N° 24991 - 05/06/2014 9:37 - Stampa - -
DISCUSSIONE DELLA SETTIMANA
Istruzioni per la valutazione affidabilistica della sicurezza sismica di edifici esistenti – Riflessioni
Riporto nel seguito alcune brevi considerazioni sulle istruzioni CNR-DT 212/2013, viste dalla prospettiva di un ingegnere strutturista libero professionista.
Il valore scientifico del documento è, ovviamente, altissimo, ed il sottoscritto non ha certamente le competenze per giudicarlo nel dettaglio; mi preme però evidenziare alcuni concetti, a partire dalla premessa del documento stesso:
Di Andrea Barocci
- La conoscenza completa di un organismo esistente non è di fatto conseguibile e ciò richiede allo strutturista di sopperire con la propria esperienza alla carenza di informazioni, formulando ipotesi sull’organismo strutturale. Anche questo è un elemento di soggettività che introduce incertezza nell’esito della valutazione.
- Anche a parità di informazioni acquisite e di ipotesi sull’organismo strutturale, le scelte di modellazione e del metodo di analisi riflettono in misura sensibile l’esperienza e la qualità professionale dello strutturista, oltre che gli strumenti di calcolo a sua disposizione. Questo è un ulteriore, e molto importante elemento di differenziazione tra gli esiti di una verifica.
Quanto sopra esposto è sicuramente condivisibile e chiunque si occupi di progettazione strutturale ne è ben consapevole ogni giorno; a seguire, sempre nella premessa:
Esse [le istruzioni] sono state redatte con l’intenzione di non richiedere il possesso di particolari competenze specialistiche in termini di teoria dell’affidabilità. Per quanto riguarda invece la modellazione e l’analisi della risposta strutturale, poiché gli stati limite di maggiore interesse sono caratterizzati da livelli di danno strutturale elevati, anche prossimi al collasso, l’applicazione delle Istruzioni richiede la simulazione del comportamento non lineare di elementi in c.a. e muratura, che presuppone conoscenze teoriche ed esperienza d’uso di idonei codici di calcolo.
Ecco, da qui in poi le opinioni cominciano a divergere. Il nodo principale, a mio avviso, sta nell’obbligatorietà ad utilizzare analisi non lineari e modelli “a telaio”. Ovviamente, per i due casi di studio riportati in allegato al documento CNR, tale tipo di analisi è semplice, ma parlando di “edifici esistenti”, è necessario essere consapevoli che l’esempio proposto ne rappresenta solo una minima parte.
Soprattutto per la muratura:
- Non è scontato avere “maschi murari”; spesso si hanno aperture non incolonnate e azioni che per arrivare a terra gareggiano su un percorso ad ostacoli.
- Non è scontato avere piani rigidi; in questi casi, come si può utilizzare l’analisi statica non lineare per determinare il “legame costitutivo non lineare di uno o più oscillatori semplici”?
- Non è scontato avere un comportamento globale; spesso sono i meccanismi locali a dettare legge, molto prima del manifestarsi timidamente della famosa “scatola”.
- Cosa ne facciamo degli aggregati, croce e delizia di tutti i nostri centri storici?
Più in generale, mi sembra che a fronte di una lucida interpretazione del problema riportata nelle prima parte dell’introduzione al documento, a seguire si sia scelta una purezza accademica che difficilmente può trovare riscontro nelle problematiche strutturali ordinarie (per intenderci, quelle che ogni professionista si trova ad affrontare ogni giorno).
Aggiungiamo a questo l’utilizzo dei codici di calcolo.
Facciamo l’ipotesi che tutti i professionisti utilizzino lo stesso software per modellare e verificare i due esempi proposti in allegato alle istruzioni CNR. E’ nota l’estrema sensibilità delle analisi non lineari verso parametri non sempre univoci e di facile determinazione; alcuni di questi dipendono fortemente dall’interpretazione che il professionista fornisce per un certo “dato”. Il risultato finale è che, anche con lo stesso software, ogni professionista chiuso nel proprio studio arriverà a risultati notevolmente diversi su uno stesso edificio.
Aggiungiamo ora lo stato dell’arte dei software in Italia; notiamo che, a differenza di altri stati, nel nostro paese non esiste alcun regolamento per “essere presenti” sul mercato nè occorre dimostrare di aver superato alcun benchmark test. La frase che si trova in ogni contratto di vendita e manuale è, più o meno “Il prodotto software non è accompagnato da alcuna garanzia, implicita o esplicita. I produttori ed i rivenditori pertanto non potranno per nessun motivo essere ritenuti responsabili per alcun danno, diretto o indiretto, per mancati guadagni od altro in conseguenza dell’utilizzazione delle procedure”.
Sia chiaro, non è mia intenzione esimermi da alcuna responsabilità ed è necessario che ogni professionista sia consapevole dei limiti degli strumenti che utilizza ma, mi si perdoni il paragone, qui si tratta di passare dalla guida dell’auto al pilotare un aereo con una benda sugli occhi.
Credo sia necessario partire da un livello leggermente più basso, prendere coscienza del nostro patrimonio edilizio e, se non c’è alternativa all’uso di determinati strumenti di calcolo, cogliere l’occasione per “trasferirli” dall’uso accademico al mondo reale passando anche tramite l’inserimento di un protocollo per la validazione di tali strumenti.
Il software deve rimanere un ausilio, un fedele amico che sostiene il progettista nella sua idea. Lo diceva Torroja “Potranno servire o no, i calcoli, ma tutta la loro complicazione, tutto il loro astruso accompagnamento matematico, non aggiungeranno nulla di nuovo. Non faranno che dare un marchio di garanzia all’idea iniziale della forma scelta. Nessuna opera sarà tramandata alla posterità per la perfezione dei suoi calcoli. Soltanto la forma, se ben riuscita e apportatrice di nuova perfezione, continuerà ad impressionare”.
Andrea Barocci