Categoria: discussione-settimana

mar 19 2014

Il futuro della Formazione Professionale

Ruolo della formazione professionale nel quadro più vasto del rapporto scuola-lavoro e delle politiche in favore dei giovani; un forte investimento sullo strumento dell’apprendistato, accessibile anche a chi ha 15 anni; ridefinizione dell’offerta formativa secondo filiere o poli omogenei; semplificazione burocratico-normativa e attenzione ai risultati e alla valutazione dell’efficacia delle proposte; costruzione di un sistema formativo omogeneo e raccordo più stretto fra istituti tecnici e di formazione.

Sono questi alcuni dei principali temi emersi stamani nel corso di un incontro fra il presidente della Provincia autonoma di Trento e assessore all’istruzione Ugo Rossi, insieme ai dirigenti e ai tecnici del settore, e i direttori e presidenti degli enti e degli istituti professionali, pubblici e parificati.

Il tutto, con l’obiettivo di “dar vita ad un atto di indirizzo con il quale spiegare ai ragazzi e alle loro famiglie come vogliamo orientarci a partire dal prossimo anno”, e nella consapevolezza che in realtà a noi vicine, dalla Germania all’Alto Adige, è anche dagli istituti professionali che sono partite, con buoni risultati, le azioni contro la disoccupazione giovanile. Attualmente la formazione professionale trentina interessa quasi un terzo dell’offerta complessiva di istruzione e formazione. Quest’anno i nuovi iscritti sono stati 1440, a fronte dei circa 1900 degli istituti tecnici e dei 2480 dei licei.

“Il sistema scolastico e formativo è un’opportunità fondamentale per i nostri giovani, in tutte le sue articolazioni. In termini organizzativi abbiamo fatto all’interno dell’amministrazione delle scelte forti, e vogliamo continuare su questa strada, se necessario introducendo gli opportuni correttivi normativi. Centrale il tema dell’apprendistato, mentre sul quinto anno stiamo ragionando sulle reali aspettative per poter dare le migliori risposte”. Questi alcuni dei passaggi dell’intervento del presidente Rossi, in apertura di un incontro molto atteso nel corso del quale tutti gli intervenuti hanno avuto modo di confrontarsi e di avanzare proposte, che saranno oggetto nei prossimi mesi di un lavoro serrato assieme ai tecnici dell’amministrazione.

Un Tavolo, peraltro, è già al lavoro per mettere a fuoco i fabbisogni formativi e cercare di produrre proiezioni utili per il futuro, intercettando i bisogni reali del territorio. Al centro dell’attenzione, ha sintetizzato la dirigente Livia Ferrario, la necessità di fare un passo “più in là” nel campo dell’alternanza scuola-lavoro, potenziando l’orientamento e l’intermediazione fra domanda e offerta e utilizzando le risorse europee della “Garanzia giovani”. Riguardo all’apprendistato, esso dovrà essere introdotto in forma stabile per il diploma tecnico professionale, a conclusione del triennio, e per l’ottenimento della qualifica professionale , a conclusione del primo/secondo anno (anche per contrastare l’abbandono scolastico). Andranno individuate con il contributo delle organizzazioni datoriali le imprese disposte all’assunzione con questo tipo di contratto; le stesse aziende dovranno essere adeguatamente supportate nella definizione del “profilo formativo” dell’apprendista. Parallelamente verrà dato impulso anche alle esperienze di autoimprenditorialità.

Analoga attenzione dovrà essere riposta nelle altre forme di transizione o di accompagnamento al mondo del lavoro e nei tirocini nei periodi di lavoro estivo durante tutto l’iter formativo. Un incontro proficuo, insomma, quello di stamani, conclusosi con l’impegno a lavorare a fondo nei prossimi mesi per ridefinire esigenze e priorità di un settore considerato strategico, anche alla luce dell’importanza che esso riveste nella lotta alla disoccupazione giovanile in un momento di crisi quale è quello attuale.

mar 08 2014

Autorità LLPP: Entro aprile una determinazione sui servizi di architettura e di ingegneria

L’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture sta predisponendo una nuova determinazione con cui verranno aggiornate le linee guida per l’affidamento dei servizi attinenti all’architettura ed all’ingegneria contenute nella determinazione n. 5 del 7 luglio 2010.

Il provvedimento è all’attenzione di una commissione interna dell’Autorità coordinata dal consigliere Giuseppe Borgia, che ha già effettuato alcuni incontri con le categorie interessate e, se i tempi verranno rispettati, dovrebbe essere pubblicato entro il mese di aprile.

 

Già nel 2012, a seguito dell’entrata in vigore dell’articolo 9 del decreto legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito con legge 24 marzo 2012, n. 27, che ha disposto l’abrogazione delle tariffe professionali l’Autorità, era intervenuta con la deliberazione n. 49 del 3 maggio 2012, che conteneva le risposte ai quesiti in merito ai servizi di architettura ed ingegneria a seguito dell’entrata in vigore del decreto legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito in legge 24 marzo 2012, n. 27.

 

In linea con le nuove direttive appalti, servizi e concessioni approvate dal Parlamento europeo nello scorso mese di gennaio (leggi news) ed in corso di definitiva approvazione da parte del Consiglio dei Ministri UE, sembra che la nuova determinazione darà maggioe enfasi all’utilizzazione del criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, che nei piccoli progetti il peso attribuito al ribasso sul prezzo a base d’asta verrà limitato e che gli stessi verranno valutati sulla base della qualità della prestazione.

Il chiaro obiettivo è quello di riuscire a fermare gli attuali ribassi a doppia cifra estendendo, anche sotto la soglia comunitaria, il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa con buona pace di coloro che credono che tale sistema si presti a manipolazioni di varia natura.

 

Sembra che, invece, non troverà alcun accoglimento la richiesta dei Consigli nazionali delle professioni tecniche (architetti, dottori agronomi e forestali, geologi, geometri, ingegneri, periti agrari e periti industriali) relativa all’introduzione dell’esclusione automatica delle offerte anomale anche per i servizi di progettazione poiché per tale soluzione sarebbe necessaria una modifica del codice dei contratti.

Non troveranno, poi, accoglimento le ulteriori richiste del Professioni tecniche relative alla richiesta di limitare, per un periodo temporaneo, il ricorso alla progettazione interna alle pubbliche amministrazioni prevista dal codice degli appalti, “anche in considerazione delle istanze di spending review” ed alla possibilità di allegare alle offerte il calcolo analitico dei costi di produzione. Soluzione che sembrerebbe “volta a ripristinare i minimi tariffari”, aboliti per legge.

A cura di arch. Paolo Oreto

mar 01 2014

Il valore comunicativo del colore nell’architettura moderna

Ogni edificio è una vera e propria “macchina per abitare” e, quando in una costruzione è presente una componente cromatica espressa da una combinazione di colori, allora l’architettura raggiunge un rilevante livello di “poeticità”

Secondo l’idea di Le Corbusier, grande maestro del movimento moderno dell’architettura, ogni edificio è una vera e propria “macchina per abitare” e, quando in una costruzione è presente una componente cromatica espressa da una combinazione di colori, allora l’architettura raggiunge un rilevante livello di “poeticità”; in tale ottica dunque, egli affermava che:“L’architettura è un fatto d’arte, un fenomeno che suscita emozione, al di fuori dei problemi di costruzione, al di là di essi. La Costruzione è per tener su: l’Architettura è per commuovere.”

A partire dagli anni trenta infatti, questa importantissima concezione ha rappresentato una base essenziale per molti degli architetti odierni che si sono dedicati al colore come principio “costituente” della propria progettualità, riuscendo ad armonizzare architettura e colori anche in modo decisamente suggestivo. Il colore e i materiali sono pertanto elementi molto esclusivi, in grado di assicurare originalità e creatività ai progetti, divenendone (in alcuni casi) i fattori più distintivi, mentre (in altre occasioni) hanno operato più superficialmente, manifestando comunque importanti qualità a livello estetico-figurativo e compositivo, ma – lo rimarchiamo -anche per combattere e/o sostenere i volumi, i materiali ed i tratti più specifici di un’architettura assolutamente intesa e vissuta soltanto come “locale”.

Proprio per tale motivo, risulta oggi evidente che quasi tutta l’edilizia delle nostre aree più periferiche è letteralmente soffocata da una tangibile “rozzezza”, a testimonianza di come gli standard delle attuali costruzioni ignorino completamente qualsiasi valore estetico/stilistico (quindi culturale) generando – di conseguenza – ripercussioni per l’economia e la tecnologia, ma soprattutto per il personale “equilibrio” di quanti la sperimentano, poichè vi risiedono.

Tale situazione, può forse testimoniare quella vera e propria “rottura” fra la cultura umanistica e la cultura tecnologica che, purtroppo, sembra quotidianamente aumentare, a dimostrazione di come sia indispensabile (soprattutto per le future generazioni) un’educazione e formazione che consenta la coesistenza di entrambe le anime, poichè – nel caso dell’architettura – non si tratta solo di manufatti tecnici, ma di realizzare una migliore “civiltà” per gli esseri umani. Tale principio serve a dire insomma che l’architettura – quale manifestazione di sentimenti e rappresentazione specifica di quanto siamo stati capaci di conoscere e comprendere – può essere “arte” (di certo, ancora oggi!) poichè, malgrado le problematiche e le apparenze dei nostri tempi, possiede appunto un peculiare “valore artistico”.

In tale ottica perciò, anche le sue componenti cromatiche devono essere considerate equivalenti alle ulteriori caratteristiche di un’architettura che rappresenta ancora un sistema simbolico capace di comunicare molteplici significati, in quanto essa può condizionare persino gli atteggiamenti delle persone e, pertanto, il colore è un importante mezzo di quella comunicazione visiva a cui si collegano anche le immagini di una realtà comunque percepita sempre in forma “individuale”.

Se il colore è anche “informazione”, esso dipende essenzialmente dalla capacità di leggere l’ambiente intorno a noi attraverso caratteristiche squisitamente “personali”, poichè rappresenta lo spazio mentale nel quale si realizzano le relazioni tra contenitore e contenuti, in cui perciò confluisce lo schema progettuale dell’architetto e quello sviluppato da ogni fruitore del suo progetto: è dunque una sorta di “invito” attraverso il quale ogni area e componente architettonica entra in relazione con le persone e ne consente una lettura assolutamente “unica”.

Se infine consideriamo il bianco come la somma di tutti i colori, quando lo utilizziamo – come fece Le Corbusier nel corso del suo percorso di architetto di “frontiera” (in termini di assoluta innovazione) – è come se li adoperassimo tutti, poichè ogni età ha compreso e adottato solo alcuni colori, tralasciandone le innumerevoli varianti, visto che l’identità cromatica di qualunque componente architettonica è stata sempre rivelatrice di uno stile, di una corrente e/o di un’epoca. Era dunque naturale per Bruno Taut, grande architetto funzionalista della prima metà del novecento, sostenere: “Con il colore, allorché viene messo in rapporto pieno, diretto e senza nessun tipo di artificio con la luce, una struttura può essere riempita di vita reale. Il colore diviene quindi una componente della luce medesima, in quanto il colore è luce”.

Anche attraverso l’utilizzo di colore/luce, l’architettura ha perciò un rapporto costante e diretto con le persone, in quanto viviamo nelle città e nelle sue abitazioni e – dunque – proprio “dentro” l’architettura e non possiamo sottrarci al legame diretto con la sua forza comunicativa.

feb 27 2014

Compensare fatture PA e cartelle esattoriali

La certificazione del credito è la chiave per la compensazione delle fatture alla PA non incassate con le cartelle esattoriali pendenti. Il comma 7 bis dell’articolo 12 del Decreto Destinazione Italia ha semplificato la procedura per compensare i crediti di imprese e professionisti nei confronti della Pubblica Amministrazione.

Compensazione crediti e debiti fiscali: la procedura

La certificazione del credito

Per scomputare le cartelle esattoriali pendenti con le somme fatturate alle Pubbliche Amministrazioni è necessario che i crediti siano certificati. Per fare questo occorre avvalersi della piattaforma telematica accessibile dal sito certificazionecrediti.mef.gov.it.

La procedura pervede l’inserimento – da parte dei fornitori dello Stato, degli Enti Pubblici nazionali, delle Regioni, delle Province Autonome di Trento e Bolzano, degli enti locali e degli enti del Servizio Sanitario Nazionale – di tutte le informazioni relative alle fatture e dei provvedimenti che hanno autorizzato l’ente a commissionarle. Dopo aver accertato l’effettiva consistenza del debito, la Pubblica amministrazione rilascerà certificazione del credito.

=> Rilascio DURC con la Certificazione del credito

La certificazione potrà avvenire per i crediti derivanti da somministrazioni, prestazioni professionali, forniture e appalti. Dovranno, inoltre, essere non prescritti, certi, liquidi ed esigibili.

Una volta certificati i crediti la società potrà scegliere se compensare l’importo con tributi erariali, regionali e locali, contributi assistenziali e previdenziali, premi per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali nonché le altre imposte la cui riscossione è affidata all’agente della riscossione oppure richiedere a banche o istituti di credito un anticipo sulle fatture ovvero effettuare una cessione con la formula pro soluto o pro solvendo.

Nicola Santangelo

feb 13 2014

Riforma del catasto, le proposte dei geometri

Meccanismi di applicazione vincolati alla capacità contributiva rilevata attraverso l’Isee e utilizzo di modelli estimativi allineati ai cambiamenti socio-demografici.

Questi i punti principali della proposta di revisione organica del catastopresentata da Agefis (Associazione nazionale dei geometri fiscalisti) e dal Consiglio nazionale dei geometri e geometri laureati nel corso dell’audizione presso la Commissione Finanze e Tesoro del Senato nell’ambito dell’indagine conoscitiva sugli organismi della fiscalità e sul rapporto tra contribuenti e fisco.

“L’obiettivo di una riforma organica del Catasto deve essere duplice: correggere l’inadeguatezza che genera sperequazioni nella distribuzione di un prelievo crescente e porre le basi per una politica abitativa che tenga conto delle dinamiche socio-demografiche in atto. Dinamiche destinate a modificare radicalmente il sistema immobiliare italiano”, sottolinea il presidente di Agefis, Mirco Mion.

La proposta

Secondo Agefis, un Catasto riformato secondo quanto indicato nella proposta di legge n. 1122 potrebbe realmente intervenire sui fattori che originano sperequazioni e iniquità diffuse solo a patto che la sua applicazione possa tener conto della capacità contributiva dei proprietari. “L’indicazione di Agefis – spiega Gianni Marchetti, tesoriere e tributarista – è che il sistema attuale, caratterizzato da detraziobni o franchigie “fisse”, vada sostituito da un sistema di detrazioni o franchigie “modulate” in funzione dell’indicatore Isee. In questo modo – e a differenza di quanto avviene oggi – anche a parità di rendita può esservi un differente livello impositivo, che tenga conto della necessità di agevolare le situazioni di maggiore necessità. È però necessario che la valorizzazione della componente patrimoniale all’interno dell’indicatore avvenga sulla base del valore patrimoniale e non più sulla base della rendita catastale, seppur maggiorata con specifici moltiplicatori”.

L’Isee, quindi, oltre a svolgere la tradizionale funzione di valutazione della situazione economica di coloro che richiedono prestazioni sociali agevolate, può essere utilizzato per introdurre nella componente patrimoniale della tassazione immobiliare quei tratti di progressività e capacità contributiva già presenti nella componente reddituale.

“È evidente come la scelta degli strumenti estimativi implica un’assunzione di responsabilità enorme per i professionisti di area tecnica chiamati a intervenire”, osserva il vicepresidente del Consiglio nazionale dei geometri, Antonio Benvenuti. “La categoria dei geometri, in virtù della specifica competenza in materia, propone di impiegare gli strumenti dell’analisi statistico-estimativa nella rilevazione dei dati, nella loro elaborazione e nella verifica delle rendite secondo gli standard valutativi nazionali e internazionali”.

feb 05 2014

Semplificazione: arrivano le proposte dei professionisti italiani

La Rete delle Professioni Tecniche, facendo seguito all’incontro avuto nello scorso mese di dicembre col Ministro per la Pubblica Amministrazione D’Alia, ha presentato un primo elenco di proposte aventi come scopo la semplificazione. Queste attengono ai settori dell’edilizia, dell’urbanistica, del riuso e dell’agroalimentare.

“Si tratta di proposte incentrate sul principio della sussidiarietà e a “costo zero” per amministrazioni, imprese e cittadini”, afferma Armando Zambrano, Coordinatore della Rete delle Professioni Tecniche. “Queste – prosegue Zambrano – potrebbero accrescere significativamente la rapidità e l’efficienza di numerosi processi e procedure”.

Tra i temi affrontati dal documento della RPT c’è quello del riuso. I professionisti tecnici italiani osservano come molti comuni applichino ingenti oneri di urbanizzazione per interventi di cambio di destinazione d’uso, determinata dalla realizzazione di opere a carico pubblico. Si tratta di un prelievo che dovrebbe avere natura fiscale a cui non corrisponde una adeguata controprestazione e che ha invece l’effetto di frenare moltissimo il riuso aumentandone in modo ingiustificato i costi. “La prima misura necessaria – afferma Leopoldo Freyrie, Presidente degli architetti – consiste nell’abbattimento dei freni e degli oneri ingiustificati per il riuso urbano che, di per sé, genera valore e sviluppa l’economia e il lavoro”. Nella stessa direzione va la riduzione della metà degli oneri per gli interventi di edilizia sostitutiva sempre più diffusi, anche in funzione del risparmio energetico e della sicurezza sismica e della mitigazione del rischio idrogeologico.

Nel settore agro-industriale un tema basilare è quello dei rifiuti con l’introduzione della possibilità di tenuta delle scritture di carico e scarico da parte di molteplici soggetti. “E’ necessario adeguare – sostiene Andrea Sisti, Presidente dei dottori agronomi e dottori forestali – la normativa vigente anche al mercato dei servizi professionali seguendo le direttive comunitarie in ambito di liberalizzazioni. Il tutto si inserisce nell’ambito delle attività di effettiva semplificazione dell’iter autorizzativo (eliminazione della duplicazione o triplicazione autorizzativa) e dalle attività sussidiarie che, poste in capo agli studi professionali, possono costituire opportunità di rilancio dell’economia agricola, ambientale e forestale”.

Altra questione delicata è quella delle normative tecniche che si applicano al settore dell’edilizia. Maurizio Savoncelli, Presidente dei geometri, si esprime così: “Risulta imprescindibile e necessario che il sistema delle regole che presiedono ai controlli siano raccolte in testi unici periodicamente aggiornati a livello nazionale, affinché siano garantiti certezza e standard nazionali omogenei”.

Uno dei punti centrali del documento, infine, è la semplificazione in ambito urbanistico ed edilizio. Il primo intervento proposto dalla RPT è quello normativo, con una legge unitaria di principi delle materie di competenza statale, in modo da innovare e semplificare, superando la legislazione stratificatasi dal 1942 in poi. In seguito la RPT suggerisce di intervenire sugli enti preposti, risolvendo sovrapposizioni ed una governance eccessivamente affollata. Infine invita ad affrontare la questione della riorganizzazione tecnica e digitale.

gen 31 2014

Gli appalti pubblici dallo spreco alla ‘gestione': cinque domande ad Alberto Pavan

La Commissione Europea nei giorni scorsi ha dato una forte spinta innovativa al mercato dell’ingegneria, costruzioni e architettura. Con l’adozione della European Union Public Procurement Directive (direttiva Euppd), Bruxelles punta a modernizzare il processo di gestione del settore degli appalti pubblici, aprendo maggior prospettive agli attori che fino ad ora hanno fatto fatica a competere con i grandi gruppi e stimolando gli Stati membri a un investimento superiore su qualità delle offerte e delle gare. Per incentivare l’innovazione nei processi, la direttiva invita gli Stati a considerare l’uso di strumenti informatici: tra questi, anche il Bim, il Building Information Modeling, che permette a ingegneri, architetti e imprenditori edili di gestire e supportare i progetti in tutto il ciclo di vita attraverso l’uso di modelli in 3D digitali.

La rivoluzione che sarà apportata al settore dalla direttiva europea, Ingegneri.info comincia un ‘percorso a puntate’ guidato da esperti del settore, progettisti, architetti e altre figure di riferimento nel panorama del building. Si parte con l’architetto Alberto Pavan, Ricercatore in produzione edilizia presso il Politecnico di Milano, dove insegna Project Management alla VI Facoltà di ingegneria.

Qual è il quadro critico in materia di appalti pubblici in cui va a inserirsi la recente adozione della direttiva Euppd da parte dell’Europarlamento?

Passato il periodo di emergenza post Tangentopoli, con un assetto normativo rivolto più ai trascorsi problemi giudiziari, appunto, che a quelli edilizi e costruttivi (il quadro “merloniano” non è poi così difforme e innovativo rispetto a quello ottocentesco, solo che nessuno aveva mai realmente applicato il precedente), si è sperato in un superamento della fase di emergenza con l’adozione delle direttive europee del 2004 ed i successivi Codice e Regolamento. In vero, duole invece rilevare che nulla è cambiato sotto questi cieli: se siamo ancora all’87% di aggiudicazioni al massimo ribasso; se i 2/3 del tempo di produzione di un’opera pubblica sono ancora assorbiti da burocrazia e progetto, e solo 1/3 dalla realizzazione, ma le stazioni appaltanti soccombono negli arbitrati per il 99% delle volte contro le imprese; se mediamente si vince con ribassi intorno al 20, ma non si grida a sufficienza alla scandalo per gare aggiudicate anche al 40, per poi verificare che, infine, tra ritardi, danni, vertenze, ecc. le opere ci costano il 130% con buona pace del ribasso; se tutto questo è la triste realtà deve ancora passarne di acqua sotto questi ponti (aspettando quello sullo stretto, ovviamente).

Qualità, tempi e costi; efficienza ed efficacia del processo e del prodotto. Le parole d’ordine non sono mai cambiate. La nuova direttiva comunitaria fa un ulteriore passo verso la meta. Resta sempre da vedere come noi, e se, riusciremo mai ad applicarla. Guardiamo come è stato tradotto, nella nostra lingua, il comma sul Bim e ci rendiamo conto subito che la partenza non è forse delle migliori. Sembra che il passaggio dalla “Lettera 22” al Pc sia già Bim. Occorrerà vigilare.

Perché la direttiva cerca di dare maggior risalto al criterio della qualità nell’offerta e aggiudicazione? Quali i limiti che essa cerca di contrastare in termini, in particolare, di costi?

Trattandosi di prodotti immobili, da produrre dove si necessitano, non serializzabili – fondamentalmente dei prototipi seppur fatti da componenti seriali – con ciclo di vita a lungo o lunghissimo termine per i prodotti, mentre i loro componenti restano a breve o medio termine, come e più che negli altri settori, nelle costruzioni la fase di ideazione e pre-produzione assume un ruolo cruciale troppo spesso sottovalutato. In cui per lo più non si invita nemmeno la produzione a partecipare. I costi, soprattutto quelli a venire (7 o 10 volte la costruzione), stanno tutti lì e non sono più modificabili. Se non con ulteriori costi ed in rincorsa, però, anziché in prevenzione.

In questo quadro è ovvio che il passaggio dalla ideazione alla produzione non può continuare ad essere visto come la ricerca di uno sconto sul prezzo od il rapporto malato tra una parte “buona” (la P.A.) ed una “cattiva” a prescindere (l’impresa). Le regole, che è fondamentale permangano, devono andare sempre più verso la definizione prioritaria di un interesse comune a tutti i soggetti coinvolti (committenti, progettisti, utenti, gestori e manutentori), altrimenti non saranno mai sufficienti e soprattutto mai efficaci. Al legislatore è richiesto sempre più di non pensare a sistemi di penalizzazione, ex-post, ma di introdurre modelli di collaborazione, ex-ante. E la nuova direttiva, con i focus apportati rispetto alla precedente, potrebbe aver aggiunto un nuovo tassello su di un cammino che resta – sempre meglio non farsi prendere troppo dalle illusioni – ancora lungo.

Perché e in che modo l’incentivazione ad adottare il Bim nella progettazione e gestione completa del ciclo di vita rappresenta una svolta verso la qualità nel settore degli appalti pubblici?

 

La vera collaborazione verso un obiettivo comune, seppure nel rispetto dell’interesse specifico di ciascuno (motore dell’economia), anziché il mero antagonismo di ruoli e rendite acquisite (committenza, progettisti, imprese, ma ancora: credito, assicurazioni, utenza, gestori, ecc.), è l’unica strada seriamente percorribile per migliorare il prodotto edilizio e rendere più efficiente il processo costruttivo. Come sempre, farlo non è come dirlo, e, perché le cose accadano, se da un lato è necessario attendere che siano disponibili ai più gli strumenti necessari, dall’altro è poi altresì necessario impegnarsi per incentivarne l’utilizzo.

 

Ora gli strumenti, seppure non completi e sicuramente perfettibili, ci sono, la tecnologia c’è, a partire dal Bim. Bisogna vedere come il mercato li impiega e quali leve può efficacemente mettere in campo il suo regolatore (Comunità Europea e stati nazionali). Speriamo in modo più efficiente di quanto abbiano fatto per l’efficienza energetica, dove, ridotti gli incentivi, il barlume di indotto creatosi va già a riassorbirsi.

Non esiste la riduzione dei costi ma il mancato sperpero di risorse. E’ irrilevante il costo del Guggenheim di Bilbao se consideriamo che quell’edificio è stato il motore culturale che ha permesso a quella città di affacciarsi al mondo e poi modificare negli anni, e forse per sempre, la sua secolare storia mercantile, che stava vivendo dalla fine degli anni ‘70 un oramai inesorabile declino. Non è mai un vero problema di costo ma di spreco, o di corretta allocazione di risorse. Come per gli incentivi. E’ la gestione proattiva delle informazioni, a qualsiasi livello, il primo vero passo da compiere.

Lei ha parlato di passaggio dal Building Information “Modelling” al “Building Information Management”: può spiegare cosa intende?

Gestione delle informazioni. La parola magica non è modellazione ma “gestione” (management). E’ importante che il mercato esca dal concetto di visualizzazione tridimensionale per comprendere che la modellazione di cui si tratta (modelling) è parte, importante ma non globalizzante (anzi) del Bim o, per meglio dire, del Bim&M. Il Bim non è una immagine fotorealistica di un’utopia ma è la prototipazione e l’ingegnerizzazione della concretezza del processo edilizio e delle esigenze delle persone che vivranno il suo prodotto. E’ la galleria del vento virtuale della Formula 1. Bim è gestione a tutto tondo delle informazioni (management). E’ produzione e non disegno.

Il modello tridimensionale, il disegno, è certamente il miglior veicolo entro cui far viaggiare, tra gli attori e nel tempo, ogni informazione, ma resta il veicolo. E’ il mio driver di informazioni non è l’informazione (o per lo meno non l’unica). Relegare il Bim ad una problematica da e tra professionisti ne ha sino ad ora limitato l’inevitabile diffusione. Quando le case software dedicheranno gran parte delle loro risorse a risolvere concretamente i problemi del credito, dei committenti, delle imprese e dei produttori di componenti, come in parte ora stanno facendo, allora si vedrà il vero cambio di marcia.

Lei è responsabile del progetto INNOVance, il programma lanciato nel 2011 che punta a costituire una banca dati ‘aperta’ per la progettazione. Può illustrarne le potenzialità e il legame con il Bim? A che stato è il progetto?

INNOVance è al suo ultimo anno di sviluppo. E’ la prima banca dati nazionale uniformata del settore delle costruzioni, che vede collaborare la ricerca con il mondo della produzione edilizia e dei componenti per uno sforzo di messa a rete comune delle conoscenze. INNOVance usa come veicolo informativo il Bim e come focus la progettazione per estendersi a 360° sulla produzione e gestione/manutenzione al fine di comprendere l’intero ciclo di vita dei manufatti su di una piattaforma di lavoro comune aperta a ogni tipologia di software. E’ un luogo dove depositare e raccogliere le informazioni, interrogabile da ogni strumento proprietario per qualsiasi elaborazione necessaria: dal disegno, al computo, alle simulazioni energetiche, ecc.

INNOVance ospita in modo razionale e standardizzato le informazioni perché chiunque possa utilizzarle al meglio in qualsiasi momento del processo. Prima della piattaforma era già stata scritta la Norma di principio, Uni 11337:2009, e, attualmente, parallelamente allo sviluppo del progetto si stanno redigendo più Specifiche Tecniche (preludio alle future parti applicative della Norma) che riguardano i criteri di denominazione univoca e le Schede Tecniche informative dei prodotti da costruzione, delle opere, dei mezzi e delle lavorazioni coinvolti nel processo edilizio. Un ultimo capitolo sarà dedicato al recepimento della normazione internazionale sul Bim (Iso e En, in avvio) ed alla prima Norma nazionale Bim dedicata, in particolar modo, all’uso della metodologia nel panorama legislativo ed operativo italiano.

gen 26 2014

Gare di progettazione, tagliato fuori il 97% dei professionisti

Le professioni tecniche all’Antitrust: l’84% degli studi ha un solo addetto ma il mercato è riservato alle grosse società.

Più del 97% dei professionisti italiani è escluso dalle gare d’appalto per l’affidamento dei servizi di ingegneria e architettura. È quanto emerge dal monitoraggio dell’Agenzia delle Entrate per l’applicazione degli studi di settore.

Il dato, ripreso dal coordinamento tra le professioni dell’area tecnica in materia di lavori pubblici, è stato segnalato all’Autorità del Garante della Concorrenza e del mercato e al Governo in modo da sollecitare una serie di modifiche normative.

Come evidenziato dal coordinamento, che raggruppa i Consigli Nazionali di architetti, ingegneri, geometri, geologi, agrotecnici, dottori agronomi e dottori forestali, periti agrari e periti industriali, i limiti imposti dall’articolo 263 del Dpr 207/2010, Regolamento attuativo del Codice Appalti, legati a fatturato globale, lavori realizzati negli ultimi dieci anni, svolgimento di servizi e numero medio annuo del personale tecnico utilizzato negli ultimi tre anni, sono insostenibili e non proporzionati alla realtà in cui opera la stragrande maggioranza dei professionisti. Le disposizioni impediscono inoltre l’accesso di nuovi professionisti sul mercato.

Prendendo come riferimento un periodo di imposta precedente alla crisi, sottolinea il coordinamento, emerge che il numero medio di strutture professionali con un addetto è pari all’84,5%, mentre quelle con un numero di addetti da 1 a 3 rappresentano il 10,5% del totale. Le percentuali si riducono al crescere del numero di addetti. Le società che contano da 3 a 5 professionisti sono il 2,3% e quelle con un numero di addetti da 5 a 10 sono l’1,7%.

Ne consegue che, spiegano i professionisti del coordinamento, se in una gara la stazione appaltante fissa un numero di addetti tra 5 e 10 si crea una chiusura del mercato pari al 97,3%. Si arriva a questa cifra sommando l’84,5%, il 10,5% e il 2,3% rappresentato dalle realtà professionali di dimensioni inferiori.

 

Il mercato dei lavori pubblici, lamenta il coordinamento, sembra quindi riservato alle grosse società di professionisti. Una situazione che si pone in contrasto con il diritto comunitario e i principi dello Small Business Act, che mirano a favorire la competitività delle piccole e medie imprese, e alla quale non si può rimediare ricorrendo all’avvalimento.

Sulla base di queste osservazioni il coordinamento delle otto professioni ha chiesto all’Autorità del Garante della Concorrenza e del mercato un intervento normativo per la modifica delle disposizioni che determinano distorsioni della concorrenza e del corretto funzionamento del mercato.

Ma non solo, perché gli otto Consigli nazionali hanno portato all’attenzione del Governo altre proposte per dare nuove opportunità di lavoro a professionisti, imprese, come il rilancio dei concorsi di idee e di progettazione quale strumento di selezione fondato esclusivamente sulla qualità del progetto, la garanzia di maggiore trasparenza nella composizione delle commissioni giudicatrici per le procedure di affidamento caratterizzate da una notevole discrezionalità e la riduzione dei ribassi eccessivi dei compensi, che oggi sfiorano la soglia dell’80%.

gen 15 2014

«CRITICITÀ E OPPORTUNITÀ: COME VALORIZZARE IL LAVORO DEI PROFESSIONISTI»

Riforma delle professioni, trasparenza, remunerazione, formazione, prestazioni private e pubbliche: questi i temi oggetto dell’incontro tra il sottosegretario alla Giustizia Giuseppe Berretta, il presidente e il vice presidente dell’Ordine degli Architetti di Catania, rispettivamente Giuseppe Scannella e Salvo Fiorito.

 Il primo focus è stato dedicato alle prestazioni relative a dichiarazioni, certificazioni e attività di interesse pubblico (certificazioni energetiche e di sicurezza sismica, collaudi), «che dovrebbero essere rese in regime di indipendenza intellettuale ed economica dal soggetto richiedente e quindi non governate dal libero mercato», ha affermato Scannella. Da qui la proposta di «implementare un sistema di remunerazione pubblica incamerata direttamente dallo Stato e retrocessa in quota parte al professionista, per rendere utili e veritiere le dichiarazioni delle prestazioni».

 

Al centro del confronto anche l’assicurazione obbligatoria, uno dei punti della riforma delle professioni che «per essere efficiente – ha continuato il presidente – dovrebbe attivare i principi di concorrenza, stabilire i requisiti minimi prestazionali e assicurare la “simmetria delle tutele”, sia per la committenza che per il professionista. I costi assicurativi dovrebbero esser resi interamente deducibili per alleggerire i professionisti dagli oneri fiscali». Uno strumento efficace per attuare il contrasto all’evasione fiscale potrebbe essere inoltre il contratto di prestazione d’opera professionale «che potrà svolgere più efficacemente la sua funzione se diventa documento obbligatorio da prodursi in seno alle istanze di autorizzazione edilizia e, comunque, in assenza del quale si ha diritto alla percezione del compenso, con vantaggi in trasparenza e fedeltà fiscale». Si è parlato anche della mancanza di una completa definizione dei profili fiscali e previdenziali in capo alle Società tra professionisti (Stp), che ne sta penalizzando lo sviluppo: «La definizione di questi aspetti appare indifferibile per correggere alcuni lati tecnici – ha continuato Scannella – come l’obbligo per le Stp di iscriversi a tutti gli Albi professionali cui appartengono i soci: una complicazione burocratica, visto che le Società sono iscritte alle Camere di Commercio e i professionisti ai rispettivi Albi».

 

Quanto alla formazione obbligatoria, a detta dei rappresentanti dell’Ordine, «non si comprende per qual motivo i relativi costi non siano interamente deducibili. Mentre sarebbe opportuna l’istituzione del tirocinio professionale accompagnato dalla semplificazione delle prove relative all’Esame di Stato per l’accesso alla professione».

 

«In considerazione che il ruolo e la figura etica del professionista prescindono dalla forma contrattuale applicata – ha sottolineato Scannella – è opportuna la reintroduzione dell’obbligo di iscrizione all’Ordine per i dipendenti della Pubblica amministrazione, come ulteriore stimolo ad operare secondo principi di correttezza». Ultimo tema sollevato è stato quello dell’Albo unico professionisti presso la Regione Siciliana, che «sebbene adottato da molto tempo – ha concluso – non è stato ancora ufficialmente presentato generando confusione e difformità di comportamento nelle diverse stazioni appaltanti».

 «In questi mesi ho avuto l’occasione di incontrare più volte i rappresentanti degli Architetti, sia a Catania che i vertici nazionali dell’Ordine – ha dichiarato il sottosegretario alla Giustizia Giuseppe Berretta – le questioni sollevate sono importanti perché hanno ricadute notevoli non solo sull’attività dei professionisti, e anche dei giovani che si affacciano alla professione, ma possono avere risvolti anche per l’intero sistema Paese. Ringrazio l’Ordine degli Architetti di Catania per questo ulteriore momento di incontro, a loro ho assicurato la massima attenzione e ho garantito il mio impegno a fare tutto il possibile per affrontare in seno al Governo nazionale problematiche molto sentite dai professionisti del settore, quali l’assicurazione obbligatoria e le prestazioni di interesse pubblico».

gen 08 2014

COMPENSI PROGETTUALI PER I LAVORI PUBBLICI: STABILITE LE METODOLOGIE DI CALCOLO

“Finalmente regole certe per i professionisti”, commenta così il Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori il decreto sulle metodologie di calcolo per le tariffe dei lavori pubblici pubblicato sulla Gazzetta ufficiale e che contiene i parametri da applicare per la determinazione dei corrispettivi da porre a base di gara nelle procedure di affidamento dei servizi di architettura e di ingegneria.

Questo provvedimento, fortemente voluto dagli architetti italiani, viene a colmare il vuoto normativo determinatosi nel settore relativamente alla classificazione dei servizi professionali e alla determinazione dei loro corrispettivi, vuoto che ha aggravato – negli ultimi tempi – la situazione di un settore già in sofferenza.

“Alla crisi economica che ha letteralmente messo in ginocchio l’intero settore si è aggiunta, negli ultimi anni – sottolineano gli architetti italiani – la cancellazione dei riferimenti tariffari che, con il passaggio dalla regolamentazione degli onorari riguardanti le nostre attività ad una fase di assoluta confusione, ha eliminato per i professionisti qualsiasi riferimento certo.”

“Con il risultato che troppe Amministrazioni pubbliche – e troppo spesso – hanno applicato in questi anni ribassi nei compensi, raggiungendo percentuali inconcepibili e compromettendo, al di là di ogni possibile risparmio, la qualità di molte prestazioni professionali e la buona esecuzione delle opere pubbliche, non mostrando alcuna considerazione per il lavoro intellettuale svolto dai progettisti né per il valore dei progetti”.

“Ci auguriamo ora una inversione di rotta – anche grazie a questo provvedimento che introduce elementi innovativi ed in linea con criteri di trasparenza, chiarezza e semplificazione”.

E proprio per facilitare il lavoro alle Stazioni appaltanti il Consiglio Nazionale degli Architetti ed il Consiglio Nazionale degli Ingegneri hanno realizzato un apposito software – a disposizione di tutti i professionisti – in grado di calcolare i compensi professionali in modo semplice e immediato.

gen 08 2014

Il cliente e l’architetto

Non sempre il confine tra i due ruoli è chiaro e definito; esistono però committenti consapevoli.

Gianluigi Ricuperati, direttore di Domus Academy, preferisce chiamarlo committente per contemplare il senso di impegno e responsabilità derivato dal termine commitment, ma di questi tempi, all’esercito dei 180mila architetti iscritti agli ordini delle province italiane basterebbe sapere che il futuro riserva loro ancora qualche cliente.

Quale tipologia di cliente vorremmo essere per un architetto? Ecco alcuni esempi da apprezzare, premiati con la targa Cultori dell’architettura dall’Ordine degli Architetti di Torino lo scorso 17 dicembre.

Tipo A _ Adriano Olivetti: Illuminato, generoso, con uno spiccato impegno nel valorizzare il tessuto sociale e urbanistico. È l’industriale colto e facoltoso, che investe creando un’eredità architettonica così importante ad Ivrea, tanto da candidare oggi i suoi edifici nella tentative list dell’Unesco.

Tipo B _ Alessandro Baricco: visionario, sensibile, capace di cogliere l’energia e lo spirito di un luogo, come è accaduto per l’ex caserma Cavalli a Torino, da quest’anno nuova sede della scuola Holden, di cui è preside. È l’intellettuale, lo scrittore che costruisce cattedrali e spazi abitabili per i lettori dei suoi romanzi.

Tipo C _ Paolo Sanna: consapevole, impegnato, capace di fare della condivisione uno stile di vita, che si concretizza nel modello di co-housing Numero Zero che ha realizzato per sé e per i suoi amici, ma aperto al quartiere. È il professionista promotore dell’abitazione sartoriale contro il prêt-à-porter immobiliare.

La casistica non si esaurisce certamente qui.

Liliana Pastorin

dic 24 2013

Servizi di Architettura e Ingegneria, il commento degli Ingegneri al decreto parametri sulle gare di progettazione

Dopo circa un anno e mezzo dalla entrata in vigore e dalla successiva conversione in legge del decreto legge 83/2012 che, modificando il comma 9 dell’art. 2 del dl 1/2012, prevedeva l’emanazione di un apposito decreto ministeriale per la determinazione dei corrispettivi, da porre a base di gara nelle procedure per gli affidamenti dei servizi tecnici, finalmente viene pubblicato in Gazzetta il 20 dicembre 2013 il DM n. 143 del Ministero della Giustizia di concerto con il Ministero delle Infrastrutture: “Regolamento recante determinazione dei corrispettivi da porre a base di gara nelle procedure di affidamento di contratti pubblici per servizi relativi all’architettura e all’ingegneria”.

Decreto fortemente voluto dalle categorie professionali ed in particolare dagli ingegneri e dagli architetti che hanno costantemente seguito e coadiuvato i due ministeri nella stesura della norma. Ci sono voluti circa 18 mesi, due Pareri del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, uno dell’Autorità di Vigilanza, del Consiglio di Stato e della Corte dei Conti per arrivare alla definitiva approvazione della norma e alla sua pubblicazione.

La principale novità introdotta dal cosiddetto Decreto Parametri Opere Pubbliche, è quella di avere colmato il vuoto normativo determinatosi per effetto dell’abrogazione delle tariffe nel settore degli affidamenti professionali di incarichi di progettazione o di natura tecnica.

Nella valutazione del decreto non si può non fare riferimento all’importante novità contenuta nella norma primaria, che sottende l’emanazione del DM. Infatti il comma 1 dell’art. 5 del DL 83/2012, convertito nella Legge 134/2012, stabilisce che per la determinazione dei corrispettivi da porre a base di gara, si applicano i parametri individuati dal presente DM modificando in tal senso l’art. 92 del Codice dei Contratti che dava facoltà al RUP di utilizzare le tariffe professionali se ritenute congrue.

La trasparenza è quindi l’obiettivo primario che persegue la nuova norma che, con l’utilizzo dei parametri per la determinazione del corrispettivo, toglie discrezionalità alle stazioni appaltanti nella determinazione dell’importo da porre a base di gara nelle procedure di affidamento dei servizi tecnici.

Ciò costituisce un elemento di forte trasparenza, perché da una determinazione corretta del corrispettivo discende l’individuazione della fascia a cui sottoporre la procedura. Con l’aumento dell’importo a base di gara infatti, l’individuazione del contraente avviene con requisiti di partecipazione più pregnanti e criteri di scelta meno discrezionali.

In questo senso i Consigli Nazionali degli Ingegneri e degli Architetti hanno predisposto una guida contenente spiegazioni, metodo di calcolo, esempi e software applicativo sulla determinazione dei corrispettivi da porre a base di gara che riprodotta in 20.000 copie sarà inviata gratuitamente a tutte le Stazioni Appaltanti d’Italia e a tutti gli Ordini Provinciali degli Ingegneri e degli Architetti oltre ad essere scaricabile dai siti dei due Consigli Nazionali.

La nuova procedura di calcolo dei corrispettivi è sicuramente più semplice della precedente Tariffa e soprattutto cogente con il nuovo quadro normativo in materia di prestazioni professionali nel caso di opere pubbliche.

La classificazione dei servizi professionali ed il quadro delle prestazioni riportate nella Tav. Z1 e Z2, allegate al DM, tengono conto, inoltre, delle variazioni intervenute nella normativa di riferimento nel settore delle Opere Pubbliche che, a partire dalla Legge 109/94 e fino alla emanazione del Dlgs 163/2006 e i suoi correttivi, ha conosciuto una serie cospicua di modifiche ed integrazioni che hanno determinato un complesso normativo articolato e sostanzialmente completo, per l’intero settore degli appalti dei servizi e delle forniture.

Infine col regolamento di attuazione del Codice (D.P.R. 207/2010), relativamente alle prestazioni professionali di cui ai servizi di architettura ed ingegneria, sono stati definiti strumenti normativi e regolamentari che hanno condotto ad una quasi completa rivisitazione ed aggiornamento della normativa precedente che si può considerare, finalmente compiuta, con l’entrata in vigore del presente decreto.

Il Decreto emanato si concretizza e si qualifica per l’aspetto innovativo, in linea coi principi di trasparenza, chiarezza e semplificazione della norma ed è coerente, con l’intento di dare compimento al quadro normativo dei servizi tecnici, tenendo conto dell’ampliamento del quadro normativo dovuto all’emanazione del Codice degli Appalti e del relativo Regolamento rispetto alle norme previgenti che facevano riferimento alla Legge n. 109 del 1994.

In tale ottica la pubblicazione del presente decreto, in luogo dei precedenti riferimenti normativi relativi ai servizi tecnici (D. M. 04.04.2001), integra e completa le precedenti regole sulla classificazione dei servizi e il relativo quadro prestazionale.

Ing. Michele Lapenna

Consigliere Tesoriere – Consiglio Nazionale Ingegneri

Referente Servizi di Ingegneria e Architettura

dic 08 2013

I video dell’Assemblea consultiva su Inarcassa

Il 25 novembre 2013 si è tenuta presso la sede dell’Ordine APPC di Roma e Provincia un’Assemblea Consultiva a cui hanno preso parte i delegati per gli architetti e ingegneri di Roma e provincia ing. A. Croce, arch. M. Alcaro, arch. G. Valle, l’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Roma nella persona del consigliere ing. L. Coticoni e gli iscritti degli Ordini APPC e degli Ingegneri di Roma.

 Riportiamo qui la video-registrazione dell’Assemblea con l’invito a proseguire on-line il dibattito avviato, che è il primo passo nel lavoro di costruzione di azioni condivise.

x ACCEDERE AI VIDEO

 

 

nov 30 2013

SCADENZE FISCALI: CONFPROFESSIONI, SIAMO NEL CAOS

Un vero e proprio pasticcio, che mette i professionisti e i contribuenti in gravissime difficoltà ad adempiere all’obbligo fiscale”.

Così il presidente di Confprofessioni, Gaetano Stella, bolla il decreto legge varato dal governo lo scorso 28 novembre che ha prorogato i termini per il pagamento del secondo acconto d’imposta per i contribuenti soggetti ad Ires. “Non si possono cambiare le regole del gioco quando la partita è già cominciata” afferma Stella.

“Il provvedimento varato dal governo sta causando un vero e proprio caos tra professionisti e imprese che, a due giorni dalle scadenze di pagamento degli acconti d’imposta, si sono visti cambiare tempi e regole per pagare le tasse”. “Confprofessioni sostiene con forza l’iniziativa dell’Associazione nazionale consulenti del lavoro e di tutti i professionisti che operano nell’area economica e fiscale. Ribadisce con fermezza che il decreto del 28 novembre scorso non permette ai colleghi professionisti di operare in modo corretto e non consente di consegnare, per tempo, le deleghe di pagamento ai propri clienti”, continua Stella.

“La nostra Confederazione stigmatizza l’atteggiamento del governo che anziché semplificare gli adempimenti fiscali sembra più orientato a mettere paletti ai contribuenti onesti che vogliono pagare le tasse. Non è questa la strada per combattere l’evasione fiscale”, conclude il presidente di Confprofessioni..

nov 18 2013

Sulla responsabilità del DdL e del RSPP per la mancata formazione

Responsabili il datore di lavoro e il RSPP di una cooperativa per l’infortunio occorso ad un operaio comune adibito a una mansione qualificata senza la preventiva formazione e senza l’addestramento all’uso dell’attrezzatura utilizzata. Di G. Porreca.

Una sentenza questa della Corte di Cassazione che pone in evidenza l’importanza, ai fini della prevenzione degli infortuni, della formazione dei lavoratori per lo svolgimento della mansione alla quale sono adibiti nonché dell’addestramento degli stessi all’uso di attrezzature di lavoro ad essi affidati. La suprema Corte ha infatti confermata la sentenza di condanna inflitta nei gradi inferiori di giudizio sia al Presidente di una cooperativa, in qualità di datore di lavoro, che al responsabile del servizio di prevenzione e protezione dell’azienda ritenuti responsabili di un infortunio mortale occorso ad un dipendente della cooperativa stessa durante alcuni lavori boschivi ed in particolare durante l’abbattimento di un grosso pino mediante l’uso di una motosega. Al Presidente della cooperativa era stata addebitata la colpa di non avere organizzato dei corsi di formazione e addestramento dei neoassunti che avrebbero richiesto l’impiego di risorse finanziarie e la riduzione delle ore di lavoro attivo mentre al RSPP è stato imputato l’inadempimento a siffatto obbligo pacificamente rientrante nelle proprie mansioni.

Aggiornamento quinquennale lavoratori Lavoratori – Aggiornamento quinquennale lavoratori

Corso di aggiornamento quinquennale per lavoratori di tutti i settori o comparti aziendali.

L’evento e le condanne nei primi gradi di giudizio

Il Presidente del consiglio di amministrazione e legale rappresentante di una società cooperativa a r.l. ed il responsabile del servizio di prevenzione dei rischi e responsabile aziendale per la sicurezza della cooperativa stessa sono stati tratti a giudizio dinanzi al Tribunale per rispondere del delitto p. e p. dall’art. 113 c.p., art. 589 c.p., comma 2 perché, in cooperazione colposa tra loro, per colpa generica ovvero per negligenza, imprudenza, hanno cagionata la morte di un operaio comune avventizio, dipendente sella cooperativa, che, mentre era intento ad abbattere con il solo uso della motosega un pino del diametro di 25-30 cm. circa, la cui chioma era rimasta impigliata nella vicina vegetazione, omettendo di adottare le corrette procedure e di usare le anzidette attrezzature complementari che gli avrebbero consentito di operare in condizioni di maggior sicurezza, veniva schiacciato mortalmente dal peso del pino che improvvisamente si spostava dalla posizione di stallo, rotolandogli addosso. L’imperizia contestata era consistita nell’aver omesso di informare e formare adeguatamente l’operaio comune avventizio, nell’avergli affidato un lavoro di taglio boschivo con uso di motosega, nell’aver omesso di prevedere il caso del cosiddetto “albero impigliato” nel piano operativo/sostitutivo di cantiere, trattandosi di evenienza frequente nei lavori di diradamento boschivo, e nell’aver omesso infine di fornire all’operaio le attrezzature complementari per affrontare la procedura di abbattimento di un albero impigliato quali la leva d’abbattimento, lo zappino ed il “triforte”.

Con riferimento alla dinamica dell’infortunio il Tribunale, sulla base di quanto emerso dall’istruttoria, ha ritenuto che l’operaio avesse erroneamente proceduto all’abbattimento dell'”albero impigliato”, avendo effettuato il secondo taglio dell’albero senza lasciare la cosiddetta cerniera o lasciandone una insufficiente a sostenere il peso dello stesso di guisa che questo, una volta libero, ha effettuata una rotazione incontrollata attingendo la vittima all’addome ed ha ravvisato peraltro il nesso di causa tra i comportamenti commissivi ed omissivi ascritti agli imputati nel capo di imputazione e l’evento accaduto.

La Corte di Appello ha successivamente confermata la pronunzia di primo grado, rimarcando, in particolare la sussistenza, al di là di ogni ragionevole dubbio, del nesso di causa fra l’infortunio, cagionato dalla mancata formazione e dall’omesso addestramento dell’operaio, incaricato ciononostante di usare la motosega pur in difetto della necessaria qualifica di operaio specializzato, così come contestato agli imputati, e l’evento.

Il ricorso in Cassazione e le decisioni della suprema Corte

Entrambi gli imputati hanno proposto ricorso per cassazione tramite lo stesso difensore adducendo una serie di motivazioni. Gli imputati hanno sostenuto, in particolare, che l’evento mortale non era stato cagionato dalla mancata formazione del lavoratore infortunato il quale, grazie all’esperienza maturata nel taglio boschivo, aveva operato correttamente nell’abbattimento dell’albero e nella risoluzione delle difficoltà che presentava il caso del cosiddetto albero appoggiato, ma da fatti sopravvenuti, imprevedibili ed eccezionali avendo provocato la contro-spinta esercitata sul tronco dall’albero di appoggio, la rottura della cerniera lasciata secondo la consueta prassi, una frazione di secondo prima del previsto, allorché il lavoratore stava riponendo a terra la motosega e che inoltre, dopo l’incidente, durante il ricovero in ospedale, un’ulteriore serie di sfortunate circostanze ed in particolare la patologia cardiaca avevano provocata la morte dell’operaio. Il Presidente della cooperativa, in particolare, ha sostento di non essere consapevole degli interventi in materia di sicurezza del personale e di limitarsi solo ad un controllo sotto il profilo formale e che aveva delegato alle mansioni in materia di attività formativa il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, titolare di apposita delega di mansioni con possibilità di spesa e di investimento.

La Corte di Cassazione ha ritenuto i ricorsi infondati e li ha pertanto respinti. Secondo la stessa, la Corte distrettuale aveva congruamente e logicamente ritenuto che la causa dell’infortunio fosse da individuare “esclusivamente nella mancata formazione e nel mancato addestramento dell’operaio” e nell’averlo adibito nell’impiego della motosega (con la quale aveva svolto solo poche ore di lavoro) affidandogli in tal modo mansioni proprie di un dipendente specializzato nonostante la qualifica di operaio comune avventizio. ”La vittima pertanto”, ha ribadito la Sez. IV, ”in difetto di adeguato addestramento nel taglio degli alberi di alto fusto e di esperienza consolidata nel tempo nell’uso di detto strumento di lavoro, non fu in grado di supplire a tale deficit formativo ed addestrativo, nel raffrontare in sicurezza il “pur minimo imprevisto” presentatosi nella concreta situazione di ‘albero impigliato’ (non caduto a terra, dopo il primo taglio del tronco, perché sostenuto dalle chiome degli alberi esistenti a valle) nella quale, trovandosi ad abbattere un pino di cm. 30 circa di diametro, cresciuto su di un terreno in pendenza, ebbe ad effettuare un secondo taglio a circa un metro dal primo senza lasciare la cerniera ovvero lasciando una cerniera insufficiente a sostenere il peso dell’albero che, libero del peso del troncone di un metro, ha effettuato una rotazione colpendo l’operaio all’addome”.

“Ciò posto”, ha proseguito la suprema Corte, “nessun dubbio poteva quindi sussistere in ordine alla responsabilità per colpa, ascritta ad entrambi gli imputati in ordine alle acclarate condotte commissive ed omissive per il mancato svolgimento di apposti corsi di formazione sul taglio degli alberi con l’ausilio della motosega, previsti solamente ‘sulla carta’ ed, invece, ‘significativamente tenuti ed organizzati solo dopo questo infortunio’ come altresì sottolineato dalla sentenza di primo grado”.

Al responsabile del servizio di prevenzione e protezione e responsabile aziendale della sicurezza, ha così proseguito la Sez. IV, “si deve imputare il grave inadempimento a siffatto obbligo pacificamente rientrante nelle proprie mansioni, a tanto non potendo supplire il mero affiancamento ‘del neo assunto ad un operaio esperto’ quale procedura di addestramento impiegata fino alla data dell’infortunio”. Neppure il rappresentante legale della cooperativa, ha quindi concluso la suprema Corte, “può andare esente da responsabilità, diversamente da quanto sostenuto dalla difesa, per aver tollerato (e di fatto avallato) la mancata effettuazione dei corsi di addestramento per i neo – assunti che avrebbero reso necessario l’impiego di risorse finanziarie e la riduzione delle ore di lavoro attivo degli operai, trattandosi di scelte in materia di organizzazione gestionale della cooperativa, facente capo esclusivamente al suddetto imputato in posizione apicale”.

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