, i dati e i documenti pubblicati. Il CNI e i Consigli territoriali dell’Ordine degli Ingegneri non possono introdurre filtri o altre soluzioni tecniche volte a impedire ai motori di ricerca web di indicizzare ed effettuare ricerche all’interno della sezione «Consiglio trasparente»”.

Alla scadenza del termine di 5 anni, le informazioni, i dati e i documenti sono comunque conservati e resi disponibili, ferme restando le garanzie di qualità, all’interno di distinte sezioni del sito di archivio, collocate e debitamente segnalate nell’ambito della sezione «Consiglio trasparente». I documenti possono essere trasferiti all’interno delle sezioni di archivio anche prima della scadenza del termine di 5 anni.

VIOLAZIONE DEGLI OBBLIGHI DI TRASPARENZA. “L’inadempimento degli obblighi di pubblicazione previsti dal presente regolamento, compresa la mancata adozione e pubblicazione del Programma triennale per la prevenzione della corruzione, la trasparenza e l’integrità, costituisce elemento di valutazione della responsabilità disciplinare, nonché eventuale causa di responsabilità per danno all’immagine del Consiglio Nazionale degli Ingegneri e dei Consigli territoriali dell’Ordine degli Ingegneri”.

Tuttavia, il soggetto responsabile non risponde dell’inadempimento degli obblighi “se prova che tale inadempimento è dipeso da causa a lui non imputabile”.

OBBLIGO IN VIGORE DAL 1° GENNAIO 2015. L’obbligo di pubblicazione dei dati indicati nel regolamento decorre dal 1° gennaio 2015.

nov 29 2014

"Cos’è l’ordine professionale e quali sono le sue funzioni?"

Chiunque voglia esercitare in Italia l’attività libero professionale di architetto o ingegnere sa che, ancor prima dell’attribuzione della partita iva dovrà iscriversi al proprio Ordine professionale di residenza.

Ma “Cos’è l’Ordine professionale?”  quale la sua rappresentatività e quali  le sue funzioni?”

Per rispondere compiutamente alla domanda, bisogna risalire ad alcune delle prime leggi di costituzione degli ordini professionali e un valido aiuto mi è stato offerto da un architetto che è anche stato Consigliere presso l’ordine di Firenze, Beppe Rinaldi, il quale mi ha gentilmente fornito una puntuale disanima normativa:

la legge 24 giugno 1923, n. 1395 (G.U. 05/07/1923, n. 157) – Tutela del titolo e dell’esercizio professionale degli Ingegneri e degli Architetti

il Regio Decreto 23 ottobre 1925, n. 2537 (G.U. 15/02/1926, n. 37) – Regolamento per le professioni di Ingegnere e Architetto

la Legge 25 aprile 1938, n. 897 (G.U. 07/07/1938, n. 152) – Norme sull’obbligatorietà dell’iscrizione negli albi professionali e sulle funzioni relative alla custodia degli albi

il Decreto Legislativo Luogotenenziale 23 novembre 1944, n. 382 (G.U. 23/12/1944, n. 98) – Norme sui Consigli degli Ordini e Collegi e sulle Commissioni centrali professionali

Prendendo in esame l’intero apparato normativo, si evince che gli ordini professionali sono delle istituzioni previste dallo Stato per l’autogoverno di una professione riconosciuta dalla legge, al fine di garantire la qualità delle attività svolte dai professionisti. Lo Stato ha, cioè, affidato agli Ordini il compito di tenere aggiornati albo e codice deontologico, e tutelare la professionalità della categoria.

Entrando nel dettaglio delle suddette norme, possiamo evidenziare i seguenti articoli:

- art. 5 della legge n- 1392/1923 che recita:

“Gli iscritti nell’Albo eleggono il proprio Consiglio dell’Ordine, che esercita le seguenti attribuzioni:

1) Procede alla formazione e all’annuale revisione e pubblicazione dell’Albo, dandone comunicazione all’autorità giudiziaria e alle pubbliche amministrazioni.

2) Stabilisce il contributo annuo dovuto dagli iscritti per sopperire alle spese di funzionamento dell’Ordine; amministra i proventi e provvede alle spese, compilando il bilancio preventivo e il conto consuntivo annuale.

3) Dà, a richiesta, parere sulle controversie professionali e sulla liquidazione di onorari e spese.

4) Vigila alla tutela dell’esercizio professionale e alla conservazione del decoro dell’Ordine, reprimendo gli abusi e le mancanze di cui gli iscritti si rendessero colpevoli nell’esercizio della professione con le sanzioni e nelle forme di cui agli articoli 26, 27, 28 e 30 della legge 28 giugno 1874, n. 1938, in quanto siano applicabili”.

- art. 37 del Regio Decreto n. 2537/1925 che definisce le funzioni del Consiglio dell’Ordine, ovvero:

vigilare sul mantenimento della disciplina fra gli iscritti affinché il loro compito venga adempiuto con probità e diligenza;

prendere i provvedimenti disciplinari;

curare che siano repressi l’uso abusivo del titolo di ingegnere e di architetto e l’esercizio abusivo della professione, presentando, ove occorra, denuncia all’autorità giudiziaria;

determinare il contributo annuale da corrispondersi da ogni iscritto per il funzionamento dell’Ordine, ed eventualmente per il funzionamento del Consiglio Nazionale, nonché le modalità del pagamento del contributo.

compilare ogni triennio la tariffa professionale, la quale, in mancanza di speciali accordi, s’intende accettata dalle parti e ha valore per tutte le prestazioni degli iscritti nell’Ordine.

dare i pareri che fossero richiesti dalle pubbliche amministrazioni su argomenti attinenti alle professioni di ingegnere e di architetto.

Con l’avvento della Formazione Continua, all’ordine è stato affidato anche il compito di vigilare sull’aggiornamento dei propri iscritti. Ciò premesso, quel che è subito evidente è l’assenza di una qualsiasi forma di rappresentanza della categoria. Le uniche funzioni di Ordini professionali e, quindi, Consigli Nazionali, riguardano esclusivamente la tutela del mercato e la vigilanza della disciplina dei propri iscritti.

Il totale disinteresse degli iscritti, che fino a una decina di anni fa hanno vissuto una vera e propria età dell’oro facendo dimenticare di essere dei soggetti privi di alcuna tutela, ha però fatto evolvere (senza alcuna base normativa) la struttura degli Ordini, fino a farli ergere a Organi di rappresentanza con la conseguente creazione di sovrastrutture che negli anni hanno portato nuovi costi agli iscritti per dei servizi mai richiesti. Oggi Ordini e Consigli Nazionali hanno (o almeno pensano di avere) il potere di sedere ai tavoli di chi decide le norme. Purtroppo, però, lo scarso peso delle professioni e il lavoro di divisione apportato negli anni dal Governo, hanno relegato le professioni tecniche a vere e proprie comparse nella redazione di normative tecniche.

Volendo prendere per buono il compito di “dare i pareri che fossero richiesti dalle pubbliche amministrazioni su argomenti attinenti alle professioni di ingegnere e di architetto”, mi chiedo come mai il peso delle professioni tecniche sia stato minimale nella recente redazione e approvazione delle norme tecniche per le costruzioni. Mi chiedo, pure, come mai la categoria degli Architetti non sia mai stata sufficientemente coinvolta nella reazione di proposte di intervento edilizio e urbanistico, ad esempio, del Piano Città. O come mai i geologi sono chiamati sempre il giorno dopo le tragedie idrogeologiche che hanno accompagnato negli ultimi anni il nostro Paese.

L’analisi normativa e alcune logiche considerazioni lasciano intravedere quella che io ho denominato molto provocatoriamente “la grande beffa”. E’ certo che se il mercato fosse quello di 10 anni fa, nessuno avrebbe mai pensato di mettere in discussione il sistema ordinistico. Considerato, però, che i livelli non sono più gli stessi e che la discesa è sempre più rapida, qualche domanda in più sull’utilità degli Ordini e sull’assenza di un vero e proprio Sindacato a tutela della professione andrebbe più approfondita. I tempi sono certamente maturi e l’evoluzione tecnologica consente rapide decisioni. Riuscirà la categoria dei professionisti a prendere realmente contezza di questa situazione o continuerà la sterile lamentela di chi è pronto sempre a criticare ma mai a esporsi in prima persona per contribuire al cambiamento di cui la professione tecnica necessita?

nov 20 2014

Corruzione, lavoro nero ed evasione fiscale, le tante storie della legalità che non c’è

Lavoro nero, caporalato, corruzione, evasione fiscale, riciclaggio e potere mafioso: sono tante le facce del sistema complesso e potente dell’illegalità che opprime l’Italia e che rappresenta la vera emergenza sulla quale occorrerebbe intervenire in maniera energica e determinata.

Un sistema dal quale l’Umbria non è esclusa, naturalmente, come dimostrano le storie e i fatti emersi oggi, 19 novembre, nel corso dell’iniziativa della Cgil “Legalità: una svolta per tutte”.

Un viaggio che il sindacato nazionale sta compiendo in tutta Italia, a bordo del furgone della legalità, e che oggi ha fatto tappa a Perugia dove la Cgil regionale ha raccolto voci e testimonianze di addetti ai lavori, istituzioni, ma anche vittime dell’illegalità. Particolarmente significativa la videotestimonianza di un lavoratore del Bangladesh (voce distorta e volto coperto) che ha raccontato la sua esperienza di lavoro sfruttato presso un’azienda agricola della regione, dove a fine mese i lavoratori erano costretti a restituire parte dello stipendio ricevuto al datore di lavoro, oltre che a vivere in un vecchio casolare in condizioni indegne di una società civile.

Oltre a questa denuncia, il dibattito, coordinato da Mario Bravi, segretario generale della Cgil dell’Umbria, è stato arricchito da molti interventi.

Dopo l’introduzione di Maria Rita Paggio, segretaria regionale Cgil, che ha illustrato le ragioni e i contenuti della campagna del sindacato e il saluto dell’assessore regionale Stefano Vinti, Umberto Rana, magistrato del tribunale di Perugia, ha approfondito in particolare il fenomeno dei fallimenti aziendali (nell’ultimo biennio praticamente uno ogni due giorni, ha spiegato il giudice), mentre l’avvocato Ilenia Filippetti, responsabile della sezione Monitoraggio Appalti di servizi e forniture Regione Umbria, ha affrontato appunto il nodo centrale del sistema degli appalti, evidenziando alcune storture del sistema normativo (come il fatto che per gli appalti sotto i 150mila euro non siano previsti i controlli antimafia) e sottolineando un dato significativo: in Umbria alle gare pubbliche per i servizi di importo superiore ai 150mila euro, nel 68% dei casi partecipa una sola impresa.

Sono poi intervenuti Igor Prata, della Flai Cgil Campania, che ha descritto le problematiche di un territorio fortemente condizionato dalla criminalità organizzata, ma anche le esperienze positive che nascono e crescono dal basso, e Salvatore Lo Leggio di Libera Umbria, che ha ricordato l’importante lavoro svolto e da svolgere, anche con il sostegno della Cgil, sui beni confiscati alle mafie, a partire da quello di Pietralunga e da tutti gli altri che nei prossimi anni si aggiungeranno.

A chiusura dell’incontro Luciano Silvestri, responsabile Legalità per la Cgil nazionale, ha sottolineato l’importanza del lavoro che, attraverso la costruzione di una rete tra vari soggetti – istituzioni, sindacato, magistratura, associazioni – può essere portato avanti sul territorio per contribuire a quella vera svolta di cui il paese ha bisogno.

In questo senso, Silvestri ha invitato a lavorare anche in Umbria alla costruzione di un protocollo di intesa tra sindacati e Procure della Repubblica che, nella diversità delle funzioni, rafforzi un impegno comune a contrasto dell’illegalità, in particolare nell’economia e nel lavoro.

nov 18 2014

I professionisti: «Le norme non ci contemplano»

In Italia (dati Istat) ci sono 5 milioni e mezzo di lavoratori autonomi. Quasi un quinto (877mila) in Lombardia.

Quelli che svolgono attività professionali – al netto di artigiani e commercianti – sono, in tutto il Paese, 1 milione 286mila persone.

E quasi il 10 per cento di loro (oltre 126mila persone) lo fa a Milano.

Sono architetti, informatici, webmaster, pubblicitari, designer, traduttori, formatori, consulenti nel marketing e nella comunicazione.

Eppure venerdì non c’erano, in piazza Duomo, davanti al palco di Susanna Camusso e Maurizio Landini. Anche se in fatto di tutele per i lavoratori un po’ di cose da dire le avrebbero. Perché è complicato trasformare un terreno, anche se fertile, in un orto che produce frutti, senza gli strumenti adatti.

«Mobilitare i professionisti autonomi non è facile: non hanno luoghi di aggregazione come le fabbriche, al massimo ci sono i coworking.

E non hanno una tradizione in questo senso: sono cani sciolti», spiega Anna Soru, presidente di Acta, l’associazione dei consulenti del terziario avanzato, l’unica realtà in Italia che tiene insieme questo variegato mondo.

Difficile riunirli persino in un convegno, figuriamoci in una piazza: «L’autonomo se quel giorno ha una consegna non viene e basta».

Della piazza di venerdì condividono una cosa: la protesta contro il lavoro gratis, a cominciare dai discussi volontari di Expo contro cui in molti puntano il dito: di fatto si tratta di 35 ore a settimana in cambio di una non meglio precisata «indennità di partecipazione», non certo una retribuzione.

Ma sul Jobs Atc i temi dei professionisti autonomi solo altri rispetto all’eterno dibattito sull’articolo 18. Da quel complesso di norme «gli autonomi non sono contemplati – spiega Soru – né dal punto di vista della maternità, né per quanto riguarda la disoccupazione.

Mentre in altri Paesi europei come in Gran Bretagna o Francia un paracadute anche per chi non è un dipendente è previsto». Stesso discorso per la malattia: «un tempo gli autonomi erano pagati di più, così riuscivano ad assicurarsi in proprio una protezione, oggi che il trend dei redditi è di forte compressione la possibilità di accesso a un’assicurazione privata è molto più limitata». E il punto, precisa la presidente, non è essere pagati anche quando non si lavora perché si ha un raffreddore, ma il dramma di dover far fronte a malattie gravi, come un tumore. Chi affronta patologie così invasive «dovrebbe pensare a guarire, non è possibile che debba continuare a lavorare per poter sostenere le spese delle cure».

Gli autonomi non contestano solo il Jobs Atc. Nonostante i proclami in senso contrario, il famoso bonus degli 80 euro alla fine a loro non è stato esteso. Nella legge di stabilità ci sono 800 milioni destinati alle partite Iva, «peccato che il 60% serva a ridurre il minimo contributivo per artigiani e commercianti», fa notare Soru.

Per gli autonomi, invece, i contributi aumentano: da gennaio verseranno il 28,72%, aliquota destinata a salire fino al 33,72 entro il 2019. «Dalle audizioni alla Camera dicono che non ci sono fondi», racconta.

Del resto per un’associazione che aggrega mondi eterogenei è un po’ più difficile alzare la voce.

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nov 14 2014

La formazione professionale e i mercanti del Tempio. Intervista ai vertici dell’Ordine degli Ingegneri di Roma.

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La formazione professionale continua per l’ingegnere è ormai una realtà … ma tra gli ingegneri (e i tecnici in generale) sorgono spesso dibattiti circa il “mercimonio” dei CFP. Le offerte sono tante e non tutte trasparenti.

Chi ci segue da qualche tempo sa che il tema della “qualità” nella formazione tecnica è uno dei nostri pallini, ben consapevoli che nei settori dell’ingegneria e dell’architettura non ci si può improvvisare formatori.

È stato questo uno degli argomenti che abbiamo affrontato con i vertici dell’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Roma che, con i suoi 20.000 iscritti è il più numeroso in Italia.

cappiello casalboni La formazione professionale e i mercanti del Tempio. Intervista ai vertici dell’Ordine degli Ingegneri di Roma

I vertici dell’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Roma. A sinistra il presidente, Carla Cappiello; a destra il vice presidente, Manuel Casalboni

Gli ingegneri Carla Cappiello e Manuel Casalboni, rispettivamente presidente e vice presidente dell’Ordine, hanno risposto alle nostre domande sul tema della formazione professionale, ma pure su quello dell’evoluzione del mestiere di ingegnere e sull’internazionalizzazione sempre più spinta.

Mauro Ferrarini. Insomma, presidente Cappiello, per un ingegnere è difficile orientarsi nella giungla delle offerte formative, tra le quali si nascondono delle vere e proprie “fregature” o, in altri casi, solo dei “produttori di CFP” …

Carla Cappiello. La formazione continua è un dovere di legge e pertanto una realtà. Gli ingegneri, a mio parere, al di là dell’obbligatorietà normativa, devono sempre rinnovare le proprie conoscenze. Chi ha numerosi anni di esperienza professionale in settori “tradizionali”, come l’edile, ha bisogno di aggiornarsi sulle nuove branche in espansione, quali quelle digitali o dell’energie rinnovabili. Così chi è un neo laureato o con pochi anni di attività ha necessità di approfondire meglio alcune tematiche, non spesso trattate dal corso di studi, ma utili da punto di vista pratico.

La formazione, poiché ha il compito di fornire contenuti adeguati, oltre al “mero” credito formativo, deve essere di assoluta qualità.

Mauro Ferrarini. Su questo siamo d’accordo. Ma come si muove il vostro Ordine per garantire questa qualità ai propri iscritti?

Carla Cappiello. Stiamo cercando di internalizzare al massimo l’organizzazione dei corsi e li offriamo, quasi sempre, a titolo totalmente gratuito, come è giusto che sia. I partner formativi sono istituzioni di alto livello, quali università o importanti enti. I corsi sono modulati in base alle esigenze reali degli ingegneri. Il Consiglio dell’Ordine ne studia attentamente la struttura e l’impatto reale sul mondo professionale.

Noi, invitiamo tutti gli ingegneri, a diffidare da chi non è realmente accreditato presso le dovute istituzioni e che fa della formazione un mercato e un “mercimonio”di CFP.

Ordini professionali: che aiuto per gli iscritti?

Mauro Ferrarini. Il nuovo consiglio è insediato da più di un anno. Ci traccia un bilancio dell’attività svolta in questo periodo?

Carla Cappiello. Sono trascorsi circa 20 mesi dall’insediamento del Consiglio dell’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Roma. Sin dall’inizio abbiamo lavorato, e continuiamo a farlo, per essere un punto di riferimento per gli iscritti. I segni dell’impegno profuso sono molteplici.

L’obiettivo principale è quello di rendere l’Ordine romano, il più grande d’Italia con i suoi 20 mila iscritti, una struttura moderna ed efficiente, dove gli ingegneri trovino risposte concrete in breve tempo alle proprie esigenze. Da poco “abbiamo traslocato” la sede in un edificio sempre centrale, ma molto più grande, per rendere più agevole la fruizione dei servizi. Dobbiamo, infatti, puntare alla snellezza e alla semplificazione delle procedure.

Vogliamo che l’Ordine sia il luogo dove, attraverso il dialogo, nasca lo scambio di idee e progetti.

Mauro Ferrarini. Tutto molto bello, ma in concreto come fate a tradurre in realtà tutto ciò?

Carla Cappiello. Per far ciò eroghiamo mensilmente centinaia di ore di formazione di alta qualità e completamente gratuita, che permette agli iscritti sia di aggiornare le proprie competenze, come voluto dalla legge (DPR 137/2012), ma anche di fare “networking”. La riqualificazione continua, soprattutto in tempo di crisi, permette di mantenersi sul mercato, oggi purtroppo troppo chiuso a giovani e a “over 50”.

Desideriamo dare un ruolo centrale alla figura dell’ingegnere, valorizzando le eccellenze presenti sul nostro territorio.

Sstiamo cambiando il modo di comunicare, aumentando la visibilità delle attività che svolgiamo e dei temi di interesse. Lavoriamo a che l’Ordine sia più presente presso Istituzioni e associazioni di categoria. Pian piano ci stiamo riuscendo, sedendoci ad alcuni tavoli decisionali.

Mauro Ferrarini. Per esempio?

Carla Cappiello. L’ultimo “successo” è l’aver contribuito attivamente alla formulazione del nuovo “Piano casa” della Regione Lazio, approvato da pochi giorni, che contrasta con norme semplici e chiare il consumo del suolo sostenendo le persone con un reddito basso ad ottenere un’abitazione a condizioni favorevoli. Un grande risultato in un periodo di crisi economica che penalizza sia le famiglie che il settore edilizio.

Ingegnere: una professione che cambia

Mauro Ferrarini. La professione dell’ingegnere sta cambiando in tutto il mondo, andando verso la concentrazione di “saperi” iper-specializzati in società di grandi dimensioni. Il libero professionista singolo è una figura che sta diventando sempre più caratteristica dell’Italia. Ma quanto potrà durare?

Manuel Casalboni. Sono sempre più consapevole che oggi a un ingegnere è richiesto di eseguire un compito non facile: l’essere un’interfaccia tra la componete “tecnologica “ e quella “socio organizzativa” nelle istituzioni, nelle imprese e nella collettività.

Viviamo in organizzazioni molto strutturate. Si assiste alla costante evoluzione di processi economici, gestionali e soprattutto di innovazione tecnologica, che portano l’ingegnere moderno ad avere un ruolo chiave nella società. La nostra figura racchiude in sé un mix di conoscenze di programmazione, pianificazione, progettazione, che ci rende dei professionisti “completi”.

Mauro Ferrarini. Qual è l’identikit dell’ingegnere ideale?

Manuel Casalboni. Un buon ingegnere deve possedere capacità di giudizio, di comunicazione, di problem solving, oltre che “intelligenza pratica”, spirito di iniziativa, attitudine a coinvolgere e motivare il personale, senso del “tempo” e di responsabilità.

Certamente, mutando gli scenari del mondo del lavoro, sul medio e lungo periodo non sarà più possibile pensare al singolo ingegnere come realizzatore di una progettazione. E’ molto probabile che in futuro aumenti il numero di società tra professionisti. Ci si riunirà in società di ingegneria che meglio sapranno rispondere ai nuovi contesti.

Internazionalizzazione: chi è costei?

Mauro Ferrarini. Si fa tanto parlare di opportunità di lavoro e di sviluppo tramite l’internazionalizzazione. Ma all’atto pratico, cosa può fare un professionista italiano interessato?

Manuel Casalboni. L’internazionalizzazione di un’attività, compresa quella di un professionista, consiste nell’adattare il proprio lavoro verso mercati e culture differenti da quelli di appartenenza.

Le formule per attuare tale processo sono tantissime e si possono raggruppare in due percorsi, l’endogeno e l’esogeno.

Mauro Ferrarini. Ce le illustra, per favore?

Manuel Casalboni. Il primo rappresenta una ristrutturazione interna dell’attività, magari strutturandosi in forme organizzate tra professionisti, grazie anche allo studio dell’immensa letteratura su questi temi. L’altro prevede di affidarsi a organizzazioni il cui scopo è quello di assistere il professionista, accompagnandolo nell’esercizio lavorativo all’estero. Il suggerimento è di verificare bene i requisiti e le competenze di suddette organizzazioni.

Mauro Ferrarini. Esistono strumenti in seno all’ordine che possono aiutare il singolo ingegnere a muoversi con sicurezza in questo ambito?

Manuel Casalboni. Gli Ordini provinciali italiani non posseggono attualmente gli strumenti per attuare un percorso di assistenza. Ma le iniziative di partnership con Ordini e Associazioni esteri, possono far generare dei punti di riferimento territoriale in altre parti del globo, a cui il professionista può rivolgersi. Su tale indirizzo sono in corso dei ragionamenti tra gli Ordini provinciali italiani ed il Consiglio Nazionale degli Ingegneri, per individuare le strategie collettive.

Fondi europei per i professionisti: cercasi bussola

Mauro Ferrarini. Sui fondi europei anche per i professionisti si è registrato un interesse molto elevato da parte degli ingegneri … Ma quello che manca è una guida, una bussola che consenta ai liberi professionisti di sapere quando e come inoltrare la richiesta. Cosa potete dire a questo riguardo?

Manuel Casalboni. L’Unione europea sostiene con fondi comunitari l’attuazione di progetti i quali abbiano come promotori delle organizzazioni costituite da soggetti internazionali, europei ed extraeuropei. Fatta questa premessa, è da precisare che il finanziamento è al progetto prima che al soggetto.

Si inizia a dire che i professionisti, da intendersi come lavoratori autonomi, avranno accesso a questi fondi. Ma per il momento ciò non accadrà se non tramite organizzazioni con strutture di tipo associazionistico. Pertanto, la “bussola” punta direttamente all’Unione europea in attesa di sapere se vi saranno dei meccanismi di finanziabilità diretta dei progetti ai singoli professionisti.

Infine, concludo invitando i colleghi a rivolgersi ai “punti di contatto nazionali”, da cui è possibile ottenere tutte le informazioni necessarie alla partecipazione a bandi per fondi diretti in base alla programmazione europea 2014-2020.

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