Nonostante la grande vitalità del mercato dei bandi pubblici per servizi di ingegneria e architettura e il taglio dei requisiti di accesso, i piccoli studi non riescono ad allargare il loro giro d’affari.
E nemmeno l’equo compenso, obbligatorio nel mercato pubblico da maggio, è riuscito a portare effetti su un settore ancora sbilanciato a favore dei più grandi. Addirittura, i professionisti meno strutturati hanno fatto registrare un arretramento dopo l’entrata in vigore del nuovo Codice appalti, a beneficio di società, consorzi e cooperative: la fetta di mercato degli studi vale circa il 22% nel 2016, rispetto al 34% del 2015. Dice questo una delle ultime analisi sull’andamento degli appalti pubblici del Consiglio nazionale degli ingegneri: il nodo dei requisiti di accesso alle gare su fatturato e personale, insomma, nonostante gli sforzi resta intatto.
Anche se qualche risultato potrebbe arrivare grazie all’obbligo di utilizzare l’equo compenso nei lavori pubblici: le tabelle del ministero della Giustizia sono diventate vincolanti per le stazioni appaltanti solo con il correttivo al Codice in vigore dal 20 maggio scorso.
(Marka)
La fotografia del mercato viene scattata dal tesoriere del Consiglio nazionale, Michele Lapenna. Uno degli obiettivi strategici che il Codice appalti avrebbe dovuto raggiungere, infatti, «era l’apertura del mercato dei servizi di ingegneria e architettura». Il nuovo quadro normativo, a questo scopo, «ha ridotto significativamente, della metà, i requisiti di partecipazione alle gare per fatturato, servizi generali e personale prevedendo anche la possibilità di sostituire il fatturato con una polizza assicurativa e favorendo quindi un’apertura del mercato ai giovani e agli operatori di piccole e medie dimensioni». Questo taglio ha però prodotto risultati inferiori alle aspettative.
Secondo Lapenna, infatti, «il mercato relativamente al 2016 si dimostra ancora appannaggio degli operatori di grandi dimensioni».
I numeri dei bandi per servizi di ingegneria e architettura senza esecuzione parlano chiaro. Tra maggio 2016 e aprile 2017 i liberi professionisti si sono aggiudicati appena il 22,2% degli importi dei bandi. Nel 2015, per dare un riferimento, si erano collocati addirittura più in alto, al 34%. In altre parole, il mercato resta appannaggio delle società, che pesano per il 68% e, in misura minore, di cooperative e consorzi, ferme al 9 per cento.
E questi numeri sono ancora più significativi perché arrivano in una stagione di grande vivacità per gli appalti di progettazione. Nel primo anno dall’entrata in vigore del Codice sono stati pubblicati bandi per 263 milioni di euro, con un incremento del 41,5% rispetto all’anno precedente. E, addirittura, nei primi mesi del 2017 siamo già a quota 162,4 milioni di euro.
L’analisi del Cni porta a due conclusioni.
La prima è che restano delle criticità di regolazione sui requisiti di accesso alle gare, sulle quali il Consiglio nazionale chiederà un intervento all’Anac. La seconda riguarda l’assetto del mercato.
«Uno degli obiettivi che dovrebbero porsi gli Ordini- conclude Lapenna – è quello di pensare un nuovo modello organizzativo e aiutare gli ingegneri a trovare altre soluzioni professionali al di là dello studio professionale singolo»