N° 21152 - 28/05/2013 13:54 - Stampa - -
DISCUSSIONE DELLA SETTIMANA
Salvo Garofalo, presidente Inarsind, interviene sugli aumenti dei contributi minimi di Inarcassa
Il malcontento scatenato dall’aumento dei contributi minimi da versare a Inarcassa con la riforma previdenziale in vigore dal 1° gennaio di quest’anno prende le mosse da un momento assolutamente critico per la libera professione di architetto e ingegnere, ma è di fatto sintomo di un male molto più grave e profondo in cui da anni versa la categoria”. È quanto afferma Salvo Garofalo, presidente di Inarsind, il sindacato degli architetti e degli ingegneri liberi professionisti, commentando gli aumenti dei contributi minimi di Inarcassa. Il sindacato non condivide gli attacchi alla cassa di previdenza, visto che gli aumenti sono una conseguenza della riforma previdenziale e ha delle proposte da fare sulla gestione di Inarcassa, ponendo l’accento sul problema di base: creare occasioni di lavoro per i giovani professionisti. “Indubbiamente tale tipo di aumento – continua la nota – in un momento di crisi come l’attuale, pesa particolarmente sui giovani anche se i contributi per i primi tre anni di iscrizione ed entro i 35 anni di età sono pagati per il 50% ma valgono come pagati per intero a seguito di una permanenza in Inarcassa di almeno 25 anni. La riforma previdenziale, voluta dal ministro Fornero per garantire la sostenibilità delle Casse, mette dunque alla prova la sostenibilità della libera professione: ogni architetto o ingegnere il 1° gennaio di ogni anno si trova già un fardello di circa 5.000 euro da pagare a prescindere o meno se quell’anno fatturerà in modo sufficiente non a guadagnare ma a coprire le spese: il contributo minimo Inarcassa, l’assicurazione obbligatoria e i costi della formazione obbligatoria”. “A nostro avviso – continua Garofalo – il problema fondamentale non è però ridurre i pagamenti a Inarcassa dei neoiscritti, che peraltro ne avrebbero poi un danno dal punto di vista previdenziale, perché non ci sono i redditi, ma consentire ai liberi professionisti di averli questi redditi! Quindi al là di tutte le possibili misure e dilazioni di pagamento che si possono mettere in campo occorre creare delle vere occasioni di lavoro. Dal punto di vista economico Inarcassa, costituita solo da liberi professionisti, ha ben compreso il problema, tant’è che in questi giorni ha deliberato una linea di credito di 150 milioni di euro – immediatamente disponibile, senza garanzie e rimborsabile in tre anni – per consentire la rateazione dei debiti contributivi dei colleghi in difficoltà”. “In particolare ha pensato ai giovani iscritti con un reddito sino a 15.000 euro che potranno beneficiare di una dilazione specifica fissa a tre anni, con un tasso del 3% – che consentirà di rateizzare un terzo dei 2.900 euro di contributi minimi portando la scadenza al 2016, congelando di fatto l’aumento creato dalla riforma e consentendo all’iscritto di non perdere anni preziosi per la sua futura pensione”. “D’altra parte va detto – continua il presidente Inarsind – che con il sistema contributivo ogni diminuzione di quanto versato – oltre il minimo collegato all’assistenza – non comporta maggiori oneri per Inarcassa mentre, di contro, fa rischiare al professionista di avere a fine carriera una pensione talmente bassa da rendere insostenibile la sua vecchiaia”. “In definitiva non condividiamo i recenti attacchi alla nostra cassa che fa quel che può rendendosi conto delle difficoltà in cui versano i liberi professionisti, anche se riteniamo che con il nuovo sistema occorra mirare ai migliori rendimenti possibili che influiscano direttamente sulle prestazione previdenziali degli iscritti. Per questo è necessario ridurre drasticamente le spese di gestione e quindi via alla radicale riduzione dei numero dei delegati (230 per 160.000 iscritti), via spese inutili e improduttive come quelle per la Fondazione e Inarcommunity che negli anni hanno dimostrato solo di essere una fonte di spese: si pensi, invece, a una struttura amministrativa più snella e ‘performante’ possibile”. “Riduciamo al massimo i costi dell’organizzazione e destiniamo i risparmi non allo “Stato sprecone”, come voleva il governo Monti, ma alla previdenza e all’assistenza dei nostri giovani colleghi che, al perdurare di questa tragica crisi economica, rischiano di essere espulsi definitivamente dalla libera professione”. Garofalo conclude ricordando la necessità, ormai improrogabile proprio per rendere sostenibile la libera professione prima e la previdenza poi, “di abolire ogni forma di doppio lavoro di dipendenti e docenti che fanno la libera professione “a lato” di un’altra attività già retribuita e già fonte di un altro trattamento previdenziale perché solo così i giovani potranno avere un reddito accettabile e pagare i contributi minimi necessari per avere una pensione decente”. In un momento di difficoltà come quello che stiamo vivendo è necessaria chiarezza e trasparenza su tutto ciò che riguarda la categoria, ed è ciò che Inarsind intende promuovere anche mediante un incontro sulla riforma previdenziale e sui rapporti con Inarcassa in programma a breve, in cui sviluppare un confronto tra i colleghi, giovani o meno, e gli addetti ai lavori che esprimono posizioni differenti sulla riforma per proporre insieme delle azioni che possano restituire redditi, dignità e identità ai liberi professionisti.