N° 24872 - 22/05/2014 22:36 - Stampa - -
DISCUSSIONE DELLA SETTIMANA
Nuove semplici norme sui Lavori pubblici: Miraggio o Utupia?
La settimana scorsa il vice ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Riccardo Nencini, dopo la riunione del Tavolo tecnico che dovrà occuparsi del recepimento delle tre nuove direttive comunitarie sugli appalti pubblici, ha annunciato Riscriveremo il codice degli appalti entro il 2015. Dalla prossima settimana avremo lo schema di delega e una griglia dei punti cardinali cui il nuovo codice si ispirerà. Inizieremo, quindi, incontri con i rappresentanti delle associazioni competenti e delle istituzioni prima di scrivere la nuova normativa”.
Questa dichiarazione mi spaventa per il semplice fatto che anche nel caso di recepimento delle due previgenti direttive (2004/17/CE e 2004/18/CE) si è trattato di un legge delega (art. 25 legge 18 aprile 2005, n. 62) in cui il governo, allora in carica, aveva la possibilità di:
predisporre un unico testo normativo recante le disposizioni legislative in materia di procedure di appalto disciplinate dalle due direttive coordinando anche le altre disposizioni in vigore;
semplificare le procedure di affidamento che non costituivano diretta applicazione delle normative comunitarie, finalizzata a favorire il contenimento dei tempi e la massima flessibilità degli strumenti giuridici;
conferire all’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici compiti di vigilanza nei settori oggetto della disciplina stessa.
Il risultato è, oggi, sotto gli occhi di tutti con una ragnatela di norme costituita da oltre 600 articoli (Codice dei contratti e Regolamento di attuazione), che hanno subito dal 2006 ad oggi oltre 500 modifiche e da oltre 6.000 (Si! seimila) pronunce dell’Autorità di vigilanza e dei Tribunali Amministrativi!
Ma quello che più mi spaventa è non conoscere i nomi di coloro che fanno parte del tavolo tecnico che si è già riunito. E l’interesse a conoscere i nominativi dei componenti non è banale in quanto già dagli stessi sarebbe possibile intuire gli orientamenti del tavolo stesso.
In una recente intervista il Vice Ministro Nencini ha precisato ”Sarà un codice snello, “anglosassone”: semplificazione per le imprese, tutela degli interessi sociali, attenzione alle piccole e medie imprese, ai profili ambientali, possibile inserimento del “debat public”, qualificazione delle imprese subappaltatrici, trasparenza”.
E mentre per gli appalti sopra soglia il problema è di più semplice soluzione in quanto saremo obbligati al recepimento della nuova direttiva 2014/24/UE con l’obbligatorietà di utilizzare come unico criterio di aggiudicazione quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa ( articolo 67 direttiva 2014/24/UE) individuata sulla base del prezzo o del costo, seguendo un approccio costo/efficacia, quale il costo del ciclo di vita (art. 68 direttiva 2014/24/UE), un importante nodo da sciogliere è quello del criterio di aggiudicazione per gli appalti sotto soglia.
In questo caso, senza alcun vincolo imposto da norme europee, il criterio di aggiudicazione potrà essere scelto dal legislatore nazionale e saremmo curiosi di sapere se sarà scelto sempre quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa o quello del prezzo più basso o se, salomonicamente, verrà data la possibilità all’Amministrazione di scegliere l’uno o l’altro.
Spero che le dichiarazioni del Vice Ministro Nencini su un codice snello non siano un miraggio o un’utopia anche perché sono sotto gli occhi di tutti le notizie degli ultimi giorni ed in particolare le dichiarazioni del colonnello Giovanni Avitabile, responsabile dell’ufficio “Tutela uscite e mercati” al Comando generale della Guardia di Finanza, che intervistato dalla Stampa ha dichiarato: ”Il fenomeno purtroppo è nazionale. Ovunque ci sia un affare da concludere c’è chi ne vuole approfittare. Nei primi quattro mesi del 2014, scandalo Expo a parte, su 820 milioni di euro di appalti che abbiamo controllato, quasi il 70 per cento, per 560 milioni di euro, è risultato non in regola”. ”Fino ad aprile sono stati denunciati 290 soggetti, di cui 26 tratti in arresto, per reati di frode nelle pubbliche forniture, turbata libertà degli incanti. Nel 2013, l’attività di contrasto agli illeciti negli appalti pubblici ha condotto alla denuncia all’Autorità Giudiziaria di 657 soggetti, per i reati di turbata libertà degli incanti e frode nelle pubbliche forniture, dei quali 135 sono stati tratti in arresto”. ”Nel 2012 nel nostro Paese si è registrata una mole di affari di 95 miliardi e 300 mila euro, pari al 6% del Pil interno e al 18% del Pil europeo, che comporta tra 11.700-15.600 posti di lavoro per ogni miliardo di euro investito. Ma è chiaro che tangenti e corruzione alterano drammaticamente il mercato del lavoro. Per non parlar, poi della piaga del lavoro nero”. ”Mafia e ‘ndrangheta hanno interesse a riciclare i proventi di attività illegali, come il traffico di stupefacenti e l’estorsione, in affari legali. La loro infiltrazione negli appalti pubblici è sempre più diffusa”.
In pratica, pur con l’attuale ragnatela di norme, 7 appalti su 10 non sono in regola e l’occasione del recepimento delle nuove direttive con una rivisitazione delle attuali norme non può essere un’occasione da utilizzare in tempi non compatibili con l’attuale situazione di degrado. Forse, allora, la soluzione potrebbe essere quella di norme semplici e facilmente intellegibili che avrebbero il pregio di quella trasparenza da tutti auspicata e mai raggiunta.
A cura di arch. Paolo Oreto